Aree dismesse, è ora di rilanciarle: esempi dall'Italia che è ripartita dall'economia

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BASE MILANO – UN INVESTIMENTO DA 14 MILIONI DI EURO Il caso di Base Milano è particolare, perché è un connubio tra investimento pubblico e privato e tra imprese del terzo settore e aziende tout court. Nasce infatti da un bando del Comune, nel 2014, per la riqualificazione di una parte degli stabilimenti dell’ex Ansaldo, acciaieria che produceva locomotive e carrozze di treni e tram. Vince il bando un gruppo di cinque realtà a sé stanti, poi costituito in impresa sociale. Si tratta di Arci Milano, Avanzi (società che lavora nel mondo della sostenibilità), l’impresa culturale Esterni, H+ (che si occupa di marketing, soprattutto in ambito culturale) e l’incubatore d’impresa Make a Cube. Nel 2016 Base Milano vede finalmente la luce.

Base è un grande contenitore di progetti a stampo culturale. La location è perfetta (una zona di Milano, quella di via Tortona, molto viva nel campo della moda, del design e dell’arte) e inoltre non c’erano alternative. Il Comune sull’area dell’ex Ansaldo aveva messo un vincolo di destinazione d’uso proprio a carattere culturale. Al suo interno troviamo spazi per eventi (ospita, tra gli altri, la Design Week, Book Pride, Piano City), il burò (una project house dove sono insediate aziende e professionisti), un bar ristorante e un’officina (al cui interno ci sono quattro artigiani indipendenti). A breve arriveranno anche un’etichetta musicale sociale, un makershub e un portinaio di quartiere.

Per la riqualificazione dei 12mila metri quadrati (6 + 6) ci sono voluti 14 milioni di euro, di cui solo cinque dati dal Comune. Riuscire a trovare i fondi per concretizzare i progetti non è sempre facile. La realtà milanese fa quindi leva in modo consistente anche su due strumenti: i bandi (ritenuti fondamentali per mettere a terra le proprie progettualità) e l’artbonus (dato dal Ministero dei Beni Culturali a chi sostiene il patrimonio culturale italiano).

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OPEN DREAM – LOGISTICA, TURISMO, IMPRENDITORE

Un nome, un programma. Si tratta del progetto di un imprenditore, Damaso Zanardo (Ceo della Zanardo Servizi Logistici spa), che ha comprato a fine 2015 l’ex area di una storica ditta di Treviso, la Pagnossin, che negli anni passati dava lavoro a oltre 600 persone. Centomila metri quadrati (tra aree coperte e spazio esterno) abbandonati e in rovina. L’idea iniziale era quella di creare un mega hub ospedaliero, ma l’imprenditore non ha avuto il coraggio di abbattere i vecchi opifici. La Pagnossin doveva in qualche modo rinascere, per dare nuova linfa al territorio. Solo il 20% dell’area coperta è stata quindi sfruttata per il progetto iniziale, mentre per lo spazio restante è stato aperto un tavolo delle idee, che ha coinvolto anche le università. Ne è nato Open Dream, che prevede la creazione di un polo di stampo turistico, al cui interno ci sarà un mercato coperto (con 70 aziende), una ventina di      imprese, spazi per eventi, atelier, ristoranti e strutture ricettive.

In questo caso, diversamente da Base, non c’è stata alcuna interazione con le amministrazioni pubbliche. Zanardo ha comprato l’area di tasca sua, senza chiedere nulla a nesso. Ma perché puntare sul turismo? Perché gli stabilimenti della Pagnossin sorgono in un punto logisticamente strategico: a 800 metri dall'aeroporto, a 4,2 chilometri dal duomo di Treviso, sulla via Noalese (che collega Treviso a Padova) e a ridosso dell’arteria ciclo-pedonabile della via Ostiglia (che porta a Ostiglia di Mantova). Una location perfetta per promuovere un tipo di turismo sostenibile e da vivere a piedi o in bicicletta. Ma perfetto anche per le merci, che quel turismo contribuiscono a foraggiarlo (pensiamo per esempio al mercato coperto o alle imprese).

In entrambi i casi i privati si sono rimboccati le maniche e hanno avuto il coraggio (e anche i fondi) per scommettere sul territorio e sulle sue potenzialità. Perché abbattere può anche essere la scelta più facile, ma non è sempre quella più lungimirante.

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