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Transizione 4.0 e aliquote dimezzate. L'esperto: «E' per accelerare»

Transizione 4.0 e aliquote dimezzate. L'esperto: «E' per accelerare»

Le imprese italiane, soprattutto le piccole e medie, ne hanno ancora bisogno. E lo avevano dimostrato ampiamente quando l’allora Piano Industria 4.0 (varato nel 2016, finanziato con la Legge di Bilancio 2017 e poi riconfermato in quelle del 2018 e 2019), ora Piano Transizione 4.0, aveva preso il via: poter contare sulla certezza di investire, con incentivi statali, nel rinnovo dei macchinari offriva la garanzia di guardare ad un orizzonte di più ampio respiro attraverso una programmazione funzionale alle nuove sfide dei mercati. In più, di fronte ai cambi repentini delle tecnologie, e delle richieste dei clienti, il credito di imposta Formazione 4.0 si trasformava in leva competitiva per offrire ai propri collaboratori strumenti sui quali puntare per acquisire competenze sempre più elevate.

Ora, il 2023 rischia di portare ad un forte ridimensionamento degli investimenti e della capacità reattiva delle imprese. Perché dal 1° gennaio i crediti di imposta per i beni strumentali e per la Formazione 4.0 non saranno più in vigore. E quelli per i beni strumentali immateriali tecnologicamente avanzati (cloud computing, potenzialità di calcolo, raccolta e gestione dei dati, cybersecurity) potranno essere utilizzati ma con aliquote dimezzate rispetto al 2022.

DIMEZZATI I CREDITI DI IMPOSTA PER I BENI MATERIALI
Nei prossimi giorni il governo dovrebbe dare il via ad un confronto sul tema per rimettere ordine agli incentivi attraverso un provvedimento dedicato. Per il 2023, però, queste saranno le aliquote per gli investimenti in beni materiali:

  • Dal 40% al 20% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • Dal 20% al 10% fino ai 10 milioni di euro
  • Dal 10% al 5% fino ai 20 milioni di euro

IL TAGLIO AI SOFTWARE 4.0
Per quanto riguarda i beni immateriali, quindi software 4.0, sugli investimenti fino ad 1 milione di euro il credito di imposta scende dal 50% al 20%.

COLPITI ANCHE I BENEFICI PER R&S
Si dimezzano, inoltre, anche gli aiuti per l’attività Ricerca & Sviluppo:

  • Il credito di imposta per ricerca fondamentale, industriale e sviluppo sperimentale scende dal 20% al 10%
  • Il tax credit per innovazione tecnologica 4.0 e green passa, invece, dal 15% al 10%

CANCELLATO IL CREDITO PER FORMAZIONE 4.0

Formazione 4.0

La Legge di Bilancio non ha concesso alcuna proroga al credito di imposta per la Formazione 4.0. Eppure, gli investimenti in beni materiali e immateriali vanno di pari passo con un percorso formativo che deve puntare a migliorare le competenze dei collaboratori in linea con quanto richiesto dai mercati. La competitività delle imprese, quindi, si gioca su quel lifelong learning che oggi sta sempre più alla base di una crescita che si abbina a professionalità più specializzate e dinamiche.

Secondo quanto riportato da Agenda Digitale, nell’Unione europea, a causa della mancanza di competenze, attualmente sono ancora vacanti ben 756.000 posti nel settore ICT (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione). In Italia – fonte Rapporto Excelsior – entro il 2025 una quota pari al 60% dei lavoratori dovrà avere competenze green o digitali: il mercato del lavoro avrà bisogno di almeno 2,2 milioni di nuovi lavoratori in grado di gestire soluzioni e sviluppare strategie ecosostenibili e di 2 milioni di lavoratori in grado di saper utilizzare il digitale. Secondo il World Economic Forum (The Future of Jobs Report 2020) nove lavori su dieci nel 2030 richiederanno digital skills avanzate.

