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Come sbagliare le previsioni di vendita

Come sbagliare le previsioni di vendita
Previsioni di vendita

Toppato il budget 2023, in quanti abbiamo pensato “se l’ha sbagliato Volkswagen posso sbagliarlo anche io?

Quanta consolazione abbiamo trovato per nostri errori di valutazione, di fronte alla notizia che il colosso della precisione e della solidità tedesca ha sbagliato le previsioni di vendita delle sue auto elettriche di una cifra mostruosa del 30%?

Questo cinico apprezzamento per le disgrazie altrui, tra l’altro incarnato proprio dalla parola tedesca Schadenfreude, è ora tanto diffuso quanto è diffusa e tristemente condivisa la propensione a sbagliare le proprie previsioni di vendita annuali.

Le sbagliamo in tanti.

Ma come?

NON FARLE

Il peggiore errore, prima ancora di sbagliarle, è non farle.

Infatti, ancora tante imprese considerano questa pratica una sicura perdita di tempo, perché pensano “tanto il titolare ha tutto in mente” o peggio ancora “tanto è inutile farle, dato che verranno immancabilmente stravolte dal mercato”.

L’errore in questo caso non è tanto non farle, quanto pensare che siano un’attività che beneficia – oppure mette sotto stress – solo chi vende, dal commerciale al marketing alla comunicazione, e non anche le divisioni che realizzano prodotti e servizi.

Le previsioni di vendita, infatti, non vincolano solo le promesse di chi vende, ma in modo molto robusto possono diventare e diventano un limite di spesa per le aree della nostra impresa che investono e producono. Dalle previsioni si dovrebbe quindi contingentare, a scendere, tutto il pacchetto dei costi.

NON DAR LORO VALORE

Previsioni di vendita

Per questo, sottovalutare la pratica di fare le previsioni di vendita e farle bene è un errore prima di tutto di tipo informativo: non si attribuisce al farle il valore informativo inestimabile che possono avere sulle previsioni di spesa e di costo.

Non solo i costi di produzione, di approvvigionamento, di scorta e magazzino. Ma soprattutto tutti quei costi derivanti dall’obiettivo di quel totale di vendite previste e dall’implementazione della strategia e della tattica per realizzarle, e provenienti da queste domande:

  • quanto ci costa contattare e “stimolare” ogni cliente?
  • quante volte comunico con lui per chiudere un contratto e con quali strumenti?
  • quanto costa chiudere un contratto?
  • quanto tempo ci vuole per farlo?
  • quali e quante persone servono?

Il valore informativo delle previsioni di vendita, dunque, chiama a raccolta tutto un pacchetto di informazioni che emergono da una stretta valutazione interna all’impresa, e che viene incrociata con una valutazione molto aleatoria e spesso costosa, che viene dall’esterno.

FARLE A METÀ

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La ricetta informativa migliore, quella utile a sbagliare meno è infatti doppia. È composta da informazioni interne ed anche esterne, da informazioni dure e anche morbide. Un errore fatale è quindi prenderne solo una metà, quella più comoda, oppure quella più a portata di mano o meno “dolorosa” e cruda.

È difatti rischiosissimo farle derivare solamente da valutazioni interne, originate da tutte le persone a contatto con i clienti e con il mercato, oppure che hanno in mano i numeri e i database di vendita degli anni e dell’anno di vendita precedente ed il portafoglio clienti.

Così come è rischioso fare l’opposto e costruirle solo su ricerche o valutazioni esterne.

Allo stesso modo è un rischio impostarle solo sui numeri duri e freddi, sulle statistiche e sulle analisi numeriche anche quando sono supportate da sistemi di calcolo e di proiezione brillanti (persino dall’Intelligenza Artificiale), così come sicuramente fanno ed hanno fatto molte case automobilistiche, non solo quella di Wolfsburg qui citata.

Altrettanto rischioso è poi costruirle solo sulle utilissime impressioni e sensazioni umane, benché sensibilissime ed esperte.

INTERPRETARE SOLO L’IMPRESA

Previsioni di vendita

Una variante semplice di questo errore considera infatti solo una delle due parti importanti.

Già è estremamente difficile interpretare il comportamento del cliente. È costoso contattarlo e comunicare con esso, comprenderne le variabili decisionali, la disponibilità economica, l’andamento complessivo della sua attività o della sua vita di consumo, i suoi problemi. In una frase: il senso del cliente.

