Prima la cultura, poi il digitale. Un’auto senza pilota non viaggia

Cybersecurity, utilizzo dei dati, cultura digitale sono gli elementi chiave dello sviluppo. Ma fondamentale è il personale che va motivato e coinvolto nei processi di cambiamento per farlo sentire attore protagonista e non solo destinatario di decisioni

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Sicurezza, cultura digitale, rapporto con il personale. Le sfide dell’epoca contemporanea pongono l’imprenditore dinanzi a vere e proprie scelte di campo. Ciò che conta, come sempre, è avere ben chiara la rotta e conoscere il proprio ambito.

«Il panorama, nel mondo delle Pmi è composito, al suo interno - conferma il professor Claudio Rorato, direttore di alcuni Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano - Abbiamo aziende che competono prevalentemente sui mercati locali e altre che operano sui mercati internazionali con una cultura evoluta e con l’uso di tecnologie avanzate, quindi occorre tenere conto dei diversi distinguo. Tra i temi centrali, il primo è proprio la cultura digitale, che si sta sempre più dimostrando come il vero volano per far decollare in generale le organizzazioni. Però non basta riempirsi di tecnologia per risolvere i problemi, piuttosto va compreso l’impatto che la tecnologia ha sui modelli di business e relazionali. Se mancano i presupposti culturali si creano quelle situazioni di aziende che hanno partecipato a bandi e ottenuto soldi, però ora sono ferme a chiedersi cosa fare, perché devono rivolgersi a consulenti esterni in quanto manca la progettualità. Non è la tecnologia in sé a risolvere i problemi, a monte ci devono essere programmi tali da individuare non la tecnologia più costosa, ma quella più funzionale».

PRIMA LA CULTURA, POI LA TECNOLOGIA

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Inoltre, per fare un parallelo, «è inutile avere il box pieno di macchine se poi manca il pilota. La cultura digitale - precisa Rorato - sia in fase formativa che di addestramento deve permeare l’azienda, se non nella sua interezza, almeno nei suoi gangli vitali. La tecnologia arriva a seguire, come fattore abilitante. Certo bisogna anche parlare di connettività, cioè l’autostrada che rende possibile tutto. Abbiamo intercettato sacche geografiche anche importanti dal punto di vista dell’industrializzazione in cui le aziende non hanno potuto avviare pratiche 4.0 perché i livelli di latenza della connettività non consentivano una velocità tale per cui le macchine potessero dialogare tra loro».

Fatti salvi questi presupposti, «oggi abbiamo una tecnologia che in realtà alleggerisce e abilita tutte le altre, che è quella del cloud. La piccola e media realtà non può magari permettersi una struttura ben definita di IT all’interno, che significa elevati costi fissi. Può esserci sicuramente un supporto interno, ma ci sono strutture esterne che consentono di alleggerire le aziende, occupandosi di incombenze che chiedono costi e presidi costanti. In più un cloud abilita l’azienda alla collaborazione interna, c’è uno scambio di informazioni veloce senza le personalizzazioni degli archivi sui propri pc, e apre l’impresa al dialogo con il mondo della supply chain, del distretto della filiera e via dicendo».

E ancora, la cybersecurity, «che va fatta percepire che un elemento importante, salvaguarda l’azienda ma eleva anche la sua reputation. Una visione simile porta l’azienda a maturare anche culturalmente». Inoltre, da non dimenticare l’importanza della dematerializzazione documentale e i data analytics, cioè l’uso dei dati per supportare meglio le decisioni ma anche per renderle più veloci. «È più facile a dirsi che a farsi, anche qui prima va sviluppata una cultura del dato. Infine - dice ancora l’esperto - l’apertura che le aziende possono avere nei confronti dei mercati va a toccare il mondo dell’e-commerce, ovviamente con i distinguo relativi al settore di appartenenza. Va detto che l’e-commerce chiede la creazione di una struttura organizzativa pronta ad accogliere anche reclami, restituzioni, pagamenti».

IL MOTORE SONO GLI UOMINI

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Sfide, queste, per gli imprenditori, ma tutto ciò va a fondersi con quello che è il ruolo del lavoratore: «Oggi il vero motore per raggiungere gli obiettivi restano gli uomini, cioè dipendenti, collaboratori e personale in genere verso cui serve una duplice attenzione. Va motivato e coinvolto nei processi di cambiamento per farlo sentire attore protagonista e non solo destinatario di decisioni dall’alto. Secondo elemento, la formazione, da non confondere con l’addestramento. Sarebbe buona cosa vedere più spesso in aula anche gli stessi imprenditori: senza una formazione relativa alla cultura digitale, si rischia di non comprendere appieno la necessità di fare determinati investimenti». Tutto ciò va ad agganciarsi anche al concetto di ecosistema, «che deve mettere l’impresa, anche quella più piccola in cui magari la quotidianità richiede il totale delle energie, nelle condizioni di operare le scelte giuste».