L’export riprenderà la sua corsa? E se sì, quando?
Nonostante le previsioni del Fondo monetario internazionale (ad aprile) e quelle della Commissione europea (il 15 maggio) fossero positive – il primo stimava un +0,5%, mentre la seconda addirittura una crescita del 2,6% del volume del commercio mondiale di beni – l’export non ha ingranato la quarta. E anche l’aumento del 2% previsto dal recupero della domanda internazionale è rimasto insoddisfatto.
A dirlo sono gli ultimi dati dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese: nel primo trimestre 2024 il commercio internazionale sale di un limitato +0,2% su base annua, mentre il volume dell’export dell’Italia risulta in discesa del 3,9% su base annua (una flessione del 2,8% in valore).
LUCI E OMBRE DELL’EXPORT
Per punti:
LO SCENARIO INTERNAZIONALE
I dati sono stati comunicati dall’ultimo report dell’Ocse:
QUANTO PESANO LE TENSIONI GEOPOLITICHE
Sul ritardo della ripresa degli scambi internazionali incombono i rischi di natura geopolitica, il protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina e il conflitto in Medio Oriente. Nei primi cinque mesi del 2024 il volume mondiale di merci transitato attraverso il Canale di Suez si è più che dimezzato (-60%) rispetto un anno prima, mentre è aumentato del 73,4% il traffico commerciale che circumnaviga l’Africa. Con l’allungamento delle rotte commerciali sale il costo del trasporto marittimo dalla Cina, più che raddoppiato dall’inizio dell’anno. Dopo sei cali consecutivi, nel primo trimestre 2024 torna a salire (7,5%) la quota di imprese esportatrici che sono ostacolate per tempi di consegna eccessivamente lunghi.
L’EXPORT ITALIANO VEDE ROSSO
I settori del Made in Italy coinvolti nel cedimento del commercio internazionale:
Segno “+”, invece, per computer ed elettronica (+1,3%), raffinazione petrolio (+4,2%), mezzi trasporto (+7,2%), alimentare e bevande (+7,7%) e altre manifatture (+12,1%).
I MERCATI CHE RESISTONO
Se da un lato ci sono alcuni mercati che si stanno muovendo in controtendenza rispetto al trend negativo – Turchia (+25,9%, in deciso miglioramento rispetto +6,4% del 2023), Giappone +9,6% e Stati Uniti +9,3% -dall’altro si registrano flessioni su:
IL DINAMISMO DEL MERCATO STATUNITENSE E LA DEBOLE DOMANDA TEDESCA
Gli Stati Uniti si confermano il secondo mercato del Made in Italy, dopo aver superato la Francia nell’autunno del 2022. Il dinamismo delle vendite negli Usa è sostenuto dalle elevate movimentazioni della cantieristica navale, che determinano un aumento del 48,2% dell’export dei mezzi di trasporto.
Il made in Italy nel mercato statunitense segna tassi di crescita a doppia cifra anche per articoli farmaceutici (+28,2%), alimentari e bevande (+18,7%) e macchinari (+16,4%).
LE RICADUTE SUI TERRITORI
Il ritardo nella ripresa delle esportazioni pesa in modo particolare nelle regioni che già dallo scorso anno erano in maggiore sofferenza: nel 2023 il calo più accentuato si osserva nel Nord Est (-1,1%), in particolare in Veneto e Friuli Venezia-Giulia, e nel Centro (-4,4%), con un ampio segno negativo nel Lazio e nelle Marche.
SENZA EXPORT E’ A RISCHIO L’ECONOMIA ITALIANA
Senza l’apporto della domanda estera, con un costo del denaro che rimane elevato e una politica fiscale che diventerà restrittiva, salgono i rischi per la crescita dell’economia italiana. Che la Commissione europea ha stimato dello 0,9% nel 2024, in linea con lo 0,8% dell’Eurozona e migliore dello 0,7% di Francia e dello 0,1% di Germania.
Il prossimo 6 giugno la BCE valuterà un taglio dei tassi – che potrebbe essere rinviato dopo che le stime preliminari di Eurostat indicano l’inflazione in Eurozona a maggio in risalita al 2,6% dal 2,4% di aprile – mentre una probabile apertura di procedura di infrazione per deficit eccessivo, che la Commissione europea ufficializzerà il prossimo 19 giugno, riaprirà un ciclo di politica fiscale restrittiva.
L’Italia, lo ricordiamo, nel 2023 presenta il deficit di bilancio più ampio tra tutti i paesi dell’ l’Unione europea. Secondo le nuove regole europee, in uno scenario base di crescita, l’Ufficio parlamentare di bilancio stima un aggiustamento annuale del saldo primario strutturale di mezzo punto percentuale di PIL nei prossimi sette anni. Inoltre, la conferma nel 2025 di alcuni degli interventi finanziati solo per l’anno in corso dall’ultima manovra di bilancio richiederebbe ulteriori risorse di bilancio per 18,2 miliardi di euro.
A fronte di una domanda interna indebolita dalle politiche economiche, diventa vitale per l’economia italiana una rapida ripresa del commercio internazionale.