Dipendenti felici, Pmi più forti: la chiave è ascoltarli (e non costa nulla!)

Turnover alle stelle? Le Pmi vincenti fidelizzano i dipendenti con ascolto e engagement. Ecco come trattenere i talenti senza spendere una fortuna

Dipendenti felici, aziende forti

Nel panorama lavorativo odierno, caratterizzato da un turnover sempre più elevato, le piccole e medie imprese devono affrontare la sfida di fidelizzare i propri dipendenti, soprattutto i più giovani. Una sfida cruciale per resistere in un mercato sempre più competitivo, in cui le realtà più ridotte si confrontano con grandi multinazionali, che hanno risorse maggiori e possibilità di proporre progetti di welfare più competitivi, che possono far “vacillare” un dipendente, convincendolo a cambiare posto di lavoro.

Cosa può fare, dunque, una Pmi per “resistere”? Lo abbiamo chiesto a Claudia Campisi, psicologa del lavoro, HR e Linkedin Top Voice.

PAROLA D’ORDINE: ASCOLTO

La parola d’ordine è ascolto. Secondo Campisi, una Pmi può misurare il livello di soddisfazione dei propri dipendenti organizzando incontri periodici per vedere se i bisogni del dipendente sono accolti e soddisfatti o se nel frattempo ne sono sorti di nuovi.

«Si tratta di una strategia economica, a costo zero, che spesso però non viene praticata – spiega – Eppure basta davvero poco per far sentire il lavoratore apprezzato e parte integrante di un qualcosa, e non semplicemente un ‘numero’. Si può partire anche con colloqui prefissati a scadenza prestabilita, per seguire un percorso».

Una delle difficoltà, soprattutto per le realtà più piccole, potrebbe essere rappresentata dalla mancanza di figure preposte. Che però può anche diventare un’opportunità.

«Se in azienda manca un responsabile HR si può anche ricorrere a dei consulenti esterni, magari da affiancare ai responsabili di funzione - aggiunge Campisi - Può essere anche un modo per aiutare il lavoratore a sentirsi più libero di esprimersi, dato che in alcuni casi parte delle difficoltà si sviluppano all’interno del rapporto con i propri superiori, e dunque non potrebbero trovare spazio in un colloquio diretto».

Importante è anche la tempestività e la periodicità dei momenti di confronto. Nel caso venissero a mancare il rischio è che il malessere del lavoratore emerga troppo tardi, quando oramai ha deciso di andarsene.

«Affrontare situazioni di questo genere, con un confronto diretto coi lavoratori, rappresenta anche un'opportunità per l'azienda, che senza costi particolari può monitorare la situazione e lo stato di soddisfazione dei suoi dipendenti».

LE SURVEY

Dipendenti felici, aziende forti

Un'altra strada, anch'essa senza particolari esborsi, è quella che si avvale di survey.

«Un questionario anonimo, in cui il lavoratore si può sentirsi libero di esprimere i suoi desiderata, può essere un ottimo punto di partenza - prosegue Campisi - E' uno strumento potente, che può far emergere davvero richieste inattese, dalla squadra di calcetto aziendale alla tessera del cinema. Situazioni che magari vengono sottovalutate e che invece possono costituire un ottimo modo per rendere felici i lavoratori e fidelizzarli».

Non è detto, infatti, che ciò che funziona in un'azienda valga in egual misura per un'altra.

«L'errore più comune è quello di pensare che modelli di successo già sperimentati altrove possano essere vincenti a scatola chiusa. Bisogna sempre ascoltare i propri dipendenti e le loro necessità. E serve farlo con tutti. Non si può pensare che basti ascoltare le necessità di un paio di lavoratori per avere un quadro completo».

TERRITORIALITÀ, ANAGRAFICA, INVESTIMENTI

Ci sono poi alcuni aspetti da non sottovalutare. Le Pmi in particolare vivono appieno il tema dell'age diversity, ma anche quello della territorialità. Che da un lato possono rappresentare opportunità da esplorare, ma dall'altro possono rendere difficile fare sintesi sulle varie richieste dei dipendenti, che poi naturalmente devono essere vagliate anche in base ai budget a disposizione per progetti extra-aziendali.

«Gli stessi progetti di engagement non possono essere buoni per tutti - spiega Campisi - È necessario, una volta acquisite le risposte dei dipendenti, fare sintesi. Una buona strategia può essere quella di prevedere numerose attività a costo zero e qualcuna che preveda investimenti, e per queste ultime diventa decisivo scegliere tra quelle che hanno riscontrato maggior interesse da parte dei dipendenti».

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L'IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE

C'è poi un altro aspetto da non sottovalutare: la comunicazione. 

«Deve essere chiara, efficiente e fatta a monte. L'azienda deve spiegare ai lavoratori che iniziative e progetti sono fatti per loro e che le progettualità intraprese sono quelle che possono coinvolgere più persone, senza però escludere chi ha presentato altre richieste. Il dipendente deve sentirsi parte di qualcosa, deve essere considerato».

«Se mancano questi aspetti e i progetti vengono calati dall'alto possono naufragare, con il rischio che subentri la frustrazione e che si decida di non fare più nulla. È importante che qualunque iniziativa parta dalle persone reali, delle quali è importante esplorare i bisogni. È necessario capire che c'è in ballo molto: non solo la soddisfazione dei dipendenti, ma anche le risorse economiche e le scelte strategiche dell'azienda. Ogni piccolo passo può rappresentare qualcosa di decisivo». Tomaso Garella