MINI PROROGA PER STRUMENTI DIGITALI
L’unica concessione della Manovra del governo è la miniproroga, di tre mesi, per la consegna dei beni strumentali digitali per i quali è stato versato al fornitore, nel 2022, un acconto di almeno il 20%. Per beneficare dell’incentivo, le imprese dovranno farsi consegnare il bene fino al 30 settembre 2023 e non più fino al 30 giugno.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE IL PIANO TRANSIZIONE 4.0
Le dichiarazioni dei redditi dell’anno d’imposta 2020 dicono che quasi 14 mila imprese hanno effettuato investimenti in beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati.
Gli investimenti sono stati effettuati:

  • Per il 13,3% dalle microimprese
  • Per il 33,7% dalle piccole
  • Per il 31,6% dalle medie
  • Per il 21,3% dalla grande impresa

I settori che hanno sfruttato di più i crediti di imposta sono stati il manifatturiero (soprattutto la fabbricazione di prodotti in metallo), la produzione di macchinari, l’alimentare, la gomma e plastica, i servizi di commercio e sanità.

Anche i dati sulle compensazioni da modello F24 confermano il diffuso apprezzamento delle misure del Piano: nel 2021 sono stati più di 51mila i soggetti che hanno beneficiato del credito per i macchinari 4.0 (il dato è relativo agli investimenti effettuati nel biennio 2020-21), oltre 4mila quelli che hanno acquistato software avanzati e, rispettivamente, poco più di 12mila e poco meno di 13mila le imprese che hanno fatto ricorso al credito ricerca, sviluppo e innovazione e al credito formazione 4.0.

 

L’analisi di Marco Taisch

Marco Taisch

Professore di Ingegneria Gestionale
al Politecnico di Milano
Responsabile Scientifico
dell'Osservatorio Industria 4.0

 

La diminuzione delle aliquote relative al credito di imposta era già stata delineata nella precedente Legge di Bilancio 2022, e da uncerto punto di vista la scelta ha una sua logica: il messaggio che il governo vuole comunicare alle imprese è quello dell’urgenza. Il tema dell’innovazione è a tal punto importante che non ci si può permettere di attendere oltre. Non si può aspettare.
Diversa, invece, è la mia riflessione su Formazione 4.0: credo che su questo tema siano necessario un investimento continuo perché è questo a fare la vera differenza nell’ambito della competitività. Ancor più di quanto si possa fare con l’acquisto di tecnologie nuove. Non supportare la formazione è inopportuno, perché quando si risolverà il caos generato dai prezzi dell’energia e del gas, delle materie prime e delle tensioni inflattive, la vera “materia prima” sulla quale scommettere saranno le persone. Il loro contributo sarà più che significativo per evitare di entrare in un tunnel.

Per trasformare la fabbrica di oggi in fabbrica del domani è fondamentale mettere sulla stessa linea gli investimenti in software e quelli che portano nuove competenze. E’ vero che i prodotti escono dalle macchine, ma il valore aggiunto che si porta a casa un’azienda con un collaboratore adeguatamente formato è più alto di quello che può dare un tornio che gira più veloce. La competitività non si gioca sul fronte della meccanica, ma sul fronte digitale e delle professionalità grazie alle quali leggere e interpretare i dati forniti dalle macchine. Nella fabbrica del domani si userà più il cervello e meno le braccia. Provocando, dico che la parte tecnologica manifatturiera si trasformerà in commodity, mentre l’analisi dei dati sarà il vero vantaggio dell’impresa.

Il punto sul quale riflettere, però, non è solo la questione economica-politica del Piano, ma anche quella culturale. Dal momento in cui furono messi a disposizione gli incentivi con la prima versione di Industria 4.0, il governo puntò sulla consapevolezza che le imprese avrebbero dovuto acquisire sul fronte dell’innovazione. Quindi, il Piano voleva aiutare e guidare le aziende verso una direzione precisa. E in questa scelta rientrò anche la decisione del governo Draghi di formare due Ministeri distinti: quello della Transizione ecologica e quello della Transizione digitale. Temi così importanti da dovercisi dedicare due strutture diverse. La questione era mediatica allora come lo è oggi. Il messaggio è questo: i tempi per varare quest’ultima Legge di Bilancio erano stretti, ma il governo si riserva di ragionare su Industria 4.0 con più calma proprio perché la considera di assoluta importanza.