Sopravvivere agli eredi
Maledetta diversificazione. All’impresa servono persone concentrate: che decidano di fare i soci, gli amministratori oppure i manager, gli eredi devono avere la testa sul business, non su investimenti laterali o imprese giocattolo

di Antonio Belloni *
Maledetta diversificazione! All’impresa servono persone concentrate: che decidano di fare i soci, gli amministratori oppure i manager, gli eredi devono avere la testa sul business, non su investimenti laterali o imprese giocattolo.
Vale per le grandi come Stellantis o Essilor, ma vale anche per la “Pmi Srl”: che scelgano di fare i soci, i consiglieri di amministrazione oppure i manager, alle imprese che passano di mano servono eredi attivi.
C’è bisogno di persone concentrate sull’attività principale.
GRANDE RICCHEZZA PER POCHI EREDI
Il tema sembra banale perché indica una tendenza consolidata: continua a calare il numero delle imprese, ma cala anche il numero di eredi che si trovano in mano imprese con trenta, quaranta o cinquant’anni di storia alle spalle.
La novità quindi c’è, ed è questo imbuto generazionale: nei prossimi anni, ma già da ora, una grande ricchezza in forma di soldi e quote, di prodotti e sapere e persone finirà tra le mani di pochissimi eredi della famiglia dei fondatori.
Per questo è urgente analizzare il fenomeno con un punto di vista diverso. Per una volta serve quello esclusivo dell’impresa. Bisogna considerare il suo interesse e, come per tutte le organizzazioni umane, è la sopravvivenza.
Dunque, cosa serve affinché la ricchezza complessiva di un’impresa superi bene il suo trasferimento? Cosa serve perché un’impresa sopravviva agli eredi di chi l’ha fondata?
Cosa serve perché sopravviva, cresca e continui a crescere?
MALEDETTA DIVERSIFICAZIONE

La concentrazione sul core business era una delle idee di Enrico Cuccia, il dominus di quella Mediobanca che ora cambia padrone, e che ha curato la sopravvivenza e l’interesse di molte grandi imprese italiane.
Bisogna concentrarsi sull’attività principale!
Sia maledetta la diversificazione.
Ma perché Cuccia la considerava nociva? Forse perché distraeva le menti di manager e imprenditori, scombussolava i bilanci dell’impresa principale, o rappresentava una perdita di tempo che allontanava dal prodotto più importante?
Forse tutte le cose insieme e forse anche perché rendeva più difficile aprire l’organizzazione per guardarci dentro, sistemare le cose e ripartire concentrandosi su cosa si sapeva davvero fare bene.
Non è un’idea ammuffita, tanto che torna ad essere nuovissima se a promuoverla è quel genio pazzo di Peter Thiel, fondatore di PayPal e primo investitore esterno di Facebook, nel suo libro “Da zero a uno”.
Secondo Thiel la diversificazione è infatti una forma di progresso orizzontale, porta investimenti in mercati già presidiati e copia idee che già esistono, mentre la crescita vera di un’impresa arriva creando un monopolio…
Thiel dice monopolio ma pensa alle start up: intende un’impresa dove hai cominciato tu per primo e ti fai largo facendo crescere un’idea che è solo tua e, dice ai giovani imprenditori di oggi, è solo ed esclusivamente quella.
Non ce ne sono altre.
Lo dice a chi fa impresa, ma anche a chi investe.
La direzione di un’impresa che sopravvive e cresce è quindi verticale.
MEGLIO VERTICALE

Pochi anni fa l’ha rappresentata con parole chiarissime Giorgio Armani, in un’intervista al Financial Times: parlando dei grandi gruppi del lusso in piena espansione ha detto “questi gruppi francesi vogliono fare tutto”.
Però, allargarsi in orizzontale sembra anche il vizio di molti eredi. E non è un caso che quando parli con loro, se dici portafoglio capiscono “investimenti”, mentre i genitori capivano “clienti”.
Dove vanno dunque, in questo grande momento di trasferimento di ricchezza, le quote ed i soldi, l’interesse e soprattutto la concentrazione di questi nuovi giovani eredi d’impresa?
Guardassimo a Diletta Balocco, che pochi giorni fa ha assunto a soli 28 la carica di amministratrice delegata dell’impresa di famiglia, vanno in un’unica direzione e verticale.
Ma per ogni Diletta Balocco che guarda dritto ci sono cento eredi strabici.
Non capisci dove guardano.
Cosa fanno?
Spesso sono eredi distratti da imprese giocattolo.
Sono imprese hobby come la catena di ristoranti, l’impresa vinicola, il piccolo brand di moda, l’impresa di beauty o di comunicazione, il centro benessere o l’hotel con la spa, il noto locale d’intrattenimento.
Anche i meno distratti sono comunque impegnati, appunto, in diversificazioni sempre molto oculate e ben consigliate, che di solito finiscono nell’immobiliare o nelle grandi imprese di Stato, le più stabili e foriere di tariffe e dividendi sicuri.
I più coraggiosi e attivi, ma comunque distratti, di ritorno da Londra scelgono il family office, il private equity oppure la start up; tutte attività che drenano risorse ma soprattutto succhiano attenzione e concentrazione.
COSA INCENTIVA L’IMPRENDITORIALITÀ?

Da tempo siamo alla ricerca di quei fattori che incentivino l’imprenditorialità, ma sembriamo ignorare i fattori che la disincentivano, e che spesso sono perfino la causa della mortalità e della disintegrazione di molte grandi imprese.
In questo momento di trasferimento di ricchezza, tra questi c’è dunque la diversificazione.
Ma la diversificazione in verità non è così maledetta e non va condannata completamente per chi esce dall’impresa, per chi si fa liquidare, o per chi si fa sostituire dal management o da professionisti esperti.
Però non è il solo disincentivo all’imprenditorialità ed alla continuità dei nuovi eredi.
Essere nella catena ereditaria di un imprenditore spesso può significare:
- avere un’elevata patrimonializzazione;
- poter scegliere tra più opzioni;
- avere tempi più lunghi per fare le cose;
- avere le possibilità di assorbire i danni quando si fanno errori;
- poter vivere senza lavorare, ma dei propri investimenti;
- rincorrere ambizioni immeritate, in azienda, a spese di persone meritevoli.
Per fortuna, tra molti eredi distratti ci sono eredi attivi e desiderosi di prendersi rischi e responsabilità, di dedicare tempo e concentrazione all’attività di famiglia e quasi esclusivamente ad essa.
D’altronde, per chi l’aveva fondata, l’attività e la famiglia erano la stessa cosa.
* Coordinatore del Centro Studi Imprese Territorio