Più della Russia poté la burocrazia. Recuperiamo gli investimenti sulle rinnovabili

Più della Russia poté la burocrazia. Recuperiamo gli investimenti sulle rinnovabili
Energia

IN SINTESI

 

«Sarà un inverno teso, con inevitabili razionamenti del gas e sussidi per calmierare i prezzi delle bollette. Nel frattempo chi può investire sull'efficientamento e sulle rinnovabili lo faccia, sono soldi ben spesi». Previsioni e indicazioni di Alessandro Lanza, direttore della Fondazione Eni Enrico Mattei e docente di Energy and Environmental Policy all'Università LUISS di Roma, che prova a fornire un quadro in cui muoverci nella “giungla” di una crisi energetica che sta spazzando via molte certezze per le imprese.

Tetto del prezzo del gas e disallineamento rispetto al prezzo dell'energia elettrica possono essere le soluzioni per contenere questa esplosione dei costi energetici? «Il tetto è una soluzione un po' più complessa perché in questo momento gli interessi dei Paesi europei non sono allineati. In soldoni, l'Olanda guadagna e noi perdiamo, e siccome facciamo tutti parte dell'Unione Europea andranno convinti. La questione del disallineamento è altrettanto complessa, perché richiederebbe il taglio dei cicli combinati a gas dalla costruzione della curva di offerta su cui si basa il prezzo dell'energia elettrica. Non è un meccanismo semplice, ma ci stanno lavorando e c'è qualche speranza in più, quantunque il prezzo del gas, come emerge dalla borsa, dà il segnale corretto della situazione in atto. Con una domanda alta e un'offerta mancante, il prezzo sale».

Le oscillazioni di prezzo di queste ultime settimane a cosa sono dovute?

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«Ci sono molte incertezze legate al reale andamento della guerra in Ucraina, su cui non sappiamo nulla di certo, se non dalle opposte versioni delle fazioni contrapposte. Questo causa volatilità per chi opera in borsa».

E dunque, come intervenire contro l'aumento dei prezzi?
«Può essere utile un intervento, basta che non si chiami “price cap”, perché non è un vero tetto al prezzo. Il governo Conte avrebbe usato l'orrenda parola “ristori”. Ma quello è: un ristoro, che è debito. Per intenderci, se il gas costa 100, e il governo stabilisce che le aziende non sono in grado di pagare 100 ma solo 50, lo Stato ci mette i 50 che mancano. È un sussidio, e un giorno qualcuno ci chiederà conto di ripagare questo debito. È chiaro che quello che succederà probabilmente è che le aziende energivore che non sono messe in condizione di lavorare, penso ad esempio alle acciaierie, chiuderanno per alcuni mesi e in quei casi verranno in aiuto gli ammortizzatori sociali ordinari come la cassa integrazione. Questo credo sia inevitabile. Sul settore domestico, che conta per il 30% sui consumi di gas, farà grande differenza una stagione invernale più o meno fredda, perché i consumi di gas risentono molto del clima».

Nel frattempo l'Italia dovrà fare i “compiti a casa” per recuperare un po' di indipendenza energetica?

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«Diciamo che in questo Paese più dei russi poté la burocrazia. Snam ha comprato due rigassificatori flottanti, uno per Ravenna e uno per Piombino, a cui già stanno facendo la guerra. E poi finché in Italia il ministro pro tempore dell'ambiente, oggi Cingolani, dà i permessi e il ministro pro tempore dei beni culturali, attualmente Franceschi, li blocca con le sovrintendenze, non andiamo da nessuna parte. Quello che possiamo fare è risaputo: rigassificatori flottanti, aumentare le esportazioni dall'Algeria e dall'Azerbaigian, rimettere in pista il gas dell'Adriatico. Tenendo conto che il gas è un'industria seria e complessa, e non è che se decidono di perforare ci mettono due giorni, ma se non iniziano non arrivano ad estrarre il gas. Occorre premunirsi in previsione di un futuro in cui le importazioni dalla Russia andranno a zero, anche se la cosa mi sembra improbabile a medio termine. Ma anche considerando che questi interventi dovranno affrontare i conti di infrastrutture che prima o poi dovranno confrontarsi da un punto di vista economico con il ritorno del gas russo, che resta il più economico, con tutte le infrastrutture già presenti e già pagate».

Come sarà l'inverno e come si potrà preparare il futuro?

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«Un inverno teso. Potremmo passare ottobre-maggio un po' in salita. Prevedo un po' di razionamento nel settore civile, in cui bisognerebbe anche avere la forza di controllare, non tanto sugli impianti individuali ma almeno sui grandi condomini e sugli edifici pubblici, e si inizieranno ad abbassare un po' le luci dell'illuminazione pubblica: è vero che fa tanto economia di guerra e fa intristire la gente, ma i lampioni di gran parte delle nostre città sono a Led e non devono essere spenti ma possono abbassare le luci. In casa dovremo metterci il pile e stare sereni. E nel frattempo fare le cose che dobbiamo fare, tra cui una marea di rinnovabili già programmate. Vanno fatte a sud ma i consumi sono a nord, e Terna ha già comunicato che non ha nessuna intenzione di affrontare ogni singolo Comune in cui dovrà passare per portare l'energia da sud a nord; quindi, butterà un cavo a Otranto per recuperarlo a Ravenna. Senza discussioni».

La burocrazia rimane un problema nel settore dell’energia?
«Va molto semplificata: lì bisogna intervenire. E questa crisi sarebbe anche l'occasione per modificare il nefasto Titolo V della Costituzione e riportare la competenza sull'energia allo Stato e non lasciarla in mano alle Regioni».

Un piccolo imprenditore di fronte a questa situazione, in attesa di un aiuto a pagare le bollette, cosa può fare per reagire al caro energia?
«Sicuramente, se può fare investimenti e se non li ha già fatti, per aumentare l'efficienza degli impianti, sono soldi ben spesi, per il domani e per il dopodomani. Margini ce ne sono, ad esempio sui motori elettrici, che in Italia mediamente hanno un'efficienza ancora bassa. Piuttosto la difficoltà, in questo momento, potrebbe essere quella di trovarli, i motori a più alta efficienza, perché ovviamente non siamo gli unici ad aver capito che servono e sul mercato potrebbe verificarsi una situazione simile ai climatizzatori nei negozi quando d'estate arriva un'ondata di caldo improvvisa. Se la supply chain lo permettesse, sarebbe un lavoro da fare. E poi il fotovoltaico sul tetto, i pannelli solari: qualsiasi cosa possa alleviare il costo dell'energia aiuta l'azienda e aiuta il Paese».