ESG e imprese: cosa fare per avere credito dalle banche

ESG e imprese: cosa fare per avere credito dalle banche

«E’ uno dei concetti più complessi e articolati di cui si possa parlare: finanza sostenibile o sostenibilità finanziaria? Si tratta di dare sostenibilità agli aspetti finanziari di un’azienda per poter gestire le proprie risorse con continuità ed equilibrio», ha detto l’amministratore delegato di Artser, e direttore generale di Confartigianato Imprese Varese, Mauro Colombo in occasione dell’evento dedicato alla sostenibilità finanziaria, mercoledì 17 gennaio, al Faberlab powered by Arburg a Origgio. Che ha aggiunto: «E’ questo il punto sul quale si devono concentrare gli imprenditori per diventare più resilienti e solidi. Pandemia, impennata dei costi delle materie prime e di quelli energetici, conflitti bellici: il mondo dimostra che essere strutturati dal punto di vista finanziario fa la differenza. Anche perché le imprese non potranno fare affidamento, per sempre, sugli aiuti statali. E’ per questo che è sempre più importante poter orientare le aziende verso un’attenta e severa valutazione degli aspetti finanziari».

ADEGUARSI AI PRINCIPI ESG PER NON ESSERE “FUORI”
Fuori dalla filiera, dai mercati, dai finanziamenti. Quello che può sembrare un semplice cambio di mentalità è, a tutti gli effetti, un nuovo paradigma: le imprese che non si dimostrano compliance – conformi – alle direttive europee sui fattori ESG (ambiente, sociale e di policy aziendale), rischiano. E rischiano tanto in fatto di competitività, marginalità, reputazione. Lo dice Adelaide Mondo, responsabile ufficio Corporate lending & Solutions Bper Banca: «Un’azienda che non darà il via ad un percorso sostenibile, in futuro dovrà sopportare sempre maggiori costi per il proprio business».
Le piccole e medie imprese che fanno parte della filiera, dove le grandi aziende sono già sostenibili, non sono nuove alla richiesta di compilazione di un questionario con il quale si chiede loro di comunicare quanto siano in linea con i tre fattori. Un questionario che «non risolve il problema della sostenibilità – ha detto Jacopo Brioschi, coordinatore Area Innovazione e Sviluppo Artser – ma aiuta a porsi le giuste domande su quegli indicatori ESG che sono importanti per l’imprenditore. Ciò che si deve fare è partire da una prospettiva di crescita aziendale».

IL CREDITO: LA PREMIALITA’ DELLE BANCHE ALLE IMPRESE SOSTENIBILI
Luca Gotti, Direttore Regionale Lombardia Ovest Bper Banca, entra nel merito della questione: «Ottenere credito dipenderà sempre più dalla propria compliance ai fattori ESG perché è questa che dimostra la solidità di un’azienda». D’altronde, «gli stessi istituti di credito sono obbligati dal Piano di Azione per la Finanza sostenibile del 2018 a canalizzare i propri capitali verso le imprese sostenibili e, come definito dal Green Deal dell’Unione Europea, che ha introdotto il concetto di “tassonomia”, dovranno classificare le imprese in sostenibili e non sostenibili», aggiunge Mirco Leonelli, Ufficio ESG Evolution & Reporting Bper Banca. Il cambiamento che attende gli imprenditori non è immediato – il percorso per adeguarsi agli ESG dura, in media, dai due ai tre anni - ma la portata è gigantesca.

COSA DEVONO FARE LE IMPRESE

  • Primo: la rendicontazione non finanziaria. A dirlo è Andrea Uselli, docente di economia degli Intermediari Finanziari e Finanza Aziendale dell’Insubria: «E’ il primo compito di cui farsi carico, a condizione che sia il risultato di un processo strategico e condiviso che possa garantire una crescita all’interno di un orientamento sostenibile»
  • Secondo: puntare sulla collaborazione con le banche. Collaborare significa essere trasparenti. Cioè, comunicare agli istituti di credito tutte quelle «informazioni qualitative - data setting – con le quali mettere in chiaro le proprie analisi strategiche sul presente e sul futuro. Considerarsi un “first mover”, colui che si muove per primo, darà un notevole vantaggio agli imprenditori perché capiranno, da subito, quali sono i parametri all’interno dei fattori ESG che sono più importanti per loro», sottolinea Fabrizio Ruspi, commercialista coordinatore Servizio Fiscale Artser
  • Terzo: strutturarsi. «Strutturarsi sotto il profilo organizzativo, amministrativo e contabile aiuta in quelle valutazioni qualitative con le quali dimostrare il proprio valore», aggiunge Ruspi
  • Quarto: rating di sostenibilità. Luca Gotti: «Dalla propria conformità ai fattori ESG dipenderà il rating di sostenibilità. Che sarà più alto per le imprese sostenibili. Una cosa deve essere chiara: con il passare del tempo, le premialità verranno concesse alle imprese che dimostrano di voler essere sostenibili. Per le altre, scatteranno le penalità»
  • Quinto: codificare le buone prassi personali. Lo racconta Jacopo Brioschi: «La sostenibilità è presente da sempre nelle imprese famigliari: attente agli sprechi, alla comunità, ai rapporti con i dipendenti. Spesso, però, questi comportamenti virtuosi rimangono nella sfera personale dell’imprenditore e non entrano nelle prassi organizzative delle aziende. E’ questo il passo da compiere: bisogna codificarle. Infine, bisogna rendere trasparente anche la metodologia con la quale si costruiscono i dati aziendali, fondamentali per la valutazione da parte delle banche».

NON UN COSTO, MA UN INVESTIMENTO E UNA STRATEGIA
Andrea Uselli lo dice a chiare lettere: «I principi ESG possono essere un costo solo agli inizi, ma poi si traducono in un investimento strategico per il futuro delle imprese. La correlazione tra ESG e redditività finanziaria è più che positiva, però senza equilibrio finanziario questi tre fattori non servono a niente. E’ per questo che banche e imprese si devono conoscere reciprocamente: le prime con la raccolta dei dati delle aziende, le seconde sapendo come saranno valutate dagli istituti di credito. La sfida? Il modello di business, che deve essere sostenibile. Una sfida interna legata alla formazione e una esterna che richiama il coinvolgimento di tutti gli stakeholder. Infine, non abbiamo bisogno di nuovi strumenti finanziari, ma di usare bene quelli che già abbiamo».
 

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