Conoscere le banche: strategie e norme per il credito

Gli obblighi sono aumentati: la regolamentazione che interessa il mondo bancario è sempre in aggiornamento e diventa sempre più stratificata e complicata

Credito bancario

Si parla spesso di accesso al credito dal punto di vista delle imprese, ma quali sono gli spazi di manovra degli istituti di credito? In questi ultimi anni, come è cambiata la regolamentazione bancaria? Quali sono i nuovi indirizzi di Basilea 4? È vero che i criteri per la concessione dei finanziamenti cambiano in relazione alla dimensione aziendale? Infine, un’impresa “sostenibile” è facilitata nell’accesso al credito?
Ne abbiamo parlato con Valentina Lagasio, docente di Risk management e creazione di valore per le banche all’Università “La Sapienza” di Roma.

Quali sono i nuovi obblighi ai quali devono sottostare le banche?
Gli obblighi sono aumentati: la regolamentazione che interessa il mondo bancario è sempre in aggiornamento e diventa sempre più stratificata e complicata. Se ci riferiamo alla concessione di credito, le banche devono considerare non solo le indicazioni finanziarie tradizionali delle imprese, ma anche i fattori qualitativi: la sostenibilità del modello di business, l’impatto che le attività imprenditoriali possono avere sul clima, il modello di governance. In particolare, le banche devono adempiere a normative come il Pillar 3 e la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDE), che richiedono la disclosure sui principali impatti negativi che l’impresa può avere sui fattori di sostenibilità. Inoltre, mentre fino a poco tempo fa le banche avevano la tendenza a guardare in maniera un po’ più statica i bilanci, ora si stanno spingendo verso una regolamentazione più dinamica per capire quali sono le aspettative future legate all’andamento delle aziende. Ma non dimentichiamo che tutte queste informazioni devono essere fornite dalle imprese stesse: la relazione si costruisce tra le due parti.
 

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Le regole di Basilea sono in continuo aggiornamento?
Gli Accordi di Basilea sono la regolamentazione bancaria di riferimento. L’ultima versione va ad aggiornare la cosiddetta “Basilea 3”, che alcuni considerano come la versione 3.1, mentre altri parlano di versione 4 per sottolineare la portata delle revisioni regolamentari. Comunque sia, il regolatore si è reso conto che in tutto questo tempo la valutazione di rischio fatta dalle banche non è stata prudente quanto lo dovesse essere: ha quindi ha stretto ulteriormente i requisiti patrimoniali degli istituti di credito. Ed è ovvio che questo si riflette sulla concessione dei finanziamenti. Però, una cosa va detta: le banche svolgono un ruolo molto importante nell’economia perché forniscono i flussi di credito (che interessano, tanto, anche alle piccole e medie imprese) ma, soprattutto, mantengono la stabilità economica del sistema. Le prospettive sono positive: secondo alcuni studi, siamo ormai in un contesto in cui le Pmi sembrano essere uscite dalla crisi pandemica, ma anche dalla crisi delle materie prime che ha messo in discussione le loro catene di fornitura. E questo grazie all’impulso dei governi da una parte, e delle banche dall’altra. Il lavoro svolto in questi ultimi anni ha contribuito ad alleviare un poco i problemi legati al credito, perché le stesse banche sono ben disposte – in teoria – a concedere credito. Su quest’ultimo punto, però, incidono molto i fattori congiunturali come l’inflazione: se è alle stelle, è normale che anche i tassi di interesse crescano. Dunque, quando si analizzano i flussi creditizi bisogna sempre considerare domanda e offerta.
 

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I maggiori vincoli che interessano il mondo bancario incidono sulla concessione dei prestiti?
I vincoli che devono essere rispettati dagli istituti di credito sono sempre gli stessi: equilibrio di reddittività, solvibilità e liquidità. Dal punto di vista teorico, il buon funzionamento degli istituti dipende dal rispetto di questi elementi. Nel concreto, quando una banca deve decidere su un prestito sa che deve anche attenersi ad una regolamentazione e a vincoli sempre più stringenti, perché è il regolatore ad imporre una prudenza sempre maggiore. È comunque difficile generalizzare: l’analisi dei flussi delle imprese richiama ragionamenti contingenti. La crisi energetica, per esempio, ha colpito sì tutte le imprese ma ancor più quelle considerate energivore: la banca, a questo punto, deve entrare nel vivo dei costi dell’energia a livello congiunturale. Ma anche in questo caso è più che mai necessaria un’analisi di settore: ecco perché è importante la sostenibilità del modello di business imprenditoriale. In ogni caso, ogni comparto ha i suoi problemi e le sue esigenze: bisogna partire da qui.

