Delegare è un’arte che fa bene all’impresa

Responsabilizzare i dipendenti è indispensabile per ogni imprenditore che vuole veder crescere la propria azienda. Anche gli sbagli devono essere condivisi all'interno dell'organizzazione, al pari del buono che è stato fatto per far crescere l'azienda. Altrimenti il rischio è che i collaboratori e i dipendenti si sentano inadeguati di fronte all'imprenditore

Responsabilizzare i dipendenti

Come responsabilizzare i propri dipendenti e affidare loro responsabilità vere e concrete che possano farli crescere ed essere più proattivi in azienda? Domanda che, nell'epoca delle “grandi dimissioni”, affrontano il tema dell'impatto e a cui prova a dare delle risposte, e dei suggerimenti su come agire Michele Manara, co-founder di Mentor&Faber.

Per l'esperto il tema esiste, è sempre esistito, ma oggi viene maggiormente percepito e viene finalmente portato a galla. Molto dipende dall'atteggiamento paternalistico che tende a permeare le piccole e medie imprese a conduzione familiare. L'idea che l'azienda, il cui fulcro è la famiglia e in cui i ruoli chiave tendono ad essere tramandati per via ereditaria, debba essere una “grande famiglia” o una “famiglia allargata”. Dimenticando che le regole d'ingaggio che vigono in una famiglia sono diverse da quelle di un'azienda. E che il paternalismo tende a deresponsabilizzare: “prevedo il tuo errore e ti dico esattamente cosa devi fare” per portare a termine un compito. Ma senza sbagliare non si cresce, soprattutto sul posto di lavoro.

Responsabilizzare i dipendenti

Come evitare di cadere in questo errore? Occorre lavorare in primis su due binari: l'organizzazione e la cultura della delega.

  • Organizzazione: ogni azienda, anche la più piccola, deve avere ben chiaro chi fa che cosa e qual è lo scopo di ciascuna funzione aziendale.
    • Occorre passare dalla mansione allo scopo: ogni persona ha un ruolo e ogni ruolo ha uno scopo. Il che comporta che se un'azione è coerente con lo scopo che mi pongo, la metto in pratica, al di là del mansionario;
    • Dalla condivisione dei compiti all'affidamento delle responsabilità: se questa è chiara, non ci sarà alcun dubbio se devo o non devo compiere un'azione.
  • La cultura della delega e l'accettazione dell'errore: responsabilizzare un dipendente o un collaboratore significa anche tollerare che possa compiere degli errori (che per l'imprenditore sono sempre monetizzati).
    • Le persone si responsabilizzano solo se si sentono libere di poter rischiare e sbagliare. È come quando si impara a camminare: finché si rimane aggrappati al “girello” e non si è liberi di cadere non si riuscirà a compiere i passi da soli.
    • Si inizia affidando compiti di responsabilità e verificando i risultati. Man mano che la persona cresce, il margine di rischio aumenta. Ma senza la pazienza e la lungimiranza di far compiere questo percorso di crescita, un dipendente non sarà mai responsabilizzato.
    • Bisogna saper fare un passo indietro quando serve, invece che interferire e prevenire gli errori dicendo quello che un dipendente deve fare. Nel breve periodo può comportare qualche rischio, ma nel lungo periodo genera benefici.
Responsabilizzare i dipendenti

Ma ci sono anche altri aspetti da tenere in considerazione per poter creare un ambiente di lavoro che non sia viziato dal “paternalismo” e che porti alla responsabilizzazione dei propri dipendenti.

  • Chiarezza nel rapporto con i familiari che lavorano all'interno dell'azienda:
    • Serve equilibrio, con la consapevolezza che i legami parentali e affettivi devono sempre essere riportati all'organizzazione aziendale. L'imprenditore deve avere la capacità di analizzare se un determinato comportamento crea o meno danno all'organizzazione, che viene sempre prima di tutto.
    • Al di là dei rapporti familiari, il bene dell'azienda viene sempre prima del personalismo. Perché se le cose vanno bene, è un bene per tutti, e se vanno male, è un male per tutti.
  • Il valore dell'esempio: anche un imprenditore che è partito da zero ha commesso degli errori.
    • Anche gli sbagli devono essere condivisi all'interno dell'organizzazione, al pari del buono che è stato fatto per far crescere l'azienda. Altrimenti il rischio è che i collaboratori e i dipendenti si sentano inadeguati di fronte all'imprenditore. È un modo per umanizzare il rapporto e ridurre la distanza tra l'imprenditore e i suoi dipendenti.
  • Il gioco di squadra: il valore delle persone non si misura solo dal talento ma anche dalla capacità di mettere a sistema le esperienze fatte.
    • Il gruppo deve ragionare insieme su quali passaggi sono stati compiuti per raggiungere un determinato obiettivo, ma anche su dove si è sbagliato quando non si è riusciti a centrarlo. Dalle esperienze e dagli errori possono nascere opportunità di crescita e miglioramento: non solo per ammonire che “non si fa così” ma anche per trovare una chiave di lettura diversa per fare la stessa cosa. Mettere a fattor comune le esperienze e le competenze di ciascuno è importante perché aiuta a costruire un modello di azione condiviso ed efficace.