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Le nuove tasse - Ecco come cambierà il fisco italiano: giù l'Irpef sui ceti medi e tagli al cuneo fiscale

Le nuove tasse - Ecco come cambierà il fisco italiano: giù l'Irpef sui ceti medi e tagli al cuneo fiscale

LE NUOVE TASSE: ECCO COME CAMBIERA’ IL FISCO ITALIANO
Lo scrive la Stampa: “Quella del governo sarà una riforma fiscale a tappe perché le risorse sono scarse. La priorità andrà alla semplificazione normativa, riorganizzazione della riscossione, lotta all’evasione (tutto a costo zero) e, soprattutto, al superamento dell’Irap”. A seguire, tutto il resto:

  • Irpef, un’imposta progressiva. Oggi, sui redditi compresi tra 28 e 55mila euro viene applicata un’aliquota del 38%. Si ipotizza un taglio per portarla al 34%. No alla flat tax. Tutti gli schieramenti politici sono d’accordo sulla “necessità di abbassare le tasse sul ceto medio”.
  • Riduzione del cuneo fiscale. Per farlo si potrebbero utilizzare i 3 miliardi di euro che sono già disponibili per intervenire sull’Irap, “sostituendola con l’Ires per le grandi imprese e abolendola del tutto per autonomi, professionisti, ditte individuali e società di persone”.
  • Riscossione: un’unica Agenzia. Si ipotizza la fusione tra Agenzia delle entrate e Agenzia della riscossione anche per “svuotare il magazzino delle tasse che, in questi ultimi 20 anni, lo stato non è stato in grado di riscuotere”. Si parla di mille miliardi di euro.
  • Imposte: ridurre l’Iva. Si vuole ridefinire la disciplina Iva per semplificarla e, se possibile, ridurre l’aliquota ordinaria attualmente applicata. L’obiettivo è di scendere dall’attuale 22%, oppure di “spostare gruppi di beni e servizi nelle altre due aliquote ridotte, quella del 10 e quella del 4%”.
  • Proprietà: riformare il catasto. Si propone una revisione al ribasso delle rendite finanziarie e c’è la revisione del catasto da mandare in porto (avversata dai proprietari di immobili).
  • Troppi bonus, serve una pulizia. Gli sconti fiscali riconosciuti a determinate categorie o soggetti continuano a crescere: i bonus sono arrivati a quota 800 per un controvalore di 313 miliardi di euro. L’Ocse aveva suggerito all’Italia di procedere con una “razionalizzazione in base all’efficacia”.

PARTITE IVA CON IL SEGNO +. IN CRESCITA LE SOCIETA’ DEL COMMERCIO ONLINE

Partita Iva

Si definiscono Partite Iva dei “non residenti” e si riferiscono “essenzialmente alle società di commercio online”, si legge su Italia Oggi. Costituiscono, insieme alle altre forme giuridiche, più del 10% del totale dei nuovi avviamenti: la quota dei non residenti è l’unica ad essere cresciuta del 400% in confronto allo scorso anno. Una differenza enorme rispetto al +35% delle partite Iva per le persone fisiche che, però, si confermano al primo posto quanto ad aperture: il primo posto della classifica è occupato dagli uomini (62,3% la quota maschile) under 35 (47,5%) o under 50 (31%). Le maggiori aperture sono concentrate al Nord (47,4%) con punte oltre il 110% in Friuli e in Veneto. Per quanto riguarda i settori: il commercio registra il 24,8% del totale delle aperture seguito dalle attività professionali (16,2%) e dall’agricoltura (11%). Intrattenimento e attività immobiliari registrano, rispettivamente, un incremento del 103% e del 90,4% rispetto ad aprire-giugno 2020.

CINA, IL PAESE DOVE SI DIVENTA RICCHI (E POVERI) IN FRETTA
Lo scrive il Sole 24 Ore: “Nell’effervescente economia di Pechino si diventa ricchi in fretta, ma il

Cina

rischio bolla è dietro l’angolo”. Per regolamentare il mercato (abuso di posizione dominante di alcune imprese), il governo interviene con nuove regole e sanzioni. E’ accaduto ad Alibaba, il colosso dell’e-commerce, colpito da una multa di 2,75 miliardi di dollari; a Tencent, il più popolare social media cinese, che ha perso 347 miliardi di dollari di capitalizzazione; è accaduto alle società cinesi di automotive Byd e Xpeng, che hanno perso – e tanto – a causa del riordino del settore da parte delle autorità. Nel frattempo, in Cina “le sofferenze bancarie sono salite a 540,79 miliardi di dollari, a giugno, con un incremento di 108,3 miliardi di yuan da inizio anno. Pechino fa leva su processi trasparenti per “consentire alle imprese in difficoltà di andare in default senza far saltare in aria il sistema finanziario”, ma i timori degli investitori globali sulle azioni e obbligazioni cinesi sono elevati. Gli investimenti diretti stranieri in Cina sono saliti dai 587 miliardi di dollari del 2010 ai 1.900 miliardi di dollari del 2020. Crescita quadruplicata, nonostante la guerra dei dazi di Donald Trump e la pandemia del Covid.