Quando torneremo alla normalità? La formula del matematico tra variabili, vaccini e voglia di uscire dal Covid
Le formule della normalità non ci sono. Parola di matematico. Giovanni Sebastiani è primo ricercatore presso l'Istituto per le Applicazioni del Calcolo "M. Picone" del Consiglio Nazionale delle Ricerche e si occupa di modelli e metodi stocastici e statistica bayesiana per applicazioni in Medicina e Sismologia
Le formule della normalità non ci sono. Parola di matematico. Giovanni Sebastiani è primo ricercatore presso l'Istituto per le Applicazioni del Calcolo "M. Picone" del Consiglio Nazionale delle Ricerche e si occupa di modelli e metodi stocastici e statistica bayesiana per applicazioni in Medicina e Sismologia.
Professore: ma quando torneremo alla normalità? Gli imprenditori vogliono sapere, chi gestisce un’azienda ha la possibilità di sfruttare nel quotidiano calcoli predittivi, o modelli che permettano di avere una base scientifica solida per sapere quando tutto tornerà alla normalità… «Purtroppo è molto difficile elaborare modelli validi per sapere cosa accadrà sulla base degli elementi in nostro possesso in questo momento. L’anno scorso durante il lockdown ero riuscito a realizzare un modello globale per fare previsioni anche a un mese, ma oggi le cose sono molto cambiate e non è possibile andare oltre le due settimane. Almeno, non con un fondamento di credibilità scientifica».
LA VARIABILE SONO LE VARIABILI DEL VIRUS
Cambia l’orizzonte quotidiano, cambia dal momento in cui questo articolo viene scritto a quello in cui verrà letto, ma questa primavera, qualche elemento che lasci presagire la normalità, non lo sta mostrando? «Sono troppe le variabili da considerare in un calcolo di questo genere. Con un gioco di parole è possibile sostenere con certezza che ad oggi la madre di tutte le variabili è costituita proprio dalle variabili del virus che rappresentano una grande incognita sia sul piano della diffusione, sia sulla possibile resistenza ai vaccini. Esiste in questa primavera una variabile legata alla coda lunga del freddo e alla capacità di vaccinare che si traduce nella possibilità di raggiungere e proteggere in maniera efficace le categorie fragili e di comorbidità che rappresentano la vera sfida da raggiungere. È possibile dal punto di vista matematico lavorare su modelli quantitativi che tuttavia in questo periodo possono venire stravolti dall’irrompere sulla scena di nuove varianti o di tendenze legate ai vaccini: gli stop ad AstraZeneca per esempio hanno rappresentato una variabile inaspettata che influisce fortemente non solo sulle somministrazioni, che in alcuni momenti hanno segnato il passo, ma anche sulle scelte dei singoli».
LA RIPRESA E' A SCACCHIERA
Ma non tutto è perduto, nell’orizzonte delle decisioni da prendere, specialmente per chi ha responsabilità gestionali e d’impresa che debbono cioè fare i conti con mercati suscettibili ai danni sulle filiere che le variazioni del virus possono produrre. Inevitabile il virare del discorso nei meandri della geopolitica. «Esistono sul fronte economico alcune valutazioni che possono rientrare nei modelli previsionali e riguardano paradossalmente l’andamento delle vaccinazioni negli altri Paesi: la corsa ai vaccini negli Usa porterà verosimilmente a vaccinare rapidamente quasi 400 milioni di persone se si comprende anche il Canada. Ma una volta che le vaccinazioni saranno completate in Nord America, una ripresa economica sarà possibile solo con la normalizzazione del resto del mondo».
Una tendenza che si delinea in modo chiaro con le scelte dell'amministrazione Biden che ha di recente richiamato in servizio Gayle Smith, la «zarina anti Covid», come è stata ribattezzata dalla stampa e che avrà il compito di rispondere alla (spregiudicata) politica estera vaccinale di Paesi come Russia e Cina con la diplomazia dei vaccini da destinare alle aree più depresse del pianeta immettendo la riserva vaccinale statunitense quantificata in 100 milioni di dosi, che l’amministrazione federale ha già acquistato in più rispetto alle necessità del gigante a stelle strisce. A casa nostra la questione dei numeri si traduce da vicino nella capacità di implementare le vaccinazioni arrivando alla fatidica soglia delle 500 mila inoculazioni quotidiane promesse per la fine di aprile dal Governo.
VACCINARE I FRONTALIERI
«Prevedere la ripartenza del Paese può voler dire anche definire una strategia valida a livello territoriale». E qui i numeri entrano in gioco in maniera molto nitida. «Dalle analisi dei dati che si riferiscono per la nostra riflessione nel periodo che va dal 9 marzo al 5 aprile emerge per esempio un quadro piuttosto chiaro sulle curve legate ai nuovi casi ogni 100 mila abitanti e si evince nettamente come le curve di numerose provincie di confine - con Francia, Svizzera e Austria - tendano a non scendere, rimangono cioè piatte. Anche per la provincia di Varese. Analisi simile a quella di aree del Paese durante la prima ondata che sono caratterizzate da grande mobilità come all’intersezione di grandi arterie autostradali. Una strategia per la ripartenza che i numeri sembrano suggerire potrebbe passare dalla vaccinazione dei lavoratori frontalieri. Una scelta che permetterebbe di limitare l’esposizione ai rischi del virus là dove i contatti con diverse comunità possono rappresentare un rischio».