News

Trattenere i giovani in azienda? Motivateli e fateli sentire a casa

Trattenere i giovani in azienda? Motivateli e fateli sentire a casa
Motivare i dipendenti

La convivenza tra generazioni diverse all’interno di un’azienda è difficile perché è venuto meno il concetto di “impresa come comunità”. Per questo non ha senso ragionare su un «decalogo di quello che dovrebbe fare l’imprenditore per motivare le risorse over e farle convivere con le nuove leve»: la considerazione del professor Paolo Iacci (presidente di Eca Italia e consulente di direzione, docente di Gestione delle risorse umane all'Università Statale di Milano, vicepresidente nazionale dell'Associazione Italiana Direttori del Personale) è che, semplicemente, ormai le aziende non riescono a motivare quasi più nessuno.

«Il livello di disengagement, cioè di disimpegno progressivo – spiega Iacci – è preoccupante. Ogni generazione porta con sé dei valori, delle consuetudini, abitudini, modi di pensare, culture che sono diverse da quelle delle generazioni precedenti. Il problema generale in quest’epoca riguarda la motivazione complessiva verso le singole aziende. I dati su questi nuovi fenomeni, come quite quitting (cioè essere diligenti sul lavoro ma rifiutarsi di andare oltre), sono così significativi che è impossibile ignorarli». La pandemia è come se avesse azzerato i contatori: la gente ha iniziato a ragionare su cosa sia importante davvero, e la priorità non è mai il lavoro. Si preferisce pensare agli affetti, alla salute. Come si fa a dare torto?

TRATTENERE NON E' PER FORZA MOTIVARE

Motivare i dipendenti

«Stiamo assistendo – prosegue l’esperto – a un incremento forte di grandi dimissioni. Non è una fuga, perché i livelli occupazionali sono alti. Le persone semplicemente sono passate da un'azienda a un'altra, trasferendo (in molti casi) il loro disimpegno. Perché l’imprenditore deve sapere che un conto è trattenere il lavoratore, un altro è motivarlo e farlo sentire a casa. Le aziende stanno ancora giocando su una serie di motivazioni estrinseche, senza far capire che questo lavoro mi permette anche di imparare, di crescere. Finché sarà così, sarà dura trovare modalità di convivenza tra le varie generazioni. Un esempio: il giovane chiede subito a quante giornate di smart working ha diritto. Lo fa per valutare l’azienda, se è seria e moderna. Poi va in ufficio molto di più di quanto dovrebbe, perché sente già la fiducia verso la propria autonomia. Del resto, sa benissimo che rimanere troppo fuori dalle dinamiche aziendali lo penalizzerebbe».

CREARE GRUPPI DI IDEE

Motivare i dipendenti

I giovani, secondo il professore della Statale, cercano capi di spessore, che si prendano la responsabilità di ciò che fanno, agiscano in coerenza con quello che dicono, cercano di farli crescere. La buona convivenza è il frutto del riconoscimento reciproco dei rispettivi limiti e l'utilizzo dell'altro per le sue caratteristiche positive. Le aziende devono evidenziare reciproci limiti e reciproche opportunità, fare in modo che ci sia comunicazione e interazione. «Una cosa da fare – prosegue – che funziona spesso è creare gruppi di attivazione di idee, tipo i vecchi circoli della qualità. Mettere insieme persone di età diversa e farle dialogare tra loro, trattando il miglioramento del loro lavoro come processo produttivo. Lo sanno tutti: i lavoratori conoscono cose che il capo non sa. Così possono metterle a disposizione, far capire ai colleghi i propri limiti ma anche le opportunità che sono in grado di offrire agli altri».

Del resto, l’Italia si basa sulle Pmi, e le Pmi faticano ad attivare progetti manageriali sofisticati. Inoltre, è venuta meno l'impresa come comunità e quindi è più difficile la convivenza tra generazioni. Nelle comunità contadine il tema non era sentito: il vecchio era quello saggio, il giovane aveva altre funzioni, l’equilibrio era in qualche modo rispettato. Con la rivoluzione industriale e poi digitale, è arrivato lo sfaldamento delle comunità intese come momenti di connessione tra le persone. Dunque, l'impresa come comunità inizia a sfilacciarsi. Se la società funzionasse, il tema della convivenza sarebbe risolto». Davide Maniaci

Report strategie d'impresa - Lavoro senza età

Report strategie d'impresa - Lavoro senza età

Aggiornato a giugno 2023

Il rapporto tra età e lavoro sta subendo profonde trasformazioni, come evidenziato nel nuovo rapporto "Lavoro senza età, Curare la sostenibilità generazionale" curato da Antonio Belloni, coordinatore del Centro Studi Imprese Territorio diretto da Mauro Colombo. L'età non è più un fattore discriminante, ma le differenze di ruoli, stipendi e benefit legati all'età persistono. Tuttavia, con la crescente carenza di personale giovane e l'aumento della longevità professionale, la tradizionale divisione tra giovani e over sembra non essere più sostenibile. Le imprese devono adattarsi a queste tendenze demografiche, valorizzando le competenze di tutte le generazioni e promuovendo una convivenza produttiva tra le diverse fasce di età.