Super tasse sul lavoro in Italia, in Svizzera pesano la metà

Impietoso il report “Taxing Wages 2022”, che ogni anno fotografa il trend delle tasse sul lavoro. Nel nostro Paese il dato medio è del 46,5%, in Svizzera il 22,8%

Cuneo fiscale Italia Svizzera

Dodici punti in più rispetto alla media dei Paesi Ocse: è il “peso” del cuneo fiscale italiano sul lavoro, una zavorra sulla competitività rispetto alla gran parte del resto del mondo industrializzato. Lo ribadisce, ma purtroppo non è una novità, il report “Taxing Wages 2022”, che ogni anno fotografa il trend delle tasse sul lavoro. Mostrando un dato medio del 34,6%, in calo di 0,06 punti percentuali, a fronte di un cuneo fiscale complessivo sul lavoratore individuale in Italia che arriva al 46,5%, seppur con una diminuzione dello 0,4% tra il 2020 e 2021. Ma la Grecia, per citare un caso virtuoso, nel post-Covid è riuscita ad alleggerire la tassazione sul lavoro di 2,2 punti percentuali.

I NUMERI CHE PESANO SULLA "BUSTA"

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In generale solo Belgio (52,6%), Germania (48,1%), Austria (47,8%) e Francia (47%) sono messi peggio di noi, tra i 38 Paesi dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

Sono tutti europei i Paesi con un dato sopra la media Ocse, ma il confronto diventa impietoso quando si arriva a competitor come il Regno Unito (31,3%), gli Stati Uniti (28,4%) o i nostri dirimpettai della Svizzera (22,8%, meno della metà del cuneo fiscale al di qua del confine), senza arrivare a parlare di Cile (7%) o Colombia (zero tasse sul lavoro).

E in Italia un lavoratore single medio porta a casa uno stipendio netto del 70,4% del salario lordo in busta paga, esattamente 5 punti in meno rispetto al dato medio Ocse, per effetto di una tassazione media sul reddito del 20,1% (contro il 14,9% medio dei Paesi Ocse) e di un prelievo previdenziale medio del 9,5% (unico dato in linea con la media internazionale del 9,7%). Con l'inflazione che è tornata a correre, anche il dato sui salari rappresenta un elemento su cui riflettere.

Insomma, sul fronte della tassazione sul lavoro appare chiaro dai numeri che l'Italia deve intervenire in modo ancora più incisivo per ridurre il cuneo fiscale che mette le imprese in condizione di dover pagare molto di più rispetto alla gran parte dei competitor in Europa e nel mondo.

SI LAVORA PER FINANZIARE LA SPESA PUBBLICA

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«In Italia la vera emergenza politica è l'oppressione fiscale – sostiene Carlo Lottieri, docente di filosofia del diritto all'Università di Verona e direttore del dipartimento di teoria politica dell'Istituto Bruno Leoni - fino al 6 giugno ognuno deve lavorare per finanziare la spesa pubblica e unicamente dal 7 giugno in poi per la propria famiglia».

Un problema tanto più rilevante quanto più l'Italia fatica a crescere, come già succede da tempo, al di là della “parentesi” Covid.

«Pure negli anni Cinquanta e Sessanta la pressione tributaria è andata aumentando, ma allora l'economia tirava - ragiona Lottieri - ma nel momento in cui le politiche inflazionistiche delle banche centrali vanno traducendosi in un aumento generalizzato dei prezzi, il persistere di prelievi fiscali così alti comporta la sostanziale impossibilità di operare, competere a livello internazionale, soddisfare i clienti, mantenere i livelli occupazionali. In altre parole, dovrebbe essere chiaro a tutti che se non si procede a un radicale abbassamento delle imposte, l'Italia continuerà a perdere colpi e impoverirsi».

«Tagliare le unghie al fisco» invoca Paolo Del Debbio, opinionista, conduttore tv e docente di Etica ed Economia all'Università Iulm di Milano.

MANOVRE PARCELLIZZATE

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«Anche le tasse, in modo diretto o indiretto, hanno un influsso negativo sull'inflazione. Diminuirle è una strada, ma tutti la snobbano, in Italia e in Europa». Del Debbio è molto critico sulle iniziative in materia fiscale del governo Draghi: «Manovre parcellizzate in mille rivoli che non servono a nulla e a nessuno».

Tanto che il cuneo fiscale non scende, e il confronto anche con gli altri Paesi europei è impietoso: «La Francia ha un fisco più pesante del nostro ma grazie alle centrali nucleari ha una bolletta meno salata. Noi, invece... Ed è semplice calcolo aritmetico quello che ci fa capire che se il Pil cala, come l'anno passato, e la pressione fiscale aumenta, vuol dire che è aumentata molto»