Dalle “statiche” alle “proattive avanzate”: fotografia delle imprese travolte dal Covid

L’Istat ha indagato i profili delle aziende italiane messe di fronte alle strategie per superare la pandemia. C’è chi ha sofferto, chi ha rivoluzionato il business e chi ha puntato sugli investimenti

Poco meno di un milione di imprese che contano dodici milioni di addetti, quasi il 90% del valore aggiunto e circa tre quarti dell’occupazione complessiva delle imprese manifatturiere e dei servizi. È il campione ricavato dall’Istat per raccontare «i profili strategici e operativi delle imprese italiane nella crisi generata dal Covid 19».

Un’indagine rapida, effettuata tra il 23 ottobre e il 16 novembre 2020, che è passata quasi sottotraccia ma che, cosa fondamentale in questa epoca storica, valuta i processi che il sistema produttivo italiano sta adottando per uscire dall’emergenza. In base ai comportamenti e alle condizioni operative durante la crisi, l’Istat ha diviso il campione in cinque categorie.

1. Statiche in crisi. Imprese che stanno subendo pesantemente l’impatto dell’emergenza sanitaria e non hanno adottato strategie di reazione ben definite. Sono il 28,6% del campione, la media degli addetti è di 6,5 e hanno bassa propensione all’export. Basse anche la produttività e il valore aggiunto. In momento di crisi non hanno sviluppato né nuovi processi e né nuovi prodotti. Ne fanno parte le imprese della ristorazione, dell’alloggio, dell’assistenza sanitaria non residenziali e dei servizi alla persona.

2. Statiche resilienti. Non hanno messo in atto strategie di reazione perché non hanno subito effetti negativi rilevanti. Ne fa parte il 35,5% del campione. Migliorano sul fronte del costo del lavoro, della produttività e dell’export. Nessuna emergenza in fatto di liquidità e solidità finanziaria. Ne fanno parte le imprese della distribuzione della farmaceutica, del commercio, dell’alimentare, dell’edilizia e dei servizi informatici. Non hanno fatto investimenti e hanno vissuto di una rendita di posizione.

3. Proattive in sofferenza. Duramente colpite dalla crisi ma che hanno intrapreso strategie strutturate di reazione. Il 10,7% del campione. Rispetto alle statiche resilienti hanno una maggiore propensione all’export. Risposta alla crisi: nuovi prodotti, canali di vendita, riorganizzazione dei processi e intensificazione della partnership. I settori interessati: agenzie di viaggio, la ristorazione che si è attrezzata con il take away.

4. Proattive in espansione. Imprese colpite lievemente che non hanno alterato il proprio sentiero di sviluppo precedente. Sono il 19,4% del campione e hanno una media di 20 dipendenti. La produttività è elevata e il valore aggiunto è ottimo. I settori: farmaceutica, elettronica, servizi postali e di corriere, servizi finanziari, chimica, macchinari, metalli, lavoro interinale, assicurazioni, bevande e Ict. Di fronte alla crisi hanno investito molto nella trasformazione digitale.

5. Proattive avanzate. Imprese colpite in maniera variabile dalle conseguenze della crisi, ma che nel corso del 2020 hanno aumentato gli investimenti rispetto al 2019. Ne fa parte il 5,8% del campione con una media di dipendenti del 42,7. Grossi investimenti nel digitale e ampio uso dello smartworking. I settori: bevande, farmaceutico, editoria, assicurazioni, imprese green. 

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