Alba Plast Snc
alba@alba-plast.it
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C’è una parola che, nei dibattiti economici, è sempre più presente: competitività. Come aumentarla ma, soprattutto, come mantenerla è l’obiettivo di tutti gli imprenditori. Non è un caso che l’incontro con Emanuele Adamoli, dal 2004 alla testa dell’Alba Plast, azienda specializzata nello stampaggio ad iniezione di materie plastiche, saldatura a lama calda e ad ultrasuoni, inizi proprio da qui: «La maggior parte del nostro fatturato conto terzi proviene dal settore della fanaleria per le moto. Negli anni, però, tanto è cambiato: Honda e Yamaha producono in Giappone, mentre Piaggio in Vietnam. Si rischia di essere un po’ meno competitivi». Ma la creatività italiana ha ancora molto da dire. Lo ricorda Adamoli: «Essere competitivi oggi significa aumentare qualità, innovazione, velocità di risposta nella produzione, e lavorare sugli scarti. Che devono essere sempre meno». E’ così che ci si tiene stretti quei brand che in Italia ci sono sempre stati e ci sono ancora.
FANALI, MASCHERE DA SCI E CROSS, OCCHIALI PER IL CICLISMO: FLESSIBILI PER COMPETERE
Ed è così che Emanuele Adamoli affronta gli shock dei mercati causati dalla migrazione di alcune multinazionali in Paesi dove la manodopera costa meno. Ma se da un lato bisogna ripensare e riorganizzare la produzione, dall’altro bisogna puntare sulla flessibilità. Una parola, questa, che piace al titolare perché gli ha permesso di mantenere la produzione dei riflettori per il settore moto (realizzati con materiali ad alta resistenza termica) e dei cruscotti per le moto da cross, ma anche di investire su un prodotto tutto suo – i dispenser per i nastri adesivi (multifunzione, da banco, portatili, usa e getta) – e di inserirsi nei settori dell’occhialeria (strutture in poliuretano termoplastico per maschere da sci e/o cross e occhiali per il ciclismo), ferroviario e dei connettori elettrici.
LA PLASTICA NON E’ LA FINE DEL MONDO
Poco più che quarantenne, Emanuele è ingegnere informatico e in azienda, fondata dai genitori Pietro Adamoli e Pierangela Lucca negli anni Ottanta, si occupa di gestione dei clienti e programmazione della produzione. Quella dei materiali plastici che, ci dice, «non sono il male del mondo. Anzi, se c’è un problema legato alla plastica è dove la si butta. La plastica dissipativa, che si usa per sostituire i dissipatori in alluminio per il raffreddamento, è per esempio più economica di altri materiali ed ha anche un impatto ambientale più basso». Però la ricerca di alternative è continua: «Oggi la sperimentazione è ampia su quei materiali che non arrivano dal petrolio: il PLA, l’Acido Polilattico, è una bioplastica prodotta con la trasformazione degli zuccheri presenti nel mais, nella barbabietola e nella canna da zucchero e in molti casi può sostituire il polistirolo. E’ biodegradabile e compostabile. Ed è cara, perché tante imprese si stanno dedicando a questa fetta di mercato e la materia prima scarseggia: per averla ci sono liste di attesa anche di un anno».
RIGENERARE E RICICLARE, MA CI VUOLE ANCHE BUONSENSO
Quando si parla di riciclo, i costi per rigenerare il materiale originale - per dargli una seconda vita - sono una variabile che fa la differenza: per le imprese e per i consumatori. Ancora Adamoli: «Bisogna cercare di riciclare di più ma meglio, usando anche le similplastiche ottenute da legno e umido, e utilizzare la plastica in modo sensato. Uno fra i maggiori problemi è la distorsione normativa che accompagna il settore: per esempio, la tassa sugli imballaggi utilizzati nel monouso». Ma anche i costi delle materie prime che, di questi ultimi tempi, hanno inciso sui margini fino a portarli vicino allo zero: «Acquistavo il polistirolo a meno di un euro al chilo, poi siamo passati a due euro e cinquanta centesimi per poi ritornare, ad oggi, a un euro e ottanta centesimi. E questo è ancora niente di fronte al rincaro dei tecnopolimeri che ha raggiunto, in alcuni casi, anche il 20%. Il Peek, invece, è sempre stato caro e oggi lo si acquista a ottanta euro/Kg».
STRATEGIE “SU MISURA” PER LAVORARE SEMPRE MEGLIO
Eppure, tra gli alti e bassi delle quotazioni e la plastica “sotto accusa”, questa azienda di quattordici dipendenti (la maggior parte donne, perché «precise e pazienti») reagisce con strategie “su misura”: da un lato la diversificazione di lavorazioni e settori, dall’altro le partnership con clienti e fornitori per mantenere le produzioni sul territorio (Adamoli è convinto che «senza il settore plastico la disoccupazione nel Varesotto sarebbe più elevata») e servire un panel di clienti sufficientemente vasto per garantirsi sempre nuove commesse. In quest’azienda di Castiglione Olona «nessun cliente contribuisce al fatturato per più del 20%». All’interno della filiera della plastica, Alba Plast si colloca nel mezzo: come fornitori ha alcune piccole imprese, mentre come clienti alcune multinazionali. E queste ultime si dividono in due gruppi. A dirlo è il titolare: «Da un lato quelle che chiedono un confronto diretto e che vogliono costruire con noi un percorso, dall’altro quelle che invece ti vengono a cercare solo per poter risparmiare. Con i fornitori, invece, apriamo collaborazioni che aiutano noi e loro a lavorare sempre meglio».