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Il lavoro che cambia / 3: giovani in azienda con apprendistato, formazione e welfare

Il lavoro che cambia / 3: giovani in azienda con apprendistato, formazione e welfare

Il mercato del lavoro sta cambiando perché, a cambiare, sono le dinamiche che regolano domanda e offerta. E’ una questione generazionale che si gioca sul bilanciamento di bisogni ed esigenze diverse: nelle aspettative lavorative ma anche nella gestione del tempo libero. Insomma, giovani e meno giovani la pensano in modo eterogeno. E agiscono di conseguenza. Il punto, però, è sempre lo stesso: per resistere e crescere nel tempo le imprese hanno bisogno di manodopera. Qualificata. Formazione e contrattualistica sono due fronti sui quali si può giocare la partita, perché entrambi aiutano gli imprenditori ad offrire a senior e junior ciò di cui hanno bisogno. Se ne è parlato all’evento “Il lavoro che cambia”, organizzato da Confartigianato Imprese Varese, con Umberto Rega (manager formazione delle imprese Artser) e Nunzio Lena (consulente del lavoro Artser). 

Umberto Rega: «La formazione, se personalizzata, è il vero passepartout»

Umberto Rega

La questione, sempre aperta, sulla quale è bene concentrarsi è quella della “obsolescenza delle conoscenze”: una volta entrati in azienda, ciò che si sa o si apprende nei primi mesi non può durare per tutta la vita. Anzi, titolari e collaboratori sono chiamati a rinnovare le loro competenze in modo continuo. Ma rinnovarle non è sufficiente perché, aggiunge Umberto Rega, «queste richiedono una vera e propria manutenzione per poterle svilupparle nell’arco della vita aziendale. Il punto fermo dal quale partire: la formazione non è un costo ma un investimento». Quel passepartout che apre le porte di un futuro – che è già adesso - nel quale digitalizzazione, innovazione e attenzione all’ambiente rappresentano uno spartiacque anche tra generazioni: «Per questo è importante, per un imprenditore, capire se in azienda ci sono le persone giuste al posto giusto». Un buon strumento per farlo sono i percorsi formativi studiati appositamente su ogni singola azienda. E su ciò che le serve. La scelta è ampia: e-learning, aula, coaching. Il tutor, per esempio, è una figura che funziona molto bene perché «lavora su un arco di cinque anni. L’affiancamento personalizzato, infatti, permette di modellizzare sistemi di gestione su misura e ogni nuova analisi fatta sulla propria azienda fa emergere bisogni formativi sempre diversi».
Ma un altro nervo scoperto nel “cambio della guardia” in azienda, per esempio la sostituzione dei collaboratori che andranno in pensione, è quello della mappatura delle competenze e di come «l’imprenditore debba usare bene, valorizzandole, le professionalità di chi prima o poi se ne andrà. Da qui l’esigenza di affidarsi a quell’analisi personalizzata delle competenze che, nella gestione di un’azienda, può fare la differenza. Un’analisi che sfrutta anche gli incentivi dei Fondi interprofessionali». I vantaggi di questi Fondi non sempre sono conosciuti dalle imprese oppure, se conosciuti, non sempre se ne sfruttano tutte le potenzialità. Eppure, sono una vera leva competitiva che dà i suoi migliori frutti quando le imprese chiedono un affiancamento per «poterli scegliere meglio, in modo adeguato e per rendersi conto di tutte le opportunità che offrono».

Nunzio Lena: «Le imprese chiedono stabilità e sostenibilità…economica»

Nunzio Lena


Partiamo da una domanda: in fase di assunzione, sotto il profilo economico, cosa chiedono le imprese? Da una parte la stabilità nell’assunzione e dall’altra la sostenibilità. Dice Nunzio Lena che «per gli imprenditori, infatti, il vero problema non è tanto quello di assumere un giovane, quanto quello di poter coniugate la stabilità dell’assunzione alla sostenibilità economica». Sotto questo punto di vista il legislatore ci dà una mano. Per esempio, con la leva del Welfare: un tema sul quale le imprese, anche piccole e medie, dimostrano di essere particolarmente attente perché lo strumento aiuta a valorizzare i propri collaboratori e a fidelizzare i nuovi talenti. Insomma, un’opportunità per rispondere a quella domanda sulla quale si è dibattuto proprio in occasione dell’evento “Il lavoro che cambia”: una volta assunto un giovane, come lo si convince a restare? Per esempio, attraverso «la flessibilità dell’orario di lavoro, la contrattazione collettiva nazionale ma anche quella territoriale, la banca ore, lo smart working, la previdenza complementare», sottolinea Nunzio Lena. Ma anche attraverso quelle formule che danno un valore aggiunto al proprio tempo libero.
Infine, bisogna nuovamente ricordare l’apprendistato. Che nasce con l’obiettivo di agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e che, per di più, possiede un forte contenuto formativo. Il cerchio si chiude, perché lavoro e formazione corrono, in questo caso, sullo stesso binario. Ed è quello al quale puntano gli imprenditori di fronte alla mancanza di percorsi scolastici definiti sulle esigenze particolari dei diversi settori: «L’importante è trovare giovani motivati e volenterosi», hanno detto le aziende presenti all’evento.