Materie prime: le Pmi rischiano il fallimento. Confartigianato chiede l'intervento del Governo

Rincari dal 38% al 77% per metalli di base, stagno, rame, cobalto, zinco, nickel e alluminio. Le micro, piccole e medie imprese rischiano la chiusura: su di loro, il rialzo dei prezzi delle materie prime avrà un impatto potenziale di 19,2 miliardi di euro in più. Confartigianato Imprese ha scritto al ministro dello Sviluppo economico per chiedere misure urgenti per rimettere in equilibrio domanda e offerta.

La lettura dei segni matematici, così come delle statistiche, è sempre molto chiara: un segno + ha sempre lo stesso significato. Che cambia, però, secondo le prospettive di chi ne è interessato. Prendiamo il rincaro delle materie prime: la speculazione sui mercati fa assumere al segno + un significato positivo per chi investe e uno negativo per chi, dal costo di acciaio, ferro, rame, calcestruzzo, legno, materie plastiche e metalli fa dipendere la propria sopravvivenza. Stiamo superando, in questi giorni, quella fase di estrema preoccupazione che ha accompagnato il costante rialzo delle commodities non energetiche (aumento del 33,4% ad aprile 2021 secondo stime Confartigianato) per entrare nella fase “rischio default”. E al Governo si chiedono interventi e soluzioni.

LE RICHIESTE DI CONFARTIGIANATO PER AFFRONTARE LA CRISI
Confartigianato Imprese ha inviato una lettera al Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti per sollecitare una «forte attenzione al fenomeno e la messa in campo degli strumenti che possano rimettere in equilibrio domanda e offerta, nel rispetto della concorrenza e delle norme che ne regolano le restrizioni». Poi, le richieste sui singoli settori:
Costruzioni - Dovrebbe essere reintrodotto il meccanismo di compensazione alle imprese in caso di aumenti dei materiali superiori al 10% accertati dal direttore dei lavori. Per i lavori privati, invece, serve una revisione rapida e univoca dei prezzari regionali, con un adeguamento che possa tutelare imprese e committenza già legate a preventivi e/o a contratti stipulati.
MeccanicaSi fanno necessarie e urgenti quelle misure che interessano appalti pubblici e privati. In caso contrario, le imprese si dicono costrette ad intervenire sul livello contrattuale con fornitori e clienti.
Legno – Il settore dipende ancora troppo dalla materia prima straniera, sottoposta a continue bolle speculative. La richiesta è di ridare mercato al legname nazionale e riportare nel giusto alveo le importazioni di legname dall’estero.

I NUMERI CHE FANNO PAURA
Il ferro per cemento armato, tra novembre 2020 e aprile 2021, ha subito un aumento del 117%. I polietileni sono rincarati del 40% e il petrolio del 34%: i dati li fornisce Panorama con un approfondimento sul settore delle costruzioni. Sottolineando che il fenomeno, però, non interessa solo l’Italia ma anche Regno Unito e Francia. Confartigianato ha comunicato i maggiori rincari, tra marzo 2020 e marzo 2021, nei metalli di base (+65,75), stagno (+77%), rame (+73,4%) e cobalto (+68,4%). Poi, zinco (+46,7%), nickel (+38,5%,), alluminio (+36%), molibdeno (+32,4%). L’allarme si stende anche alle materie prime energetiche, i cui prezzi a marzo 2021 aumentano addirittura del 93,6% su base annua.

LA RIPRESA E’ A RISCHIO
Lo scossone sembra non cessare, e dei seri pericoli che stanno correndo soprattutto le piccole e medie imprese avevamo già scritto nelle precedenti puntate della nostra inchiesta: per i contratti in corso, stipulati prima dei rincari, si rischia la continuità aziendale; per i contratti vecchi, riguardanti commesse che ci si è portati a casa un anno fa, l’impresa potrebbe rinunciare a fare i lavori. Invece di rientrare lentamente, il problema si estende perché le aziende devono fare i conti con le forniture negate dai grossisti, l’esaurimento delle scorte, i tempi di consegna lunghissimi, l’incremento dei prezzi al consumo, la ricerca di altre filiere di approvvigionamento.
Dunque, fa riflettere la grossa partita aperta dal governo italiano con il Superbonus al 110% e le varie agevolazioni edilizie. La misura, una fra le più strategiche di questi ultimi anni, è pienamente coinvolta dal rialzo dei costi delle materie prime perché molte aziende stanno già chiedendo ai privati di poter adeguare i propri preventivi ai nuovi prezzi. La risposta dei cittadini la si può immaginare.

ALLE STELLE I COSTI SULLE PMI
L’impennata delle materie prime, secondo l’Ufficio Studi di Confartigianato, provocherà un effetto dirompente sui costi sopportati dalle Pmi manifatturiere italiane per l’acquisto di beni necessari alla produzione. Tradotto in denaro, si stima un impatto potenziale di 19,2 miliardi di euro in più. L’aumento colpisce il settore delle costruzioni così come i settori manifatturieri di metallurgia, legno, gomma e materie plastiche, mobili, autoveicoli, prodotti in metallo e apparecchiature elettriche. In questi settori operano 621mila piccole imprese con 1.893.000 addetti, con una elevata presenza dell’artigianato, pari a 435mila imprese che danno lavoro a 1.047.000 addetti.

Sul miglioramento della situazione, la European Steel review (citata da Panorama) è scettica: ipotizza un andamento crescente delle quotazioni dell’acciaio fino alla prima metà del 2021. Il ridimensionamento ci sarà a partire dalla seconda metà dell’anno. Ma i prezzi resteranno ancora alti.