Interpretarne ognuno e imbastire un insieme di informazioni per arrivare ad interpretare correttamente e verosimilmente il mercato è altrettanto costoso e rischioso. Ma corrisponde solo ad una delle due metà indispensabili al compimento di una sensata previsione.

Spesso, appunto, si adempie a questa sola parte esterna lasciando fuori l’interpretazione che viene dall’impresa, quella interna. Oppure si fa il contrario, ed accade quando i vari responsabili “danno i numeri” sulla base di sensazioni o valutazioni chiusi in ufficio, senza aver raccolto le vibrazioni arrivate proprio dai clienti.

Magari i più grandi, magari i più rappresentativi del mercato…

CORREGGERE SOLO IL PASSATO

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Questa doppia entrata di informazioni è tra l’altro il denominatore comune del sistema più diffuso e che di solito funziona con il metodo di correggere il passato con il futuro e si sviluppa abitualmente in questo modo ordinato:

  1. un capo che ha in mano “i numeri” passati li predispone riservatamente per una debita correzione, partendo da quelli dell’anno precedente;
  2. sollecita poi e vigorosamente i capi di settori o servizi o prodotti o aree a consegnargli presto una previsione dell’anno a venire, il più possibile precisa ed il più possibile ottimistica;
  3. c’è poi uno scambio di comunicazioni, di mail o telefonate, che vale come stimolo “forzato” a consegnare numeri più ambiziosi per il futuro;
  4. finalmente i dati consegnati sul futuro vengono confermati, e sono incrociati con quelli dell’anno precedente;
  5. assemblati, aggiornati e corretti (spesso con una punta di fantasia) dovrebbero diventare vincolanti per premi e bonus, ed anche per i costi. Ma spesso non accade per nessuno dei due elementi.

È una sequenza molto usata ed oliata: si prendono i numeri del passato e si correggono col futuro.

Ed apparentemente si tratta di una prassi che ha tutte le carte in regola.

Perché no?

Eppure, ha il grande limite di interrogare solo il passato. E si manifesta quando non si chiede nulla ad alcun responsabile sui numeri provenienti dal futuro. Che per essere capito ha bisogno anch’esso di una altrettanto precisa serie di domande.

Dunque:

Perché mi hai dato questi numeri di vendita?

Come pensi di arrivarci?

Su quali strumenti ed azioni punterai per raggiungerli?

Perché questi sono più alti e invece questi più bassi? 

Di quali e quante azioni di marketing e comunicazione pensi di aver bisogno per realizzarle?

Come pensi di programmare e suddividere i tempi di azione per ottenere questi numeri?

Che differenze ci sono con le attività passate?

IL FUTURO È UNA TERRA STRANIERA

Previsioni di vendita

Che si utilizzino dunque metodi quantitativi o qualitativi, numeri freddi e valutazioni sensibilmente di pancia, analisi della forza vendita o di soggetti esterni, regressioni lineari o medie mobili, il futuro è e rimane una terra straniera, pertanto incognita e mutevole.

Ed è lì che vivono le nostre previsioni di vendita.

Come le previsioni del tempo, le previsioni dei rischi e di tutto ciò che è carico di aleatorietà.

Le cui incognite influenti sono infinite.

Dal numero dei consumatori alla loro l’età (come per il settore auto), dal loro reddito alle loro posizioni nella filiera, fino alle incertezze normative, alla crisi di un paese connesso con il nostro prodotto o servizio, e perfino alle condizioni climatiche.

L’obiettivo, infatti, è quello di convogliare l’impegno per l’anno successivo in una direzione il più possibile precisa e caricata il meno possibile di errori e di incognite. Sbagliare le previsioni non significa solo vendere o guadagnare meno, ma soprattutto aver distribuito e dosato male le proprie risorse.

Farle con scarso impegno le rende poco credibili e vincolanti ancor prima di averle incrociate con le vendite realizzate l’anno successivo. E farle male non impegna le persone che a cascata dovrebbero modificare il loro lavoro ed il loro comportamento sulla base di quel numero.

I metodi per sbagliarle sono dunque infiniti.

Quelli per sbagliarle meno pochi e con poche regole da cui non si dovrebbe derogare.

Anche se restano previsioni. E in quanto tali presuntuose.  

Antonio Belloni
Coordinatore Centro Studi Imprese Territorio