Alfio Lavazza, il dottore delle barche: «Ecco come curo le super boat»

Alfio Lavazza, il dottore delle barche: «Ecco come curo le super boat»

Nautica Lavazza Srl

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Con l’arrivo del Covid, non si è più soli come una barca in mezzo al lago. La pandemia ha popolato gli specchi d’acqua e, per prendere le distanze dal virus, «c’è chi si è comprato il barchino da 40 cavalli e ha preso il largo. L’usato sul mercato non esiste più e la Mercury consegnerà i motori il prossimo anno. Noi siamo full», dice Alfio Lavazza, titolare cinquantottenne dell’omonima nautica con sede in via Lago 35 a Brebbia, in azienda dopo il diploma all’Itis e due anni nell’equipaggio velico della Marina Militare.

DAL BONA ALL’AQUARAMA, QUI SI RACCONTA LA STORIA NAUTICA
Le piccole increspature del Maggiore accompagnano il lavoro di chi leviga, avvita, vernicia, pialla, lucida, smonta, assembla, ricostruisce e restaura. Motori compresi. E’ un via vai di corpi e mani nel quale ritrovi l’eco di antiche avventure del mare. Quelle che si porta nel ventre legnoso il Bona, un otto metri S.I. (Stazza Internazionale) costruito nel 1934 per Sua Altezza Reale Aimone di Savoia, rinvergato dai Lavazza e pronto, ancora una volta, per i Mondiali di Ginevra. Storie d’altri tempi che fanno il paio con i tanti motoscafi Riva Aquarama, belli come il sole e imponenti come i misteri delle profondità che qui al porticciolo, dove terra e acqua si confondono e si contendono il primato della vita, prima o poi diventeranno ancora puntini all’orizzonte.

BARCHE DA COMPETIZIONE O PLEASURE SULL’ONDA DELL’ARTIGIANATO
In quest’azienda fondata più di quarant’anni fa dal papà di Alfio, Mario Lavazza, tornitore e artigiano che la pensa come un club con tanto di piscina e parco naturalistico con pioppi, faggi e querce, c’è tutto il bello della nautica. Dove si legano fra loro passato (i Lavazza dealer di vendita e installazione di motori marini) e futuro nell’incontro tra legno e vetroresina, alluminio, plastica e acciaio, meccanica ed elettronica. Una famiglia che, dice Alfio, «arriva dove non arrivano le macchine». Detto altrimenti, l’essenza pura dell’artigianato. L’essenza del rischio, perché «avendo a che fare con gas, serbatoi di benzina da duecento litri, componenti chimici, elettricità, carichi da venticinque tonnellate e lavori in altezza, spesso lavoriamo in situazioni critiche e il controllo della sicurezza deve essere ai massimi livelli. Per capire veramente come funziona questo lavoro, però, ci metti almeno dieci anni». Un lavoro che diventa anche respiro e resistenza per tutte quelle barche da competizione, come la super light boat Bandalarga, e “pleasure” rimessate nel cantiere: in tutto centoventi e pronte ad obbedire ad una sola parola, “refitting”. Che altro non è se il rimontaggio di tutto ciò che è stato compromesso dall’usura del tempo: fasciame in legno, vite originali – anche a croce - in ottone (che arrivano dagli Stati Uniti d’America), sgrossature, incollaggi, sartiame e alberi.

IL BREVETTO CHE VIENE DA LONTANO E CHE FA VINCERE
Alberi ovunque, soprattutto in legno. Come quello che si inventò e brevettò il fondatore Mario per rendere più leggere, stabili e veloci le imbarcazioni attraverso l’uso di legni selezionati come il sitka spruce o il douglas. Tradizione di famiglia che il figlio Alfio custodisce gelosamente per far correre a pelo d’acqua non solo il Bona ma anche il Siris del 1925, il Carron II del 1935 e il Cruiser Racer Kipawa del 1938 (10 metri S.I.). Alberi pluripremiati con quattro Coupe Cartier nella classe 8 metri S.I. e due Coppa Sira. E alberi in carbonio, materiale sul quale il titolare lavora da tempo collaborando con l’azienda “Eligio Re Fraschini” di Legnano e che ha imparato a trattare così bene da mettere mano alle pinne laterali di “Luna Rossa”.

UNA FAMIGLIA CON IL VENTO IN POPPA CHE SALPA E VOLA
Intuito, dedizione e ricerca. Non si dovrebbe aggiungere altro per raccontare la storia di questa squadra della quale fanno parte quindici collaboratori (tra dipendenti e professionisti esterni) e i figli di Alfio: Isabelle, che ha venticinque anni e segue l’amministrazione e suo fratello Luca, ventiduenne, operativo in officina. Una squadra che si divide tra design e fairing, consulenze e rigging per barche da regata, studi aerodinamici, taratura della strumentazione, trattamenti per la cura e la prevenzione di osmosi, revisione e riparazione di motori entrobordo e fuoribordo-diesel. Per imbarcazioni che arrivano da ogni dove, anche dalla Svizzera perché, aggiunte Alfio, «non devi andare ai Caraibi per fare sailing. A cinquanta chilometri da qui c’è Milano, il “porto” più grande d’Italia che detiene il primato delle immatricolazioni nautiche».
Uomo di polso e assetato di avventura, Alfio Lavazza vola in parapendio, vince i campionati italiani di aliante (brevetto internazionale dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea – Easa), partecipa a tre mondiali di barca a vela e non conta i campionati italiani. Dà peso, invece, a quella passione che negli anni lo ha portato «a costruire un vero team specializzato» che si lascia guidare da una sola parola: valore. Quello che si dà alle barche e quello che appartiene alla tradizione. Non solo velica.

Alfio Lavazza, il dottore delle barche