Oggi, lunedì 20 gennaio, si inaugura il quadriennio della Presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump. Che, considerate le dichiarazioni del Tycoon, potrebbe essere ricordata per l’innalzamento della tensione con la Cina (una vera e propria guerra commerciale tra i due Stati) e per le nefaste conseguenze, attraverso l’applicazione di quei dazi sui quali si sta concentrando Trump, che porterebbe sulle esportazioni dell’Unione europea. Le conseguenze di una tale politica sono già chiare sulla carta: la ripresa del commercio estero rallenterebbe perché ad essere penalizzato sarebbe proprio l’export negli USA, il secondo mercato del Made in Italy, subito dopo la Germania, con esportazioni che nel 2024 ammontano a 66,4 miliardi di euro, il 10,7% del totale delle vendite all’estero dell’Italia.
NON DAZI, MA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI
Confartigianato Imprese sottolinea che «la politica dei dazi può forse pagare nel breve periodo, ma l’esperienza insegna che le sfide commerciali si vincono garantendo la libera circolazione delle merci. Per le nostre imprese si apre una sfida da affrontare intensificando gli sforzi per assicurare l’alta qualità della manifattura Made in Italy, arma vincente e distintiva che i mercati sanno riconoscere ed apprezzare. Ma è anche fondamentale muoversi come Sistema Paese, con un impegno deciso da parte del Governo e delle istituzioni a sostegno delle aziende e della competitività dei nostri prodotti».
PERCHE’ FANNO PAURA I DAZI USA
Una applicazione di dazi addizionali tra il 10% e il 20% sulle importazioni degli USA causerebbe un calo dell’export totale dell’Italia verso gli Stati Uniti rispettivamente del -4,3% e del -16,8%: lo dicono le stime del National Board of Trade Sweden, agenzia governativa svedese per il commercio internazionale.
LE TENDENZE DEL MADE IN ITALY NEGLI USA
Già da alcuni mesi, la debolezza del commercio internazionale sta pesando sulla dinamica dell’export manifatturiero negli USA: nei primi dieci mesi del 2024 è diminuito del 2,7% contro lo -0,6% del totale del Made in Italy. In controtendenza, crescono del 3,9% le esportazioni negli USA dei settori dove maggiore è la presenza delle micro, piccole e medie imprese. Si tratta di prodotti alimentari, moda, mobili, legno, metalli e altre manifatture, soprattutto gioielleria ed occhialeria: comparti in cui l’occupazione nelle imprese con meno di 50 addetti supera il 60% e che, negli ultimi dodici mesi del 2024, hanno segnato 17,9 miliardi di euro di export. Il 27,1% delle esportazioni manifatturiere nel paese in esame.
L’ANALISI SETTORIALE
Nelle interazioni tra la domanda USA e la crisi della moda e della meccanica si nota una tenuta dell’abbigliamento, mentre crolla la domanda di autoveicoli. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato per 43 prodotti del Made in Italy. Una ampia gamma di prodotti che comprende medicinali e preparati farmaceutici, navi e imbarcazioni da diporto e sportive, prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, strumenti e forniture mediche e dentistiche (per circa i tre quarti costituito dell’occhialeria), vini da uve, oggetti di gioielleria e oreficeria. Inoltre, gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione dei macchinari Made in Italy.
LE IMPORTAZIONI DI GAS DELL’UE
Una possibile soluzione all’inceppamento dell’economia potrebbe essere un possibile scambio tra minori dazi per i prodotti UE e maggiori acquisti di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti, così come affermato dallo stesso Trump ma anche dalla Presidente della Bce Christine Lagarde in un’intervista al Financial Times. Nel terzo trimestre 2024, secondo la Commissione europea, le importazioni di gas nell’UE hanno raggiunto i 64 miliardi di metri cubi. Il gas di gasdotto costituiva il 67% delle importazioni (42,5 miliardi di metri cubi) a fronte della quota del GNL del 33% (21,5 miliardi di metri cubi). Nel periodo in esame la Norvegia è il maggiore fornitore di gas dell’UE (33%, 21,3 miliardi di metri cubi), seguita da Russia (20%, 12,7 miliardi di metri cubi) e Stati Uniti (13%, 8,5 miliardi di metri cubi). Questi ultimi, però, diventano i primi fornitori di GNL dell’Unione Europea: lo dice l’analisi contenuto nella Relazione annuale di Arera. N3l 2023, infatti, le importazioni di GNL nella Ue sono state di 98,7 Mt e gli Stati Uniti sono il maggiore fornitore di GNL dell’Ue. Infatti, rappresentano il 45,5% delle importazioni di GNL con un abbondante vantaggio su Russia (13,5%), Qatar (13,1%), Algeria (7,2%) e Nigeria (6,3%). I maggiori importatori dell’Ue di GNL sono la Francia (22% dell’import Ue di GNL), la Spagna (18,7%), l’Olanda (16,7%) e l’Italia (12,4%).
GNL DAGLI USA: A CHE PUNTO E’ LITALIA?
Secondo dati Istat, nei primi nove mesi del 2024 gli Stati Uniti sono il sesto fornitore di gas dell’Italia, con una quota del 7,6%, dietro ad Algeria (42,7%), Azerbaigian (15,8%), Russia (10%), Qatar (9,6%) e Norvegia (8,7%). Gli Usa salgono al secondo posto, dietro al Qatar (43,6%), per forniture di GNL con una quota del 34,5% del GNL importato dal mondo. L’Algeria è al 14,8%. Il nostro Paese, inoltre, è il quarto nella Ue con una quota del 10,3% di import di GNL dagli Stati Uniti. I Paesi Bassi sono al 35,9%, la Francia 21,8% e la Spagna all’11%.
I PREZZI INIZIANO A SALIRE
Al 13 gennaio 2025, l’Italian Gas Index elaborato dal GME ha registrato una crescita del 76,1% rispetto i minimi di febbraio dello scorso anno, mentre si segnala una crescita del prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica del 55,1% superiore ai minimi di aprile 2024. Si tratta di dinamiche che ritardano la stabilizzazione dei prezzi dell’energia: per l’energia elettrica e il gas, nel 2024 i consumatori italiani hanno pagato prezzi ancora superiori del 46,9% ai livelli del 2021, anno precedente allo scoppio della crisi energetica.
I TERRITORI CON LE MAGGIORI ESPORTAZIONI NEGLI USA
La Lombardia, con 13.510 milioni di euro (20,5% del totale), occupa il primo posto nella classifica delle maggiori regioni esportatrici negli USA. Seguono l’Emilia-Romagna con 10.754 milioni (16,3%), la Toscana con 10.251 milioni (15,6%), il Veneto con 7.174 milioni (10,9%), il Piemonte con 5.189 milioni (7,9%) e il Lazio con 3.344 milioni (5,1%).