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Sono troppe le incognite e la ripresa non è garantita: le Pmi temono strette sul credito

Sono troppe le incognite e la ripresa non è garantita: le Pmi temono strette sul credito

La ripresa non è garantita. Fuor di metafora, a fine giugno le vecchie garanzie del Fondo PMI presso il Mediocredito centrale arriveranno a fine corsa. Il “framework” europeo, gli aiuti messi a disposizione da Bruxelles alle imprese per contrastare gli effetti economici da Covid 19, scomparirà per lasciare il posto alle azioni previste dal DL Aiuti. Ma non sarà la stessa cosa: il governo italiano viene lasciato solo a giocare la partita di fronte alla scelta europea di diminuire le soglie di garanzia sui finanziamenti, che passeranno dal cento per cento al 90 a poi all’80%. E la ripresa non è garantita, perché se l’emergenza pandemica è in parte passata, altri sono i problemi che stanno attaccando frontalmente le piccole e medie realtà imprenditoriali. Un effetto domino che lega fra loro il conflitto tra Russia e Ucraina, il rialzo dei tassi di interesse, lo spread impazzito, i colli di bottiglia nelle supply chain, la continua salita dei prezzi delle materie prime, l’inflazione alle stelle. E, ovviamente, le materie energetiche che non lasciano tregua. Anzi, ostacolano.

AUMENTO DEFAULT E STRETTA AL CREDITO: PMI SOTTO ATTACCO
Il rischio di un improvviso aumento del default da parte delle imprese non è scongiurato. Ne scrive "Affari & Finanza" del quotidiano La Repubblica: «Lo scenario attuale è da brividi e mette a dura prova il rapporto con le banche, le quali cominciano ad essere impensierite» da un possibile peggioramento della situazione. Sotto i riflettori ci sono i crediti Stage 2, quelli che stanno a metà strada fra quelli buoni (gli Stage 1) e quelli deteriorati (Stage 3): in questo campo, l’Italia presenta un livello superiore alla media europea e prevede un ulteriore, significativo, incremento dato dalla scadenza dei periodi di preammortamento dei finanziamenti del Fondo Centrale di Garanzia. Gli Npl, che sono la somma tra gli Stage 2 e i 3, ad oggi sono arrivati a 93 miliardi di euro. Gli istituti di credito corrono ai ripari, e lo fanno guardando alle società più piccole e a volte meno attrezzate per sostenere gli scossoni dei mercati. Nella maggior parte dei casi, però, le contromisure portano ad una stretta al credito o a suo costo più alto. E a farne le spese sono proprio le Pmi.

SENZA PIU’ GARANZIE RITORNA IL “RISCHIO CREDITO”
Le nuove iniezioni di liquidità, e la serie di moratorie con le quali si è allungata la scadenza del debito delle imprese, fino a pochi mesi fa hanno aiutato le piccole e medie imprese ad affrontare la situazione e ad evitare le falle di possibili e definitive crisi economiche. Infatti, un quinto del debito delle imprese italiane, per lo più piccole e medie, è coperto da garanzie pubbliche. Uno strumento che ha permesso alle banche di accompagnare la crescita economica. La stessa Banca d’Italia, nei giorni scorsi, ha riconosciuto come il rischio di credito sia sceso a livelli particolarmente bassi, addirittura migliori del 2006, e i depositi bancari delle imprese siano aumentati – tra dicembre 2019 e aprile 2022 – da 365 a 597 miliardi. Le azioni europee, e del governo italiano, sono servite. Ma da qui a pochi giorni, cosa potrebbe accadere?

LE POSSIBILI SOLUZIONI: GARANZIE PUBBLICHE MA ANCHE SOSTENIBILITA’
Rinegoziare e allungare la durata dei finanziamenti – da 5 a 10 anni - sembra essere la migliore soluzione per evitare un collasso nel sistema imprenditoriale italiano. Magari rivedendo le regole dell’Eba, l’Autorità bancaria europea, che rende più difficile questi allungamenti. Da un lato, quindi, si fa ritorno alle garanzie pubbliche e alle rinegoziazioni del debito ma, dall’altro, si deve guardare anche all’impegno che le imprese, comprese le Pmi, devono prendersi sul lato sostenibilità. Perché è proprio l’Unione europea a chiedere alle banche di gestire il rischio Esg (ambiente, società e governance) e, di conseguenza, di valutare le imprese dal punto di vista dell’impatto climatico (in questi ultimi tempi sempre più al centro dell’attenzione) e della sostenibilità. Ce la faranno le Pmi? Non tutte, ma la questione è un’altra: elaborare progetti, proporre azioni e adeguarsi ai nuovi parametri Esg avrà un peso positivo sul rating bancario e i finanziamenti avranno un costo inferiore.

BANCHE E SOLO BANCHE?
Il sistema di finanziamento italiano è bancocentrico: nonostante la nascita di fondi di credito, fondi di private equity, Fintech, al centro della vita delle imprese è sempre rimasta la banca. E’ stata questa ad erogare il grosso del credito, anche se negli ultimi anni molti prestiti non si sarebbero potuti fare senza le garanzie pubbliche. Però, "Affari & Finanza" chiude con alcune riflessioni: «Le Pmi italiane sono in grado di rimborsare i prestiti senza usufruire delle garanzie statali? Le banche possono continuare a finanziare le Pmi senza queste garanzie?». Una risposta c’è e sta in una sola parola: patrimonializzazione. Ne aveva già parlato mesi fa, in un podcast di Imprese e Territorio, Stefano Caselli, professore di Economia degli Intermediari finanziari e prorettore di Affari Internazionali all’Università Bocconi di Milano.