Materie prime, tanta incertezza; agire su cause e rischi strutturali o succederà ancora

Webinar sul tema con l'onorevole Tovaglieri, il presidente di Confartigianato Varese Davide Galli, le principali associazioni di categoria e le imprese. Obiettivo: intervenire subito prima che la crisi si ripeta

IN SINTESI

  • E' in corso l'effetto-frusta: una piccola variazione in un punto della filiera si trasmette i modo amplificato e peggiorativo
  • A causa della carenza di materie prime e del contestuale aumento le imprese rischiano di essere danneggiate nella capacità di fare investimenti, proprio in un momento in cui ci viene richiesto un cambio di paradigma, verso la digitalizzazione e la transizione ecologica
  • Servono scelte strategiche di politica industriale che incrocino i grandi temi della transizione digitale ed ecologica

IL PEZZO COMPLETO

Il prezzo del ferro e dell’acciaio tondo per cemento armato è aumentato in sei mesi del 150%, i polietileni e gli isolanti sono saliti mediamente del 113% e del 128%. Ma non solo, per procurarsi una guarnizione per macchine utensili ci vogliono tre mesi, contro i 5 giorni di prima, per far arrivare una fornitura di polistirolo bisogna aspettare almeno dodici settimane, mentre i componenti elettronici sono diventati quasi introvabili. E i noli marittimi, aumentati dal 30 al 700%.

Sono gli effetti della “tempesta perfetta” delle materie prime, come l’ha ribattezzata l’eurodeputata della Lega Isabella Tovaglieri, membro della commissione ITRE (Industria, Tecnologia, Ricerca, Energia) del Parlamento europeo, che ha promosso un webinar con le imprese sul tema: crisi delle forniture e rincari smisurati, un fenomeno che «rischia di compromettere la ripresa» economica post-pandemia e che genera preoccupazione per la tenuta di un sistema produttivo già duramente colpito da un anno di lockdown e restrizioni.  

«Si sta realizzando quello che chiamiamo “effetto frusta” - spiega Federico Caniato, docente di gestione delle supply chain al Politecnico di Milano - una piccola variazione in un punto della filiera si trasmette in modo amplificato e peggiorativo. In un mondo in cui le filiere sono globali e interconnesse, le fluttuazioni si ripercuotono e vanno a combinarsi con altri fattori di breve e di lungo periodo». L’altalena delle materie prime è solo uno degli effetti: «prima il crollo, con la speculazione, e ora l’impennata, che impatta tantissimo su chi, come noi, è dipendente». Un problema che va ad innestarsi su uno scenario ormai caratterizzato da una «fortissima interdipendenza a livello di filiere», dato che le imprese «comprano tantissimo beni e servizi, dall’80% del fatturato delle grandi al 65% delle micro».

Emblematico in questo senso è il caso della subfornitura - tipica espressione del nostro tessuto produttivo - evidenziato da Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese: «Dal lato fornitori, è bloccata perché deve subire gli aumenti di prezzo e i ritardi di consegna, dall’altro però non può scaricare questi costi sui propri clienti perché ha contratti vincolanti in essere. E quindi si trova in una situazione di grave difficoltà e criticità». Con conseguenze, prosegue Galli, che sono estremamente preoccupanti: «Le imprese rischiano di essere danneggiate nella capacità di fare investimenti, proprio in un momento in cui ci viene richiesto un cambio di paradigma, verso la digitalizzazione e la transizione ecologica. Con il rischio di condannare le nostre imprese ad un’arretratezza tecnologica». E le soluzioni, gli artigiani ne sono consapevoli, «nel breve non ci sono. Saranno necessariamente di medio e lungo periodo. Servono contratti di filiera che tutelino tutto il percorso dalla materia prima al prodotto finito». Ma il problema, per il presidente di Confartigianato, è strutturale: «Non aver messo la manifattura al centro oggi è una delle cause di queste situazioni. Sia l’Europa che l’Italia non si sono mosse per tempo. Ci vuole più manifattura e meno finanza, più economia reale e meno egoismo d’impresa per creare delle catene del valore. Le potenzialità inespresse del nostro tessuto produttivo devono essere fatte emergere: ora più che mai pianificare il futuro è fondamentale».

Un ruolo, quello di un’efficace politica industriale, per il quale viene invocata l’Unione Europea. «Deve esercitare una leadership di lungo periodo, anche a livello di politica internazionale se vuole evitare di rimanere schiacciata» sottolinea l’onorevole Isabella Tovaglieri. Che invoca da parte dell’Italia più pragmatismo di fronte alle sfide che si aprono: «Sulle materie prime, se riuscissimo a fare pace con la nostra coscienza ambientalista più che ambientale entro certi margini potremmo soddisfare in parte il nostro fabbisogno, incentivando e valorizzando quelle filiere di produzione che già ci sono sul territorio, mentre per le materie prime che importiamo a caro prezzo potremmo incidere sul tema del riciclo e del fine vita per recuperare lo spreco dei prodotti tecnologici che buttiamo via».

La politica ascolta le imprese e prova a sintonizzarsi sulle risposte di lungo periodo: «I paesi occidentali nella loro interezza si sono scoperti fragili - rimarca il senatore del Pd Alessandro Alfieri - servono scelte strategiche di politica industriale che incrocino i grandi temi della transizione digitale ed ecologica». Il deputato della Lega Dario Galli aggiunge che «serve il buon senso di portare avanti l’idea che la produzione reale è un patrimonio indissolubile che ogni Paese deve mantenere sul suo territorio», mentre il suo collega al Senato Stefano Candiani sottolinea che «non si esce da questa crisi con un decreto-legge. Burocrazia, infrastrutture e rapporti bilaterali in politica estera sono fattori di competitività».

Insomma, serve un bel “bagno” di cambiamento per risollevarsi. Anche perché per uscire da questa “tempesta perfetta” non c’è una vera ricetta, come ammette il professor Federico Caniato: «Fare previsioni non si può. L’unica certezza è l’incertezza. Di certo per le imprese il monitoraggio, la gestione e la diversificazione del rischio, sia di fornitura sia di mercato, diventano indispensabili per sopravvivere. Perché quando i prezzi delle materie prime e dei trasporti scenderanno, le cause e i rischi strutturali rimarranno».

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