Modelli di business, prepariamoci alla rivoluzione: cerchiamo alleati sul territorio e tagliamo i costi

Il futuro si può solo immaginare? No, lo dobbiamo costruire. Marco Tortoriello, professore del Dipartimento di Management e Tecnologia all’Università Bocconi di Milano, spiega: «Il futuro sta nella digitalizzazione e nel 4.0, nella semplificazione e nella riduzione dei costi. Ma anche nel saper improvvisare e cambiare i propri modelli di business». Non ha dubbi, il docente, quando dall’osservatorio spagnolo si rende conto di quanto l’Italia debba fare qualche passo in più. Partendo da un punto sul quale Marco Tortoriello è particolarmente sensibile: «Anche per le piccole e medie imprese, i rapporti con la Pubblica amministrazione sono indispensabili. La richiesta di certificati e autorizzazioni, il pagamento delle tasse, la velocità nell’ottenere risposte incidono sulla loro spinta competitiva. Ma c’è di più: in Italia dobbiamo scommettere sull’intersezione tra pubblico e privato, perché compito del primo è quello di fare arrivare le risorse – pensiamo a quelle europee ottenute con il Recovery Fund – a chi ne ha più bisogno. Per le Pmi, la cosa peggiore è proprio quella di non poter approfittare dei fondi che verranno resi disponibili. Quindi, si ragioni su un canale preferenziale con il settore pubblico».


Come?
Impariamo dagli altri Stati e da chi lo sa fare. Con l’arrivo delle risorse europee, le nazioni si stanno preparando per aiutare le loro imprese. Cosa farà la differenza? Avere un dialogo aperto con l’amministrazione pubblica. Dobbiamo avvantaggiare le nostre piccole imprese traducendo in pratica l’euforia del momento legato al Recovery Fund. L’Italia si porterà a casa un bel pacchetto di risorse, ma saranno insufficienti per far ripartire l’economia se il nostro Paese le userà per sostenere imprese ormai decotte.

Il mese di settembre è arrivato: lei non teme una nuova caduta dell’economia?
Gli imprenditori devono anticipare i tempi rivedendo il loro modello di business. Perché quelli tradizionali non reggeranno più. Dovranno digitalizzare, perché se prima questa era una scelta presa dagli entusiasti o da chi era all’avanguardia, ora è una condizione di sopravvivenza per tutti. Infatti, le imprese che hanno potuto lavorare online hanno lavorato meglio. Ma la digitalizzazione è solo un pezzo di quello che serve alle Pmi per essere più competitive nel nuovo scenario.

Cos’altro dovranno fare le Pmi?
Insistere sulle reti e sul territorio, perché nonostante le Pmi operino in segmenti di mercato molto diversi fra loro, sono sempre radicate a livello locale: il Varesotto è una realtà estremamente importante in questo senso. Bisogna incontrarsi e allearsi: le imprese devono interessarsi a cosa fa il proprio vicino proprio per il fatto che non tutte fanno la stessa cosa. A come risolvere problemi che loro non hanno ancora risolto. Mettersi insieme, significa capire meglio ciò che può servire a me e agli altri. Lasciamo a casa un po’ di individualismo: bisogna condividere la lettura dei problemi per interpretarli meglio e aumentare la probabilità di risposte adeguate. Che poi potranno anche essere personalizzate.

Un futuro di relazioni?
E’ importante averle e mantenerle. Si parla sempre del capitale economico e finanziario e del capitale umano. Si parlerà sempre di più del capitale sociale, delle relazioni professionali ma informali. Mettersi insieme anche solo per fare brain storming.

Quale potrebbe essere un modello di business funzionale per il futuro?
Un modello che fa un’analisi spietata dei costi e che taglia tutti quelli che non sono necessari. Per esempio, quelli che non aumentano il valore del prodotto. Inoltre, snellire il più possibile i processi. Una volta che si è capito su dove incidere e come, è possibile si cambino anche i prodotti per potersi avvicinare meglio ai mercati.

Dopo le ferie estive, le imprese si attendono importanti flessioni negli ordini. Lei dice che sarà importante improvvisare: perché?
Improvvisare e mettersi un po’ in discussione: questa è una transizione importante che ha un impatto sull’identità stessa dell’impresa e dell’imprenditore. Non serve a molto ripeterselo, ma la stessa condizione che potrebbe vivere l’Italia, la vivranno gli altri Paesi. Anche il piccolo imprenditore tedesco o spagnolo potrebbe avere gli stessi problemi: se il mercato si ferma, si fermano tutti.

Un futuro con meno globalizzazione?
Non ci si può sbarazzare della globalizzazione da parte della domanda, ma dal punto di vista dell’offerta sì. D’altronde, che male c’è avere delle filiere più locali? Come imprenditore ne posso avere una sul territorio e una che passa dalla Cina: così si è meno vulnerabili. Ma è anche vero che la globalizzazione è la madre e la soluzione di tutti i problemi. Ecco perché è importante prepararsi ad aggredire i mercati con una catena produttiva sotto controllo. Distinguendo tra domanda e offerta. Il reshoring, sotto questo punto di vista, potrà rafforzare anche le Pmi, che potranno fare sistema con chi rientra sul territorio ed è geograficamente più vicino a loro.