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I tassi salgono e il credito scende: le imprese investono sempre meno. Il 2023 sarà l'anno della prudenza?

I tassi salgono e il credito scende: le imprese investono sempre meno. Il 2023 sarà l'anno della prudenza?

Sale e sale ancora, mettendo a serio rischio la tenuta delle imprese e la loro esigenza di tenere botta ad una situazione congiunturale che, negli ultimi anni, ha sommato crisi a crisi. Di fronte ad un’inflazione che stenta a raggiungere quel 2% considerato, dalla Bce, come riferimento per la tenuta in sicurezza dell’economia, il continuo aumento dei tassi di interesse fa salire il costo del credito delle imprese. Un dato, tra i tanti a disposizione, chiarisce le preoccupazioni degli imprenditori: nel mese di gennaio 2023, il tasso sui nuovi prestiti fino a 250mila euro – riferimento per le aziende di minore dimensione – era del 4,38%. La crescita è, in un anno, di 227 punti base: il 90,7% risale proprio al periodo di stretta monetaria. L’effetto domino sulle imprese è del tutto negativo: da un lato i tassi più alti scoraggiano la richiesta di nuovi prestiti per finanziare gli investimenti, che in questo caso risulterebbero più onerosi, e dall’altro l’ammontare dei depositi delle aziende ha smesso di crescere per la conseguente diminuzione della liquidità a disposizione.

I SETTORI: IL MAGGIOR CALO NEI PRESTITI RIGUARDA LE UTILITIES
Se si volge uno sguardo ai settori, si nota che l’andamento dello stock dei prestiti – relativo al totale delle imprese – registra un calo dell’1,8% per il manifatturiero, estrattivi e public utilities; del 2,3% per il manifatturiero e del 5,8% per le costruzioni. Dopo aver registrato, nel corso della crisi energetica, una maggiore domanda di credito ora anche i settori a maggiore utilizzo di energia registrano una flessione dei prestiti del 2,2%: il trend è appesantito dal calo del 9,5% per la raffinazione di petrolio, chimica e farmaceutica e del 3,8% per la metallurgia, metalli, vetro, cemento e ceramica. Il segno +, invece, interessa alimentare, bevande e tabacco (crescono del 2,5%), gomma e plastica (+2%) e carta e stampa (+0,8%). A soffrire in modo più marcato sono le utilities: i prestiti sono scesi dell’8,5% nel settore dell’energia elettrica e del gas, mentre acqua e rifiuti vedono un aumento del 12,5%.

PIANI DI INVESTIMENTO: IN ITALIA SONO CRESCIUTI DEL 2%
Ad essere influenzati dal rialzo dei costi sono, ovviamente, anche i piani di investimento. Però l’Italia, per ora, registra una evidente tenuta rispetto agli altri paesi Ue: nel quarto trimestre dello scorso anno gli investimenti sono cresciuti del 2% contro un calo in Europa del 2,8%. Le flessioni interessano i maggiori Paesi Ue: in Germania si registra un -2,5%, mentre il calo in Spagna è del 3,7%. Timida la performance francese con un +0,3%. Per quanto riguarda gli investimenti in macchinari, nel quarto trimestre 2022 la crescita congiunturale è dell’1,9%, in rallentamento rispetto al +3,6% del trimestre precedente. In chiave tendenziale la crescita rimane robusta, pari al +9,9% (era al 9,1% nel trimestre precedente).

IL 2023 ALL’INSEGNA DELLA PRUDENZA, MA CRESCE L’IMPORTO MEDIO DEI FINANZIAMENTI
Dopo gli scossoni dello scorso anno, in questo 2023 le imprese si dimostrano prudenti. Però, se da un lato cala la domanda di credito, dall’altro cresce la consistenza dei prestiti, che registrano un +16,8% rispetto al 2021: a dirlo è l’ultima edizione del Barometro Crif. Nel dettaglio, si calcola che l’importo medio delle richieste arriva alla cifra record di circa 124ml euro. Se si guarda alle Imprese individuali, il valore dei finanziamenti richiesti è pari a 39.366 euro, in crescita del +2,9% rispetto al 2021, mentre è di 163.619 euro la media per le società di capitali (+15,6%). Il 38,6% delle richieste di finanziamento ha comunque riguardato importi inferiori ai 10mila euro. Per quanto riguarda le società di capitali, invece, le esigenze di liquidità sono diametralmente opposte: il 29,8% richiede importi inferiori ai 5.000 euro mentre nel 33% dei casi le richieste sono superiori ai 50.000 euro.