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L’economia rallenta: meno imprese iscritte e fiducia in calo. Ma l’occupazione resiste grazie alle Pmi

L’economia rallenta: meno imprese iscritte e fiducia in calo. Ma l’occupazione resiste grazie alle Pmi

La parola che ha tenuto banco nell’andamento economico italiano nei primi tre trimestri dell’anno è “crescita”. Il nostro Paese di è dimostrato più resiliente di altri nei confronti del conflitto russo-ucraino con un Pil in rialzo dell’1,6%. Meglio della media Ue (+0,9%), della Francia (+0,7%) e della Germania (+0,4%). E ha rimesso in moto il mercato del lavoro con 145mila occupati in più. Addirittura, i contratti a tempo determinato hanno interessato 210mila lavoratori in più a fronte di una diminuzione del numero dei dipendenti (-65mila) a tempo determinato.

Le variabili che pesano sulla crescita

Energia elettrica

Purtroppo, si tratta di una positività destinata a non durare. A dirlo sono i dati: nell’ultimo trimestre dell’anno il calo del Pil sarà di sei-sette decimi di punto. E nel caso in cui le forniture di energia dalla Russia dovessero interrompersi, nel 2023 il calo sarebbe dell’1,5%. Tra le cause di questa frenata c’è l’inflazione: quella italiana, nel mese di ottobre, è arrivata al 12,8%. Di due punti superiore a quella dell’Eurozona. Ma a fare peggio è il tasso di inflazione energetica, che balza al 73,9%, rispetto al 45,0% di settembre. Qui, i punti che separano l’Italia dalla Ue sono 32. Ovviamente, il prezzo dell’energia tiene in scacco le imprese: ad ottobre, in Italia, quello dell’energia elettrica è aumentato del 199,1% rispetto al 2021, mentre il gas ha registrato un +99,5%. Ma qui una notizia che fa ben sperare c’è: la quotazione è calata del 12,9%.

Diminuisce lo stock di imprese iscritte
Dopo quasi due anni di crescita, da giugno 2022, si registra un tasso di variazione negativo dello stock di imprese iscritte, con una progressiva accentuazione fino al -0,8% di settembre 2022.

Sempre meno la fiducia delle imprese
L’indice diminuisce per il quarto mese consecutivo e raggiunge il livello più basso da aprile 2021. L’andamento della produzione racconta una storia di resistenza, ma anche di profonda incertezza: se la crescita del manifatturiero è stata di un +1,1% nei primi nove mesi del 2022, nel trimestre luglio-settembre si registra una “crescita zero”. A preoccupare è la stessa bilancia commerciale: nei primi otto mesi del 2022 il volume delle esportazioni sale di un limitato 1,0%, mentre quello delle importazioni sale del 3,2%.

I settori in sofferenza e i lockdown energetici
C’è chi sale e chi scende. Con segno meno ci sono i settori energy intensive di gomma, materie plastiche e altri

Energia elettrica

prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-2,7%), il legno, carta e stampa (-2,9%), la metallurgia e prodotti in metallo (-3,3%), la raffinazione (-5,4%) e la chimica (-7,0%). Si tratta di circa 100mila imprese nelle quali si contano 1 milione e 146mila addetti. E i lockdown energetici non sono più un’ipotesi. Nel trimestre giugno-agosto 2022 la produzione nelle costruzioni scende del 3,6%, mentre nel periodo luglio-settembre 2022 il volume delle vendite al dettaglio diminuisce dello 0,5 rispetto il trimestre precedente.

Il mercato del lavoro

Saldatore

Le micro e piccole imprese si confermano realtà particolarmente attive nel garantire l’occupazione: negli ultimi dodici mesi, a giugno 2022, queste aziende determinano il 71% delle posizioni lavorative (assunzioni al netto delle cessazioni), pur in un contesto in cui ad ottobre è di difficile reperimento il 52% delle assunzioni di operai specializzati, 7,8 punti in più di un anno prima. Più incerto il profilo della domanda nei prossimi mesi: le previsioni di assunzioni delle imprese tra ottobre e dicembre 2022 sono in flessione del 10,4% rispetto allo stesso periodo del 2021. Per quanto riguarda la demografia d’impresa, dopo quasi due anni di crescita, da giugno 2022 si registra un tasso di variazione negativo dello stock di imprese iscritte, con una progressiva accentuazione fino al -0,8% di settembre 2022.

Le imprese e la stretta monetaria
La stretta monetaria toglie ossigeno alle aziende. Di fronte all’incalzare dell’inflazione, lo scorso 27 ottobre il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha definito un rialzo di 75 punti base dei tassi di interesse ufficiali, dopo un incremento di 50 punti a luglio e di 75 punti a settembre. Nell’arco di 98 giorni si è arrivati ad un totale di 200 punti base. E la BCE prevede altri aumenti per poter riportare l’inflazione al 2%. Negli Stati Uniti la Fed, con sei rialzi tra marzo e novembre, ha fatto salire i tassi di 375 punti base in 231 giorni.

La domanda di credito
Per pagare materie prime ed energia, le imprese aumentano la richiesta di credito. Ma il numero di aziende che

Credito

non riescono ad accedervi è in costante aumento. Secondo l’Osservatorio rischio imprese di Cerved, il 16,1% delle imprese presenta un grado di rischio finanziario elevato, con una ridotta capacità di far fronte agli impegni, anche a breve termine. Sulla finanza aziendale pesa il termine del periodo di preammortamento a due anni dall’attivazione dei prestiti garantiti, per i quali rimane ancora ampio lo stock in essere, valutato al 30 giugno 2022 pari al 9,5% del PIL.