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È l’ora del “great re-engagement”: ripartire dalla cultura aziendale per trattenere i talenti

È l’ora del “great re-engagement”: ripartire dalla cultura aziendale per trattenere i talenti
Great re engagement

La società contemporanea è investita da cambiamenti e sfide che stanno modificando la cultura del lavoro predominante. Abbiamo imparato a familiarizzare con il fenomeno della great resignation (grandi dimissioni), sintomo tangibile di un problema ben più profondo che va oltre l’ambito professionale. Sono, infatti, cambiati i bisogni chiave e le priorità delle persone.

L’ultimo rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale parla di lavoratori insoddisfatti e imprese con problemi di attrattività. L’ondata delle grandi dimissioni sta, dunque, contribuendo a riplasmare il rapporto delle aziende con i lavoratori: ma come attrarre, coinvolgere e trattenere risorse di valore?

Ne abbiamo parlato con il professore Massimo Miglioretti, docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni presso il dipartimento di Psicologia dell'Università di Milano-Bicocca, per capire quali strategia di re-engagement adottare in un contesto di piccole e micro imprese: «Il post pandemia ha creato un divario crescente tra i bisogni di ripresa delle piccole aziende produttive e i bisogni di salute e benessere delle persone. Oggi non basta offrire un lavoro per meritare attenzione. Si è invertito il paradigma tradizionale che vedeva le aziende in una posizione di superiorità in quanto portatrici di occupazione».

IL CONCETTO DI "LAVORO SOSTENIBILE"

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Le condizioni di lavoro e il lavoro sostenibile sono alcune delle tematiche al centro del programma di lavoro 2021-2024 di Eurofound, Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Eurofound identifica come sostenibile il lavoro capace di creare condizioni tali da consentire alle persone di lavorare raggiungendo un bilanciamento tra lavoro, caratteristiche e circostanze individuali, in un’ottica di costante occupabilità.

«Quando parlo di coinvolgimento lo lego a un'idea di lavoro sostenibile. I domini entro i quali ricondurre questo concetto di sostenibilità riguardano il soddisfacimento attraverso il lavoro di alcuni punti fondamentali quali: produttività, salute e sicurezza, ambito valoriale – chiarisce il professore Miglioretti – Un lavoro a bassa qualificazione mette in dubbio le stesse capacità produttive del lavoratore, così come l’idea che la tecnologia possa sostituire le capacità produttive di chi vado ad assumere. Ciò rende poco attrattivo il lavoro che vado a proporre».

Alla luce delle crescenti difficoltà di reclutamento, diventa prioritaria la necessità di sviluppare una strategia che sappia coniugare gli obiettivi economici con quelli della valorizzazione delle abilità individuali e della qualità del lavoro.

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«La questione emergente non è che la mia proposta lavorativa non danneggi il lavoratore ma che aggiunga salute e benessere. Un tema oggigiorno poco pensato in fase di reclutamento, specialmente nelle micro imprese. Inoltre, come impresa devo domandarmi se l’occupazione proposta sia conciliabile con il bagaglio valoriale ed etico della persona che voglio assumere. Ciò presuppone uno scenario in cui si enfatizzi l’aspetto etico e valoriale, che non è secondario quando si va a cercare un lavoro, soprattutto per le nuove generazioni – prosegue – Qual è il valore del prodotto e della mansione che mi vengono proposti? Quanto benessere e salute producono? Quanto consumerà le mie capacità lavorative future e che occupabilità avrò nei prossimi anni? Queste sono questioni che diventano dirimenti. Troppo spesso le piccole imprese agiscono secondo un modello tradizionale di lavoro tayloristico, con una prospettiva che si limita alla mera prefigurazione di chi deve adempiere a una specifica mansione. La dimensione sociale e culturale attuale dovrebbe invece andare nella direzione di un'intesa con i dipendenti riguardo all’idea di prodotto, di promozione del benessere, del valore che si vuole dare al lavoro svolto. È chiaro che se condivido con il personale queste tre dimensioni costruisco percorsi che sono molto più coinvolgenti”.

IL "VALORE" DEI VALORI

In un mondo del lavoro così esigente e complesso, come può una piccola impresa costruire con attenzione il processo di selezione? «Oggi laddove si fa ricerca delle risorse umane a livello avanzato si cercano non posizioni specifiche ma persone che possano arricchire lo sviluppo aziendale. Purtroppo la piccola impresa per ragioni dimensionali non ha internamente tali competenze. Questo ruolo potrebbe essere svolto dalle associazioni d'impresa in modo da ingaggiare persone non solamente per esaurire mansioni specifiche ma per la capacità di valorizzare e sviluppare la propria organizzazione. Il problema dell'assenza delle competenze ha oggi un peso differente per come è avanzata la specializzazione del lavoro: è elevato il rischio di non matchare una competenza con il tipo di offerta, il tema però non è ricercare competenze ma far crescere la propria impresa. E questo richiede una modalità di ricerca in cui diventa rilevante la condivisione dei tratti valoriali – conclude – Le piccole imprese devono trasformare la dimensione valoriale in un vantaggio competitivo, a partire dal processo di reclutamento». Paola Mattavelli

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