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Tiprografie in crisi, si punti sulla transizione ecologica, ma servono risorse per le imprese

Tiprografie in crisi, si punti sulla transizione ecologica, ma servono risorse per le imprese

Tipografie: fatturati in calo del 40% circa (2020 su 2019) per un settore che, più di altri, ha risentito dell’emergenza Covid. Un dato che conferma le fosche previsioni e lo stato di profonda crisi nel quale versa il settore, rispetto al quale Confartigianato Imprese ha più volte sollecitato interventi mirati al sostegno delle imprese costrette a misurarsi, oltre che con una congiuntura sfavorevole, anche con una serie di dinamiche dipendenti dall’evoluzione dell’approccio del consumatore rispetto all’utilizzo della carta.

Un fenomeno che, come prevedibile, sta costringendo le imprese tipografiche ad un ripensamento dell’offerta e a un riposizionamento che consenta di riaffermarsi sul mercato in funzione di tali mutamenti.

In particolare la transizione ecologica, recentemente diventata centrale nell’ambito dell’azione di Governo, ha consentito a Confartigianato di avanzare proposte mirate ad agevolare il percorso delle imprese impegnate in azioni “green” finalizzate a ridurre l’impatto ambientale delle loro attività, che si ritiene debba essere la strada da percorrere per ricostruire la richiesta e l’appeal nei confronti dei committenti.

Lo scorso ottobre, in proposito, Confartigianato aveva sottoscritto in ASviS (Agenzia italiana per lo sviluppo sostenibile) il patto per la Giusta Transizione, che riserva una particolare attenzione alle piccole imprese, troppo spesso caratterizzate da carenza di capitali propri, deficit manageriali e difficoltà di accesso al credito. Tra gli obiettivi del documento, il superamento – attraverso una serie di azioni mirate all’orientamento di risorse, alla semplificazione delle procedure, all’accesso ai finanziamenti – di tali criticità, che fanno da freno allo sviluppo di una visione strategica e dei conseguenti investimenti e rendono particolarmente difficile per le Pmi affrontare la transizione e il riposizionamento sul mercato.

A sostegno di questo percorso, Confartigianato – in un documento di proposte recentemente inviato al Mise – ha chiesto un incremento dei fondi da destinare all’economia circolare, da rendere disponibili attraverso misure strutturali atte a favorire lo sviluppo del mercato di materie prime seconde, suggerendo meccanismi di incentivazione basati, ad esempio, su fiscalità premianti (riduzione o azzeramento della Tari), sgravi contributivi (Irpef), facilità di accesso al credito a tassi agevolati per le imprese circolari virtuose. Altro provvedimento invocato riguarda la riduzione al minimo degli ostacoli normativi relativi alla classificazione, al trattamento e alla commercializzazione di materiali e sottoprodotti, evitando in tal modo di dover considerare la maggior parte delle tipologie di materiali di scarto come rifiuti.

Tali sollecitazioni sono state ribadite e rafforzate in occasione dell’audizione sul Recovery Plan del 16 febbraio scorso, nell’ambito del quale è stato posto in evidenza come investire sull’economia circolare trasformando i rifiuti in risorse, allungando la vita dei prodotti e favorendo il riuso e il riutilizzo, significhi ridurre il consumo di materie prime naturali con conseguenti effetti positivi sull’ambiente.

In tale ottica è stato richiesto lo stanziamento di un quantitativo di risorse superiore a quello di circa 4,5 miliardi previsto nell’attuale bozza del recovery plan finalizzato alla creazione di un “ecosistema abilitante” che faccia da volano allo sviluppo delle imprese di ogni ordine, grado e dimensione (delle quali oltre il 60% sono imprese artigiane attive) interessate dai processi di economia circolare.

È stata altresì riproposta l’introduzione di un sistema strutturale di incentivi (almeno per un biennio) per le imprese virtuose che preveda un meccanismo fiscale premiante per le imprese circolari che recuperano e riciclano i propri rifiuti e incentivi in euro/tonellate per la produzione di materie prime seconde.