Distretti, l'unione che fa la forza sul territorio: chi si divide è perduto

Il nostro territorio accoglie tre distretti di rilievo: la plastica, il tessile abbigliamento e la meccanica strumentale. E la loro reazione al Covid è una prova di quanto essere uniti e saper cogliere e valorizzare le competenze nel territorio possa servire a resistere

C’è un numero magico del nostro territorio, tanto misterioso quanto concreto: 82. Indica la distanza media tra aziende e fornitori e si può leggere in un altro modo: sfiora la metà, rispetto a quanto caratterizza le aree italiane dove non si respira la logica dei distretti.

È uno degli elementi che spinge a leggere in profondità la Lombardia e la nostra zona in particolare, con la speranza di una forza segreta (in realtà soltanto non gridata, perché ben nota alle imprese e forgiata nella nostra storia) per affrontare meglio il futuro post pandemia. Perché qui ci sono tre distretti almeno sotto la lente del Monitor di Intesa Sanpaolo, a parte il Polo aerospaziale che chiama diversi settori. Sono la plastica, il tessile abbigliamento e la meccanica strumentale. La loro reazione lo scorso anno è una prova ulteriore di quanto essere uniti e saper cogliere e valorizzare le competenze nel territorio possa servire oggi più che mai. A non cedere, a non arretrare, detto meglio: a vivere.


Un’espressione che chiarisce questo potere è “filiera di prossimità” ed è stata messa a fuoco anche nella presentazione del Tredicesimo Rapporto Annuale Economia e finanza dei distretti industriali di Intesa. Certifica quanto detto sopra: i fornitori sono molto più vicini ai committenti rispetto ad altre zone. Una prossimità che consente di mettere a frutto molto di più. Nei distretti della nostra regione, il 2020 ha visto il loro saldo commerciale in calo sì, eppure è rimasto su livelli piuttosto alti: 14,1 miliardi di euro, il 20% del totale distrettuale italiano.

Non è l’unico tratto distintivo della reazione dei nostri distretti. Qui le soluzioni digitali hanno quasi raggiunto il 40%, cinque punti in più rispetto alla media nazionale. Ma c’è anche un’attenzione alla sostenibilità: lo dimostra il sostenuto raddoppio di brevetti ambientali nel nuovo millennio. O ancora l’investimento sulla formazione: incidono sempre di più gli Istituti tecnici superiori nell’aiutare ad avere personale qualificato. Se si deve affrontare ancora un lungo percorso in questa direzione, in dieci anni il quinto del numero complessivo di studenti coinvolti nel nostro Paese è lombardo. Tra il 2010 e il 2020 coinvolti 8.411 studenti in Lombardia, un quinto del totale italiano.

Per elaborare questa geografia delle ragioni vincenti e delle peculiarità dei territori, sono stati analizzati i bilanci (di ben 11 anni) per quasi 21mila aziende e 159 distretti industriali, paragonando a questo mondo le aree invece con caratteristiche diverse, senza questa coesione e collaborazione. Fare rete, e con queste caratteristiche rafforzate, è servito tantissimo al rilancio.

Il più recente Monitor sull’export si profila come una conferma ulteriore. Il distretto di gomma e plastica varesino nel 2020 ha riportato vendite di merci all’estero pari a 1.266.000.000 euro: ciò significa un calo annuale del 9%, d’accordo, ma nel quarto trimestre soffia un più promettente +4,3%. La meccanica strumentale nella nostra provinciale – 864 milioni di export – è scesa del 14,9%, ma poi la caduta si è attenuta sempre negli ultimi tre mesi, con un -2,4%.

Interessante il caso del tessile e abbigliamento del Gallaratese. Parliamo di un comparto – il sistema moda – dove sono dolori, e pesanti. Eppure qui – 677 milioni di export nel 2020 – ha riscontrato una contrazione del 14,9%, nella media annuale. Anche in questa circostanza, ha offerto più sollievo l’ultimo trimestre, con un -3,2%. Significativo soprattutto se si considera che gli altri distretti hanno tutti cali a doppie cifre, anche negli ultimi mesi.

Ma come è cambiata la mappa dei Paesi destinatari delle nostre merci? Nella media lombarda, il partner numero uno resta la Germania, che pesa per il 15% e ha recuperato nell’ultimo trimestre (+2,9%, calo 2020 è del 12,5%). Sul podio sempre Francia e Stati Uniti, che però mantengono il segno meno nella tranche finale dell’anno.

Attenzione alla Cina: settima, ma con segno più sia durante l’anno (+7,6%) sia nel quarto trimestre (+32,1%). Unico caso di crescita a doppia cifra, se si esclude il Brasile che però ha un peso marginale. Dato che in questo contesto deve far riflettere.

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