News

Imprese e tirocini: la stretta del governo tra indennità, rimborsi e vincoli burocratici

Imprese e tirocini: la stretta del governo tra indennità, rimborsi e vincoli burocratici

Più costi, più vincoli burocratici, più ostacoli: per giovani e imprese. E’ questo che potrebbe accadere se la discussione aperta dal governo sul testo base adottato dalla commissione Lavoro della Camera dovesse risolversi secondo le linee già individuate: assimilare di fatto a un rapporto di lavoro i tirocini curriculari. Quelli che fanno leva sull’alternanza tra scuola e lavoro per orientare il giovane nella scelta professionale. Per quanto riguarda invece i tirocini extracurriculari (finalizzati all’acquisizione di competenze professionali e all’inserimento / reinserimento lavorativo), il governo attende di varare la stretta prevista, ma sostiene l’utilizzo di tale strumento per i soli soggetti con difficoltà di inclusione sociale.

ECCO COME CAMBIERANNO LE REGOLE. MA COSI’ CROLLA TUTTO
I tirocini curriculari, nonostante non possano essere considerati al pari di un rapporto di lavoro, rischiano di essere considerati come tali con una serie di obblighi diretti sulle imprese: quelle che ospiteranno un tirocinante dovranno versare un’indennità di almeno 300 euro e sostenere il rimborso integrale delle spese di trasporto sostenute dallo studente, di strumentazione e – per i rapporti che superano le cinque ore giornaliere – di vitto. Pena sanzioni fino a 3mila euro. Ma c’è di più: l’impresa avrà anche l’obbligo di comunicazione obbligatoria all’Agenzia per l’impiego e di osservare le clausole premiali in caso di successiva assunzione alle quote massime di tirocinanti.
Il castello che ha retto fino ad oggi, potrebbe crollare improvvisamente. Per una prima e sostanziale ragione: le imprese sono un bacino di formazione operativa insostituibile e proprio per questo, come dice su Il Sole 24 Ore Lucia Valente, ordinario di diritto del Lavoro all’università La Sapienza, «obbligarle a pagare un’indennità, o sottoporle agli stessi vincoli formali del lavoro subordinato, significa far naufragare l’unico modo per garantire agli studenti italiani l’apprendimento in contesti extrascolatici».

ORIENTARE, FORMARE E OCCUPARE: IL RAPPORTO TRA STUDENTE E IMPRENDITORE
L’obiettivo del tirocinio curriculare è proprio questo: realizzare momenti di alternanza fra studio e lavoro nell’ambito dei processi formativi e agevolare le scelte professionali del giovane mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro. Per ottenere crediti formativi e completare il proprio percorso di formazione. E se da un lato lo studente trova nel tirocinio un’occasione sia orientativa (conoscere il mondo del lavoro con un contatto diretto) che formativa (per approfondire, verificare e ampliare l’apprendimento ricevuto a scuola), dall’altro questo strumento è una vantaggiosa opportunità anche per le aziende. Perché si genera uno scambio con giovani che portano conoscenze scientifiche aggiornate e che potranno dimostrarsi “talenti” da formare. Per poi essere assunti in futuro con un contratto di apprendistato e poi a tempo indeterminato.

IL GOVERNO E I NUMERI DEI TIROCINI CURRICULARI
La discussione in commissione ha preso il via dalla finalità del governo: contrastare gli abusi nell’utilizzo dei tirocini. Che nella maggior parte dei Paesi europei non sono retribuiti proprio perché presentano un contenuto formativo. Ancora Il Sole 24 Ore: «Sui tirocini curriculari non ci sono dati ufficiali, ma visto che vengono attivati dalle scuole, IeFp, Its e università, si stima che ogni anno coinvolgano 150-200mila studenti. Tra il 2017 e il 2020, sono cessati 1 milione 315mila tirocini: per il 55,7% (733mila), entro sei mesi dalla conclusione del tirocinio è sato attivato almeno un rapporto di lavoro. Nel 31,5% dei casi (414mila) con lo stesso datore di lavoro presso il quale è stato svolto il tirocinio».

L’ALLARME DI REGIONI E UNIVERSITA’
Di fronte all’impegno da parte delle imprese di spingere su un rapporto sempre più stabile con il mondo della formazione, la discussione del governo non può non allarmare. E così, se da un lato c’è chi si dice d’accordo con il rimborso forfettario delle spese sostenute dai tirocinanti per il trasporto e il pranzo, ma non con l’obbligatorietà dell’indennità, dall’altro ci sono voci che bocciano nella sua interezza il testo base perché rischia di creare serie difficoltà a imprese, giovani e istituzioni formative. Inoltre, sarebbe un grave errore equiparare un tirocinante a collaboratori già presenti da anni in azienda e in possesso di competenze/esperienze assodate.

COSA ACCADE IN EUROPA
Nonostante in Francia, Germania e Spagna il tirocinio curriculare sia da tempo un elemento strutturale del percorso di istruzione mentre in Italia lo è solo da alcuni anni, l’approccio allo strumento e la sua gestione sono simili in molti Paesi europei. In Italia e in Spagna, questo strumento richiede la convenzione tra soggetto promotore e soggetto ospitante e il progetto formativo, sottoscritto dalle le parti coinvolte. In Belgio, Lussemburgo e Francia, invece, è previsto un unico documento (la convenzione di stage). In quest’ultimo Paese, in caso di tirocini di durata superiore a due mesi, il soggetto ospitante deve riconoscere al tirocinante una gratification (indennità) il cui importo è di 3,90 euro l’ora (circa 570 euro al mese per uno stage a tempo pieno).