Plastica tritata, macinata, rimescolata, rigranulata. Di seconda vita. Ecosostenibile o bio. Il mondo dei polimeri sta surfando sulle onde di un cambiamento spinto sì dalle nuove normative europee su un uso corretto della platica, ma anche da una cultura che lentamente sta occupando spazi tra i consumatori. Scelte responsabili che mettono sullo stesso piano chi produce e chi acquista alla fine della filiera. La cura dell’ambiente, e l’attenzione alle persone, è un modello sul quale si è concentrata anche l’edizione 2023 di Plast, una fra le più importanti fiere al mondo dedicate all’industria delle materie plastiche e della gomma che si è tenuta nei primi giorni di settembre a Milano. Confartigianato Imprese e Territorio ci è andato per raccontare da vicino come gli imprenditori stanno affrontando il cambio di passo verso un mondo dove la plastica ci sarà ancora, ma sarà diversa.
Matteo, Riccardo e Filippo Chinchio, tre fratelli che hanno preso le redini della Chinchio Sergio Srl di Castiglione Olona, azienda leader nella manutenzione di macchine utensili, nella produzione di particolari meccanici e in quella di macchine per il taglio dei polimeri e delle lastre di acetato di cellulosa, non hanno dubbi nell’affermare che «si inizia a lavorare con le plastiche biodegradabili, e la strada è quella giusta. Ormai si parla abitualmente di prodotti che possono essere rigenerati facilmente nell’ottica di un’economia circolare in grado di dare una seconda vita alla platica». Sulla stessa lunghezza d’onda è Simone Maccagnan della Gimac di Castronno, azienda che produce microestrusori per il biomedicale: «Oggi, in effetti, molti si stanno concentrando sul greenwashing, ma è un campo nel quale muoversi con grande attenzione. Il primo punto sul quale lavorare è la catena del riciclo, che si deve liberare dall’accesso di regolamentazione, e il recupero della plastica attraverso una filiera breve, che fin dall’inizio possa separare i polimeri dagli altri materiali contenuti nel prodotto finale». La sostenibilità? «Sarà alla portata di tutti e di tutte le piccole e medie imprese – conclude il giovane imprenditore – perché ciascuno di noi possiede una sensibilità che gli permetterà di correggere in meglio il proprio comportamento di fronte alle esigenze ambientali». Ed è per questo che le macchine realizzate alla Gimac sono studiate proprio per lavorare, tra gli altri, anche polimeri bioassorbili, polimeri bioattivi o biocompatibili.
Una sensibilità sulla quale fa leva Laura Aliotta, ricercatrice in Scienze dei Materiali e Tecnologia al Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa. Presente a Plast 2023, sottolinea quanto «le imprese stiano sempre più chiedendo soluzioni sostenibili e materiali da fonti rinnovabili. Due le domande più frequenti che gli imprenditori fanno all’Ateneo: un prodotto realizzato con polimeri sostenibili garantirà le stesse performance di un altro realizzato con materia vergine? E quali i costi?». Il punto di forza dell’Università di Pisa è la ricerca sui materiali ottenuti da scarti industriali, o agricoli, dedicati ad una produzione su grande scala. Le due parole sulle quali concentrarsi, e che non sono disgiunte l’una dall’altra secondo una logica strategica, sono competitività e velocità: competere significa adattarsi alle richieste del mercato; essere veloci vuol dire arrivare prima degli altri all’utilizzo di quei polimeri che, già oggi, stanno facendo la differenza nel rapporto tra imprese, fornitori e clienti.
Ancora Laura Aliotta: «L’impresa che non si muove per tempo rischia di perdere terreno nei confronti dei suoi competitor. Ricordiamo, inoltre, che l’Unione Europea rilascia una specie di “bollino verde” a quelle imprese che si dimostrano sostenibili e in grado di ottimizzare le risorse naturali usate in produzione. Comunque, gli imprenditori guardano al futuro della plastica con una certa curiosità». Anche grazie a quello che l’Università può offrire: «Sperimentiamo alcuni mix tra materiali vergini e riciclati e proponiamo anche soluzioni con polimeri ecosostenibili: costano di più rispetto agli altri, ma i clienti dimostrano di voler pagare di più se la filiera e i prodotti sono certificati». Il mosaico green si completa con un ultimo tassello: i criteri ESG. Quegli indicatori che permettono di analizzare l'attività di un'impresa sotto il profilo ambientale, sociale e di buona governance. Le imprese sono pronte? «Diciamo che si stanno muovendo. Anche perché in Italia, nel settore del riciclo dei polimeri, siamo sempre stati all’avanguardia», conclude la ricercatrice.
Però alcune imprese, prima di altre, hanno scelto la via della sostenibilità. E’ il caso della Errepiemme Srl di Parabiago, specializzata nella produzione di materie plastiche e tecnopolimeri e da 40 anni attenta al rispetto dell’ambiente. A parlare è Adalberto Marinoni, responsabile acquisti e vendite: «La sostenibilità è qualcosa di soggettivo: sono poche le persone che ne sanno veramente e poche quelle che la applicano. Lo stesso vale per la plastica: si dice che inquina, ma a mancare è una vera cultura sui polimeri. Essere “green” vuol dire essere meno egoisti, salvare l’ambiente e salvare l’essere umano. E questo lo si ottiene anche dalla rigenerazione delle materie plastiche, dei tessuti o del legno. Bisogna produrre meno ma meglio». Adalberto Marinoni dice che è possibile «vivere meglio, con meno costi e migliori performance. Per farlo, però, bisogna partire non tanto dalle imprese quanto dai consumatori finali. La plastica ha migliorato l’industria e il suo futuro non può essere messo in discussione».
Feti Bahiti, titolare della Recy Technologies Srl con sede in Lomellina, si occupa di «riciclare quella plastica che nessuno vuole riciclare». Sul mercato da tredici anni, è stato il pioniere del riciclo delle reti da pesca. Ma negli anni la sua attività si è estesa anche alla moquette, ai tessuti, ai cd, agli scarti agricoli. E dice: «Amo la natura, ed è per questo che cerco di trovare soluzioni sempre più innovative per rispettarla. Nello stesso tempo, però, so che la plastica è una risorsa e va salvaguardata. Sostituirla non è facile, ed è per questo che bisogna riciclarla nel miglior modo dandole una seconda vita. Le aziende, soprattutto quelle grosse, lo stanno chiedendo e in buona parte dei consumatori noto anche un certo entusiasmo di fronte ai prodotti green. Comunque, la plastica durerà a lungo. Spero che duri a lungo».
Enrico Dellea, progettista meccanico dell’azienda Delsa Srl con sede a Grantola, dice chiaramente che la transizione ecologica «può essere considerata come una minaccia ma anche come un’opportunità». L’azienda, specializzata nella costruzione di macchinari speciali, soprattutto quelli dedicati alla decorazione degli articoli in plastica, si prepara all’onda green con particolare attenzione: «Se si dovesse arrivare ad una riduzione consistente nell’utilizzo dei materiali plastici, la Delsa potrebbe perdere alcune opportunità di lavoro. Ma, costruendo macchinari speciali e isole automatizzate, potremmo anche cogliere questo cambiamento come un’occasione: di fronte a polimeri sempre più performanti, e con caratteristiche sempre diverse, le carte si rimescolano e la nostra azienda potrebbe giocare un ruolo sostanziale nel progettare e mettere a punto processi in grado di rispondere alle più diverse esigenze della sostenibilità. Quindi, accogliamo questa transizione come una sfida».