L’aumento della bolletta energetica per le imprese è di 110 miliardi di euro in più rispetto allo scorso anno; la perdita del potere di acquisto a famiglia è di 2.300 euro; il Pil italiano, nel 2023, sarà a “crescita zero”. Parlare di fiducia, di fronte agli strascichi lasciati dalla pandemia da Covid 19 e alla crisi economica inferta dal conflitto russo-ucraino, è quasi impossibile. A dirlo sono i dati di una recente analisi realizzata da Piessepi e Nomisma con il supporto di Gidp, il Gruppo intersettoriale direttori del personale: il 30% del campione (sono cento le imprese intervistate: 70 aziende private, 20 enti pubblici, 10 enti privati o del Terzo settore) dichiara che l’andamento economico generale del settore in cui opera è peggiorato rispetto al 2021.
L’INFLAZIONE GENERA DEPRESSIONE
Le prospettive future non sono del tutto rosee anche per il 2023: solo il 10% prevede un nuovo anno in miglioramento e un 41% in peggioramento. L’umore degli italiani è il termometro perfetto di questa economia “liquida”: il 35% dice di sentirsi perennemente stressato, il 30% di avere ripercussioni nel ritmo sonno/veglia e il 23% di provare ansia e apprensione eccessiva. A generare stress sono l’incertezza della situazione lavorativa e la difficoltà nel trovare un equilibrio fra la vita privata e il lavoro.
CONTRO LA CRISI SI RIPARTE DAL CAPITALE UMANO
Eppure, dopo i tagli degli ultimi anni le imprese investono nuovamente nella formazione del capitale umano, rivedono gli organigrammi, definiscono nuovi modelli di organizzazione del lavoro e spingono sul digitale proprio attraverso l’acquisizione di nuove competenze. Perché l’aspetto strategico delle risorse umane in questo contesto è un elemento imprescindibile per la competitività delle aziende italiane. A maggior ragione in Italia dove il 99% delle imprese attive (in totale 5 milioni) è composto da realtà di micro o piccole dimensioni. Nelle quali manca ancora una figura interamente dedicata alla gestione delle risorse umane ma dove, nello stesso tempo, sull’equilibrio tra vita privata e lavoro, benessere e clima aziendale, welfare ci si impegna da sempre.
FORMAZIONE E BENESSERE AZIENDALE
Al primo posto nell’agenda anticrisi delle imprese c’è, quindi, la formazione. Negli ultimi 24 mesi, sempre
secondo l’analisi di Nomisma, il 46% del campione ha scommesso sulla formazione tecnica e il 42% sulla formazione di soft skills. Il 23% ha addirittura dato il via a forme di coaching individuale che supportano le persone nella loro fase di crescita. Per quanto riguarda il benessere organizzativo, il 54% ha investito su smart working/remote working. I principali ostacoli legati a questa modalità lavorativa sono legati, per il 32% del campione, alla tipologia di ruolo o mansione, per il 29% alla scarsa capacità del management di gestire i collaboratori e per il 24% a limitate competenze personali in materia di organizzazione del lavoro.
il 41% delle aziende ha invece investito su sicurezza/salute sul luogo di lavoro e il 35% sul welfare aziendale. La conciliazione tra vita lavorativa e privata si colloca in quinta posizione con il 33% del campione. Subito dopo arriva, con il 23% delle segnalazioni, il senso di appartenenza: un elemento importante, forse ancora poco tangibile, eppure da considerare proprio in questa fase delicata di trasformazioni.
Fra gli elementi che hanno limitato le iniziative volte al miglioramento del benessere organizzativo, si segnalano invece la comunicazione (25%) e l’impatto sull’organizzazione e/o sulle persone (20%).
AFFERRARE IL CAMBIAMENTO
In una situazione di crisi, cambiare strategie, organizzazioni e ruoli permette di afferrare il cambiamento delle regole economiche. Il 61% delle imprese raggiunte dall’analisi di Nomisma ha introdotto attività di sviluppo o revisione su organigramma e ruoli organizzativi, il 44% sui sistemi informativi e più di un terzo – il 36% - ha modificato processi, procedure e competenze. Ma al centro dell’attenzione si trovano le iniziative volte al miglioramento delle competenze digitali.
DIGITAL TRANSFORMATION E TECNOSTRESS
Un dato sul quale riflettere: il 28% dei lavoratori è affetto da tecnostress. Se da un lato bisogna tenere sotto controllo questo aspetto, dall’altro non ci si deve dimenticare che la digitalizzazione è una grande opportunità per tutte le imprese. Così, un terzo delle aziende coinvolte dalla ricerca ha effettuato attività di formazione sull’uso di software interni specifici, il 21% corsi di formazione tecnica relativi all’utilizzo dei principali pacchetti base e il 17% di aver adottato nuovi sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) per gestire le attività quotidiane di business come contabilità, project management, gestione del rischio e operazioni legate alla supply chain.
Le principali difficoltà riscontrate dalle aziende nella gestione delle iniziative volte al miglioramento delle competenze digitali sono la quantità di risorse umane dedicate (28%), le tempistiche del progetto (24%) e la gestione dell’organizzazione e delle risorse umane (22%).
IL PERSONALE CHE NON C’E’
Rispetto al 2017, il 32% delle nuove posizioni oggi presenta difficoltà nell’individuare le risorse in entrata. Gli ostacoli sono ben chiari: il costo del lavoro (nel 48% dei casi), la sostenibilità futura dei costi delle risorse umane (27%) e la difficoltà di reperimento del personale con adeguate competenze tecniche (21%).