Come sono cambiati i criteri di valutazione delle banche in questi ultimi anni?
Sono cambiati rispetto alle tipologie di algoritmi che analizzano le singole operazioni: oggi per calcolare i requisiti prudenziali le banche guardano all’Intelligenza Artificiale (anche se nel requisito patrimoniale questo strumento non è ancora così sviluppato) e a strumenti sempre più tecnologici, ma con prudenza. Anche perché quando si decide di adottare modelli di valutazione sempre più sofisticati, gli istituti di credito – se più o meno grandi – devono ottenere l’autorizzazione dalla Banca d’Italia o dalla Banca centrale europea. Questi nuovi strumenti dovrebbero aiutare il mondo bancario a capire, meglio, come sono fatte le imprese ma è sempre difficile generalizzare: di fronte a una grossa impresa che fornisce tante informazioni è più facile determinare il suo requisito patrimoniale quindi, ci si affida a modelli più automatizzati. Se si ha a che fare con una piccola impresa che, probabilmente, non ha neppure il rating si deve intervenire valutando caso per caso. La tecnologia aiuta a gestire le informazioni in nostro possesso ma, a volte, per ottenerle bisogna affidarsi ancora ad un rapporto personale con gli imprenditori.
 

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Quindi, è vero che i criteri per la concessione del credito cambiano da grande a piccola impresa?
Cambiano perché cambia, come detto, la potenza di fuoco da una grande ad una piccola impresa: le prime possono comunicare alle banche tantissime informazioni, che vanno dalle posizioni di mercato alla diversificazione geografica e settoriali al modello di governance, mentre le Pmi fanno fatica: in questo caso, le banche si affideranno, per la valutazione, a fattori più tradizionali come la solidità dei flussi di cassa, la flessibilità operativa, gli aspetti gestionali, la storia creditizia personale dell’imprenditore. E anche il modello di valutazione sarà più semplice. Addirittura, “taylor made”. E non è vero che le piccole e medie imprese, rispetto alle grandi, offrono minori garanzie di restituzione di un prestito: anche qui dipende caso per caso.

Un’impresa “sostenibile”, che ha adottato i criteri ESG, è avvantaggiata nella richiesta di credito?
Un’impresa che si dimostra più attenta ai temi della sostenibilità si presenta meglio in banca, ma le valutazioni finanziarie hanno sempre il ruolo più importante. Comunque, a parità di condizioni finanziarie chi è sostenibile viene valutato in modo più affidabile. Per esempio, le banche potrebbero richiedere alle imprese, incluse le Pmi, di fornire informazioni sulle loro emissioni annuali di CO2. Queste informazioni aiutano le banche a valutare l’impatto ambientale dell’impresa e a soddisfare i propri obblighi di reporting. Se da un lato questo è un trend che va di moda, dall’altro è anche vero che l’attenzione agli aspetti climatici è importante non solo per l’economia, ma anche per difendere la salute della Terra e impegnarsi per un mondo migliore: è un segno di rispetto. È importante notare che esiste un “Tavolo per il coordinamento sulla finanza sostenibile”, promosso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha sviluppato un modello di riferimento per le Pmi per la trasmissione delle informazioni di sostenibilità alle banche. Questo strumento, chiamato “Dialogo di sostenibilità”, mira a standardizzare le richieste di informazioni, evitando la proliferazione di richieste complesse e onerose per le imprese più piccole.

Poi, ci sono studi che dimostrano che se un’impresa investe in sostenibilità, tendenzialmente più semplice sarà il suo percorso di crescita. Insomma, c’è una correlazione tra investimenti in sostenibilità e crescita dell’impresa. E questo, dalle banche, viene valutato positivamente. Poi, ci sono altri studi che dimostrano che un’impresa attenta alla sostenibilità, e con un rating ESG elevato, è meno rischiosa anche sotto il profilo del merito creditizio. Anche in questo caso scatta la valutazione positiva da parte degli istituti di credito, perché questa azienda ha minori probabilità di default rispetto ad aziende meno sostenibili e, di conseguenza, peserà meno sui bilanci delle banche. Davide Ielmini