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Cina e Germania in stagnazione: per salvarci serve aumentare la domanda interna

Cina e Germania in stagnazione: per salvarci serve aumentare la domanda interna
Made in Italy

La Cina e la Germania stanno rallentando. Un dato di fatto che ha conseguenze sull’economia mondiale e, in modo particolare, sull’Europa. La stagnazione della Cina, tra le più importanti – se non la più importante – economie mondiale ha riflessi a cascata sostanzialmente su tutto il mondo, Italia inclusa. La stagnazione della Germania, prima economia europea, sta facendo sentire forti i suoi effetti anche sull’industria manifatturiera italiana, che vede nei tedeschi il primo partner commerciale.

Ad illustrare la situazione è Elisa Borghi, docente di International Macroeconomics all’Università Bocconi di Milano. «Il rallentamento di Cina e Germania è dovuto a cause contingenti ma anche a motivi strutturali - evidenzia la docente – Se loro rallentano, gli altri soffrono. Questa però può anche essere l’opportunità per l’Italia di riposizionarsi e conquistare nuove fette di mercato. Serve, però, lavorare per aumentare la domanda interna e non essere così legati a quella estera. Anche l’Europa sviluppi politiche che sostengano gli investimenti nel green e nelle rinnovabili».

LA GERMANIA

Made in Italy

«La Germania ha sofferto per l’inflazione e per l’aumento dei costi dell’energia. Questo perché sono presenti molte industrie manifatturiere, tra cui numerose imprese energivore – spiega Borghi - Ha sofferto la lenta ripresa della Cina dopo il Covid, dato che quest’ultima è il secondo partner commerciale dei tedeschi. Inoltre, ci sono problemi strutturali, legati alla transizione green. La Germania, rispetto ad altri Stati, è in difficoltà sul passaggio ad un’economia più verde. Penso per esempio all’industria dell’automobile, che sulle auto elettriche è in ritardo rispetto ad altri Stati».

LA CINA

«La Cina sta soffrendo per diversi motivi: il fallimento di Evergrande, la riduzione della domanda estera, la lenta ripresa dopo il Covid, la crisi del mercato immobiliare e le tensioni con gli Stati Uniti – sottolinea la docente della Bocconi - Purtroppo, ad oggi, non sembra che il Governo cinese stia portando avanti politiche mirate a stemperare le problematiche geopolitiche e migliorare il rapporto con gli Usa. Dobbiamo dire però che la frenata non ci sorprende del tutto. Era attesa ma più avanti e meno importante. La Cina è cresciuta tantissimo e molto velocemente, investendo molto, soprattutto in tecnologia. È cresciuto il capitale e quando è molto si fa fatica a reinvestire se non aumenta la produttività. Ecco, quindi, la spiegazione del rallentamento». Secondo Borghi, poi, la Cina in futuro dovrà fare i conti con l’invecchiamento della popolazione e, quindi” della forza lavoro.

LE CONSEGUENZE SULLA MANIFATTURA ITALIANA

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L’Italia ha nella Germania il principale partner commerciale. Quindi se la Germania rallenta l’Italia soffre per via del calo della domanda estera. Secondo Borghi, i motivi di questo, però, sono da ricercarsi nei problemi strutturali dell’economia italiana. «Se la Germania o la Cina rallentano non dobbiamo festeggiare perché ha un effetto negativo su di noi. In Italia la domanda interna è ridotta e, quindi, le nostre industrie, in particolare, quelle manifatturiere lavorano soprattutto con l’estero. Una riduzione della domanda estera crea grossi problemi anche e soprattutto perché la domanda interna è scarsa. In Italia non cresce la produttività e quindi non aumentano gli stipendi e la domanda interna».

Sul medio periodo, però, l’Italia potrebbe riposizionarsi, inserendosi in settori di mercato lasciati liberi da Paesi come la Cina. «Uno dei problemi più grandi che abbiamo è il mancato aumento della produttività. La conseguenza è che gli stipendi sono fermi da anni, riducendo la domanda interna. Con l’inflazione, inoltre, il potere d’acquisto è ancora minore – evidenzia Borghi - I margini di manovra oggi sono ridotti, lo vediamo anche dalle difficoltà a predisporre la finanziaria da parte del Governo. È però necessario investire, a partire dalle scuole e dalla formazione, per qualificare la forza lavoro in modo che la imprese possano avere lavoratori qualificati, riuscendo così ad aumentare la domanda interna. Così non saremmo più così legati alla domanda estera». Annarita Cacciamani