Skill Shortage: perché l’azienda non trova tecnici qualificati
Tra innovazione e dimissioni, il divario di competenze cresce. Ecco cause, rischi e soluzioni per affrontare la crisi del lavoro
Qualora ce ne fosse bisogno, ci ha pensato il Censis a ribadirlo: in Italia mancano tecnici specializzati. Nel 58° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, presentato il 6 dicembre scorso, l’Istituto di ricerca sottolinea la difficoltà di trovare quasi la metà delle figure necessarie per le assunzioni previste.
I dati annuali sui fabbisogni di personale delle imprese private dei settori industriali e dei servizi evidenziano che tra il 2017 e il 2023 la quota di figure ritenute di difficile reperimento è passata dal 21,5% al 45,1% del totale. È aumentato inoltre il peso delle figure difficili da reperire per esiguità dei candidati che passano dal 9,7% del totale delle assunzioni previste del 2017 al 28,4% del 2023.
La scarsità dei candidati, a partire dal 2021, è diventata la componente principale delle difficoltà di reperimento, superando la più tradizionale inadeguatezza dei candidati: nel 2023 quest’ultimo aspetto è riscontrato dalle imprese solo nel 16,7% dei casi. Sono di difficile reperimento per esiguità di candidati under 29 il 34,1% delle figure professionali intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione e il 33,3% delle professioni tecniche.
Nel 38,9% dei casi non si riescono a trovare giovani che vogliano lavorare in una impresa e lì specializzarsi. La penuria di manodopera specializzata investe, ovviamente, il comparto industriale in senso stretto, che registra una carenza del 40,6% di operai metalmeccanici e installatori/manutentori di attrezzature elettriche ed elettroniche. A mancare all’appello, nel 38,5% dei casi, sono pure i candidati sufficienti a ricoprire il ruolo di conduttori di veicoli o macchinari mobili e di sollevamento. Abbiamo affrontato il tema con Giovanna d’Elia, docente di Organizzazione Aziendale all’Università degli Studi di Napoli Federico II e Hr Director di Focus Consulting.
LA CRISI DELLE COMPETENZE TECNICHE

L’innovazione tecnologica, i processi di digitalizzazione e, in generale, tutte le dinamiche che determinano rapidi cambiamenti nel mercato del lavoro stanno alimentando il fenomeno dello skill shortage e del talent shortage, una delle principali sfide che le organizzazioni e le aziende sono chiamate ad affrontare», spiega d’Elia.
Si tratta di «un fenomeno ormai evidente, alimentato anche dalle cosiddette Great Resignation, caratterizzate dal progressivo aumento delle dimissioni dei lavoratori dal proprio impiego a causa di un senso di insoddisfazione determinato dalle motivazioni più svariate e, in particolare, dal bisogno di appagare le proprie ambizioni ed esigenze altrove».
«L'attuale carenza di lavoratori e competenze qualificate interessa le aziende di tutto il mondo», evidenzia la docente, «secondo uno studio di Mckinsey, l'87% delle aziende ha già problemi ad acquisire persone competenti di cui ha bisogno o prevede di averli in futuro. Per affrontare tali criticità, le aziende devono ripensare e adattare le proprie strategie HR (Human Resources). Da un lato, per riuscire ad attirare nuove competenze e selezionare i migliori candidati; dall’altro, per trattenere in azienda le migliori risorse».
«Il termine "skill shortage" indica la mancanza di competenze specifiche richieste in un determinato ruolo e/o settore, mentre il termine "talent shortage" si riferisce alla scarsità di talenti disponibili sul mercato del lavoro», spiega.
«Questi due fenomeni, che sembrano interconnessi, si riferiscono a sfide diverse che le organizzazioni devono affrontare quando cercano di assumere nuovi dipendenti o gestire le risorse umane già presenti nell’organico». Lo skill shortage si verifica quando la forza lavoro disponibile non possiede le competenze richieste per svolgere ruoli specifici. Questo può essere dovuto all’evoluzione delle tecnologie, dei processi o dei mercati che impongono alle aziende competenze sempre più avanzate e specializzate.
Il talent shortage, invece, si riferisce alla crescente difficoltà da parte delle aziende nel trovare professionisti qualificati in diversi settori lavorativi. Questo fenomeno evidenzia un divario crescente tra la domanda di talenti specializzati e l'offerta effettiva di candidati disponibili sul mercato del lavoro.
CAUSE E POSSIBILI SOLUZIONI

«Le cause che in questi anni hanno contribuito ad alimentare il fenomeno del talent e skill shortage sono numerose», prosegue d’Elia, «derivano dai cambiamenti tecnologici e digitali che stanno investendo il mondo del lavoro ad un ritmo sempre più veloce. È importante conoscere le ragioni alla base della carenza di lavoratori e competenze qualificate e della tendenza dei lavoratori a cercare un nuovo lavoro. Solo comprendendole, infatti, è possibile sviluppare strategie HR ad hoc». «Retribuzione e benefit aziendali non soddisfacenti rappresentano una delle cause principali del talent e skill shortage. Quando le aziende non offrono salari competitivi o pacchetti di benefit adeguati alle aspettative dei lavoratori, rischiano di perdere talenti preziosi», esemplifica la docente esperta di risorse umane e organizzazione del lavoro.
«I lavoratori e le lavoratrici cercano retribuzioni in linea con le loro competenze, le responsabilità del ruolo che ricoprono e il costo della vita. Allo stesso tempo, ritengono che il welfare aziendale e i benefit (flexible benefit o fringe benefit) siano essenziali per migliorare il loro benessere complessivo», osserva.
«Questi aspetti influiscono negativamente sull'attrattività di un’azienda e rendono le offerte di lavoro meno competitive, spingendo i professionisti a rivolgersi ad altri datori di lavoro maggiormente in grado di soddisfare le loro esigenze».
«Un altro fattore rilevante che influisce sui fenomeni del talent shortage e dello skill shortage è la mancata corrispondenza tra i valori dei lavoratori e quelli dal datore di lavoro. In particolare, per quanto riguarda questioni sociali e ambientali (sostenibilità, etica, inclusione, equità, …)», fa presente d’Elia, e «a dare grande importanza a queste tematiche sono soprattutto i più giovani (Millennials e Gen Z), meno disposti a mettere in discussione ciò in cui credono. Quando i dipendenti percepiscono questa distanza, tendono a sentirsi meno motivati e coinvolti. Se un'azienda non riflette i principi condivisi dai propri collaboratori, rischia di perdere candidati e talenti già acquisiti».
OGGI NON SI PUÒ FARE A MENO DELLA FLESSIBILITÀ
«Un’altra causa della carenza di lavoratori e competenze qualificate e della tendenza dei lavoratori a cercare un nuovo lavoro è la mancanza di flessibilità e work-life balance», sottolinea d’Elia perché «i lavoratori di oggi danno priorità alla possibilità di avere maggiore flessibilità, sia in termini di orari che di luogo di lavoro, per raggiungere un migliore equilibrio tra vita professionale e privata». «Le aziende che non offrono la possibilità di lavorare in modalità ibrida o da remoto o che non promuovono politiche di orari flessibili non riescono ad attrarre e trattenere i migliori talenti e rischiano di perdere personale qualificato in favore di datori di lavoro che offrono condizioni più compatibili con le esigenze dei lavoratori», conclude l’esperta. Giuliano Longo