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Costo dell’energia: le Pmi italiane le più tartassate in Europa

Costo dell’energia: le Pmi italiane le più tartassate in Europa

Le piccole e medie imprese della manifattura italiana – dati al secondo semestre 2024 - pagano l’energia elettrica il 22,5% in più (28 centesimi di euro al kWh) rispetto alla media europea. Potrebbe bastare questo a causare qualche fibrillazione in più agli imprenditori, eppure c’è di peggio: le aziende italiane devono sopportare anche un maggiore prelievo fiscale e parafiscale sul costo dell’energia – il target di riferimento sono sempre le Pmi per consumi fino a duemila MWh compresi di accise, oneri e al netto di Iva – del 117,4%. Più del doppio della media Ue.

L’INCHIESTA DI CONFARTIGIANATO IMPRESE E TERRITORIO
Il 2022, definito dagli imprenditori «l’anno più buio della bolla energetica», ha lasciato in eredità la grande incertezza di costi che, ancora oggi, sono troppo elevati in relazione alle tante e nuove sfide che devono affrontare le Pmi. Comprese quelle delle crisi dell’automotive e dei dazi americani.
Di costi energetici, e di come le piccole, medie e grandi imprese si siano attrezzate per tenerli sotto controllo, se ne occuperà Confartigianato Imprese e Territorio con un’inchiesta che da un lato registra i fatti accaduti, e dall’altro racconta la voglia di reazione di imprenditori determinati a recuperare parte di quelle risorse bruciate in questi ultimi anni dal caro-bollette.

  • Quanto hanno impattato i costi dell’energia sul fatturato?
  • Quali i rischi sulla tenuta della competitività?
  • Come e con quali strumenti si sono mosse le imprese?

Tante domande alle quali Confartigianato Imprese e Territorio cerca di dare risposte mirate basate sull’esperienza di chi, ogni giorno, misura la propria produttività sull’equilibrio, a volte precario, tra costi e ricavi.

AGEVOLATI I GRANDI CONSUMATORI
Nel frattempo, si ragiona sui dati. Il nostro Paese, tra i 27 della Ue, presenta il secondo più elevato carico per accise e oneri sul chilowattora: dopo la Polonia con 7,90 centesimi di euro al KWh seguono l’Italia con 7,78 centesimi, Cipro con 6,53, il Belgio con 4,14 e la Germania con 4,07.
Il divario, però, scende di fronte ad un aumento dei consumi (- 80,3% tra duemila e ventimila MWh e 38,2% tra ventimila e settantamila MWh) e diventa addirittura negativo (-22,6%), quindi vantaggioso, per i grandi consumatori che si muovono in una forbice tra settantamila e centocinquantamila MWh e oltre i centocinquantamila MWh (-19,6%).

EROSI COMPETITIVITA’ E MARGINI
Nonostante il nostro Paese sia la seconda economia manifatturiera dell’Unione europea, ed è al primo posto per occupati nelle Pmi manifatturiere, da anni la sua competitività viene erosa in ambito energetico da costi e oneri che rischiano di portare allo sbando la tenuta dei margini.  

Costi che sono nettamente superiori a quelli di:

  • Germania: 26,98 centesimi di euro al KWh
  • Polonia: 25,48 centesimi di euro
  • Ungheria: 24,5 centesimi di euro
  • Repubblica Ceca: 23,49 centesimi di euro
  • Paesi Bassi: 22,54 centesimi di euro
  • Francia: 21,42 centesimi di euro

 
OCCUPAZIONE NELLE PMI ITALIANE: 20,9% DEL TOTALE DELLA UE
Ma se produttività, competitività e margini sono sotto attacco, non si può certo dimenticare quanto l’occupazione sia un fattore fondamentale nella tenuta del sistema.
Ed è anche su questo fattore che le Pmi italiane giocano un ruolo sostanziale con i 1 milione e 853mila di occupati: il 20,9% del totale della Ue. Una performance nettamente migliore rispetto a quello della Germania (1 milione e 467mila; 16,7%), della Polonia (856mila; 9,7%), della Francia (802mila; 9,1%) e della Spagna (799mila; 9,0%).

LE INCERTEZZE PESANO SULLE DUE MAGGIORI ECONOMIE EUROPEE MANIFATTURIERE
L’incertezza del sistema si traduce in incertezza per le imprese. Basta puntare lo sguardo sull’andamento del Pil dell’Unione europea per convincersi di quanto la trazione economica proceda al contrario: nel secondo trimestre del 2025 il PIL della Ue è salito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, ma è sceso dello 0,1% in Italia e dello 0,3% in Germania.
Stesso percorso per la produzione manifatturiera, che nel primo semestre 2025, in Italia, è scesa del 2,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a fronte dell’aumento dell’1,1% nella media Ue e di un calo più marcato in Germania (-2,4%). Un segnale positivo, però, c’è. E arriva dall’Istat: nel mese di luglio del 2025, l’attività della manifattura ha registrato un aumento dell’1,4% rispetto al mese precedente.

CRISI EUROPEA DELL’AUTO: L’EPICENTRO E’ IN ITALIA
Nei primi sei mesi del 2025, la produzione di autoveicoli nella Ue è scesa del 4,4%, ma due sono i Paesi che mostrano le maggiori sofferenza: l’Italia con un -17,3% e la Svezia con -12,6%.

EXPORT SOTTO “EFFETTO FARMACOLOGICO”
Nel primo semestre 2025, le esportazioni manifatturiere registrano una crescita tendenziale del 2%, ma al netto delle maggiori vendite di farmaci e medicinali (+38,8%), l’export scende dell’1,4%. L’introduzione dei nuovi dazi statunitensi allontana la ripresa della manifattura. Sempre secondo dati Confartigianato, gli Stati Uniti sono il primo mercato per 54 prodotti del Made in Italy. Inoltre, la svalutazione del dollaro del 12,3%, tra gennaio e agosto 2025, rappresenta un dazio implicito, peggiorando ulteriormente la competitività delle esportazioni.