Export, competenze e caro-energia: tre ostacoli sulla strada della ripresa di Varese

La ripresa per le nostre aziende dopo la fase più dura dell’emergenza sanitaria? È una strada costellata di ostacoli, o forse sarebbe meglio definirli in un’altra maniera ancora: contrasti. Tre in particolare minacciano la ripartenza: la scarsità di personale con le competenze giuste, l’export che sta dando qualche primo segnale di arretramento e il caro prezzi sul versante delle materie prime

La ripresa per le nostre aziende dopo la fase più dura dell’emergenza sanitaria? È una strada costellata di ostacoli, o forse sarebbe meglio definirli in un’altra maniera ancora: contrasti. Tre in particolare minacciano la ripartenza: la scarsità di personale con le competenze giuste, l’export che sta dando qualche primo segnale di arretramento e il caro prezzi sul versante delle materie prime.

Un ritratto che emerge nell’Osservatorio di Confartigianato Imprese e Confartigianato Lombardia, sulla base dei dati trimestrali di Movimprese e che vede incerte pennellate anche dalle statistiche Istat.

L’auto dell’economia a partire dalle piccole imprese in realtà non si è mai veramente fermata, ma adesso era pronta a scalare le marce con vigore. Il carburante è la ripresa della domanda. Ma ecco che il meccanismo, se non si inceppa, incontra dei seri limiti.

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PRIMO CONTRASTO

Osservatorio mercato del lavoro

Cominciamo da quello che è un aperto contrasto, anche perché si viene da un anno abbondante di misure per prevenire la disoccupazione. Eppure il mercato del lavoro, anche nella nostra provincia, offre un altro volto: la difficoltà nel trovare il personale. Profili inadeguati – e qui entra in gioco l’ancora eccessiva lontananza tra formazione e impresa -, a volte addirittura l’indisponibilità da parte dei candidati per ragioni differenti.

A ottobre lo scenario è abbastanza sconcertante:  la quota di imprese che stenta a reperire le figure professionali indispensabili per poter dare riscontro ai nuovi ordini, raggiunge il 43%.

Varese, abbiamo un problema, verrebbe da scandire a voce piuttosto elevata. In effetti, il valore supera quello medio regionale, pari al 37,9%. Ma attenzione, batte anche se stesso: due anni fa, il 37,4% delle aziende si trovava in difficoltà su questo fronte. Cosa c’è dentro questa preoccupante crescita? Certo, si avverte anche sul versante delle strutture sanitarie sotto ancora la tempesta della pandemia, per cui si può comprendere il fenomeno. Tuttavia, il manifatturiero non è affatto escluso dal trend, anzi. Basti pensare che il reperimento di figure come operai specializzati nelle manutenzioni o nel settore metalmeccanico costituisce una difficoltà in ben oltre il 60% dei casi.

EXPORT CON I PRIMI MENO

Osservatorio mercato del lavoro

La doccia fredda numero due è presto servita dai dati. Sì, la domanda ha ripreso quota, ma l’export non ha assunto quello slancio che si auspicava, non nel nostro territorio almeno. Anzi, la nostra provincia nel primo semestre del 2021 vede un -2,9% rispetto allo stesso periodo di due anni fa. Pure in questo caso qualcosa non torna: non è, cioè, un fenomeno generalizzato perché le esportazioni regionali recano un più rassicurante incremento del 3%.

Il calo tocca soprattutto altri mezzi di trasporto (-51,3%), prodotti della metallurgia (-26,7%), tessile (-16,4%), veicoli (-14,6%), per esaminare la tendenza sopra la doppia cifra in negativo. Canta in altro modo il motore per prodotti farmaceutici, articoli in pelle, bevande, computer: rispettivamente +58,6%, +37,7%, +37,5% e +31,3% per restare sui casi più eclatanti. Ma anche i prodotti chimici o l’abbigliamento viaggiano su doppia cifra.

Potrebbe essere però che una zona come Varese, così vocata all’export, stia intercettando anche con più intensità dei segnali. In effetti, in dodici mesi le vendite di merci all’estero hanno raggiunto il nuovo massimo storico di 500 miliardi. Allo stesso modo, si intravede una prima timida frenata della crescita.

“CARE” MATERIE PRIME

Osservatorio mercato del lavoro

Terzo fattore che rischia di rallentare questa fase decisiva, forse il più arduo da risolvere perché ancor meno nelle mani delle imprese: il rincaro delle materie prime. Non solo perché per l’Italia questo è un vecchio problema, dovendo storicamente ricorrere ad altri Paesi. Ma oggi l’altra faccia della medaglia è la scarsità delle materie prime, che poi incide irrimediabilmente sui prezzi. L’effetto è devastante per i piccoli. In particolare, per manifattura e costruzioni  l’incidenza sul fatturato degli acquisti è del 42,5%: per la prima  del 46,6%, per le seconde del 33,1%.

Un calcolo più locale si rivela shockante. In provincia di Varese più di 14 mila micro e piccole imprese della manifattura e delle costruzioni, per un totale di 58 mila addetti, su base annua ricevono da questa situazione una scossa di 1.047 milioni di euro.

Un esempio? Il gas, che grava decisamente su metallurgia,  vetro ceramica e prodotti per l’edilizia, della carta e della chimica: toccate dalle ripercussioni sui prezzi,  458 aziende del territorio, per la quasi totalità di piccolissime dimensioni. Detto in altro modo, questa volta con sguardo nazionale: le importazioni di gas e petrolio nei primi nove mesi dell’anno sono costate 12 miliardi in più. Cifre da brivido.