Il peso del sistema

Come i vincoli strutturali del Paese frenano la crescita delle imprese italiane


Le imprese italiane lavorano in un contesto-Paese che ne frena sistematicamente la capacità di crescita e di creazione di valore. Negli ultimi venticinque anni l'Italia ha registrato una crescita della produttività del lavoro di appena il 2,5%, contro il 9,7% della Francia, il 16% della Germania, il 18% della Spagna e il 19,6% della media dell'Unione europea. Questo divario non dipende dalla capacità imprenditoriale, ma da vincoli strutturali che contribuiscono a livello macroeconomico e microeconomico.

A livello macroeconomico, l'alto cuneo fiscale (47,1% del costo del lavoro) comprime i salari e disincentiva gli investimenti in capitale umano; la rigidità della spesa pubblica, con una spesa per pensioni pari al 16,3% del PIL, sottrae risorse agli investimenti strategici; il sotto-investimento in istruzione (3,9% del PIL contro il 4,7% della media europea) limita la disponibilità di competenze; l'inefficienza della PA e della giustizia agisce come una tassa occulta sulle imprese.

A livello microeconomico si sommano fattori che lavorano sulla singola impresa: l'insufficienza di imprese capofiliera in grado di guidare filiere integrate, il deficit di competenze manageriali, la sottocapitalizzazione, il ritardo nella digitalizzazione, la difficoltà nei passaggi generazionali. Questi fattori si alimentano reciprocamente, generando circoli viziosi che bloccano la crescita.

Il documento analizza la Legge di Bilancio 2026 alla luce di questa diagnosi, evidenziando che la manovra, pur con alcuni interventi positivi sugli incentivi agli investimenti, non affronta le cause strutturali della stagnazione. Viene quindi proposta un'agenda di riforme coordinate che comprende la riforma del sistema fiscale, la riallocazione della spesa pubblica, la semplificazione normativa, una politica industriale per la crescita dimensionale e investimenti massicci in capitale umano.