Credito troppo caro: investimenti in picchiata e la manifattura frena

L’ennesimo rialzo del tasso di interesse deciso dalla BCE crea un problema serio alle piccole e medie imprese, per le quali il costo del credito a luglio è salito di 358 punti base. Meno investimenti e meno stimoli per la manifattura rischiano, alla lunga, di penalizzare il comparto

Tassi di interesse e frenata manifattura

Gira e rigira, sempre lì si va a parare: il rialzo dei tassi da parte della Bce. Il decimo da luglio 2022 e, ancora una volta, di 25 punti base. Con questa decisione, come scritto più volte, Bruxelles tenta una revisione al rialzo dell’inflazione prevista, per il 2023, al 5,6%. Nel 2024 dovrebbe scendere al 3,2%. Le conseguenze sulle piccole imprese destano più di una preoccupazione. A partire dall’aumento, impressionante, del costo del credito: a luglio salito di 358 punti base in dodici mesi. Di fronte a finanziamenti sempre più cari, si intensifica il calo dei prestiti alle aziende: -4%. Naviga in acque tranquille, invece, l’Eurozona dove i prestiti crescono dell’1,7% (a luglio, addirittura al +2,4%).

IL CREDITO COSTA CARO E LE IMPRESE FRENANO SUGLI INVESTIMENTI

Tassi di interesse e frenata manifattura

L’aumento dei tassi del mese di luglio ha portato lo sconto al 4,5%, ma le incertezze sul mercato del credito restano ben salde. E a poco è servito il comunicato della Bce, in cui si parla «di un livello che, mantenuto per una durata sufficientemente lunga, darà un notevole contributo a un tempestivo ritorno dell’inflazione all’obiettivo». Se i mercati finanziari si sono sentiti rassicurati, dall’altro gli imprenditori non lo sono affatto. E frenano sugli investimenti. Anche perché gli istituti di credito non hanno certo abbassato il livello di guardia sulla concessione dei prestiti.
Una situazione che, secondo Confartigianato, potrebbe essere affrontata con alcune misure specifiche:

  • Un soggetto pubblico con un ruolo di finanziatore sussidiario per le Pmi e i piccoli importi
  • Una regolamentazione chiara sui termini di pagamenti per non trasformare i Piccoli nei finanziatori delle filiere
  • Una riforma della giustizia civile per dare certezza sul contenzioso relativo ai tempi di pagamento
  • Una riforma del Fondo centrale di garanzia, per tutelare le piccole imprese

Nel frattempo, i prestiti alle imprese di Energia e Utilities scendono del 12,3% e la manifattura lascia a terra il 5,9%. Un calo determinato, quasi per intero, dalla produzione di energia elettrica e gas (-16,5%). Per l’Acqua, invece, la flessione si ferma al -1,9%. Ma in questo caso c’è un altro punto che gioca a sfavore delle Pmi italiane: nel nostro Paese l’indice dei prezzi dell’energia è superiore del 46,7% a quello di due anni prima. Un gap di oltre 12 punti percentuali rispetto all’Eurozona, dove l’indice ha raggiunto un +34,6%.

DOPO DODICI MESI, FRENA LA MANIFATTURA

Tassi di interesse e frenata manifattura

Dopo aver registrato una buona crescita, trainata dalla capacità di adattamento delle Pmi agli scossoni delle tante crisi di questi ultimi tempi, a luglio la produzione manifatturiera ha registrato una diminuzione dell’1,1%. Solo l’energia aumenta del 4%. La flessione accumulata dalla produzione manifatturiera nei primi sette mesi del 2023 è dell’1,9%. Il calo maggiore, però, si registra nei settori energivori dove si registra un -5,4%. La performance dell’Europa, questa volta, non brilla: la manifattura tiene ma è a crescita zero e in Germania l’aumento è dello 0,8%. Solo la Francia si avvicina ad un punto e mezzo di crescita. Nei settori maggiormente energivori, invece, il calo accomuna tutti i maggiori Paesi europei: la perdita, in Francia, è del 3,5% e la Germania, addirittura, arriva al 7,6%. Il calo medio, nell’Eurozona, è del 5,6%.

TROPPE TENSIONI ERODONO IL PIL E L’EXPORT
La recessione in Germania, la bassa crescita della Cina e l’indebolimento del ciclo delle costruzioni contribuiscono alla frenata della manifattura e vanno ad incidere anche sull’andamento del Pil: in Germania è a “crescita zero”, mentre in Cina aumenta di un timidissimo +0,8%. Un particolare da non sottovalutare: sul fronte dei prezzi, ad agosto, l’Impero Celeste si è avvicinato alla deflazione. A questo punto, come sta reagendo l’export Made in Italy? Quello diretto alla Germania cala dell’1,6% e quello verso la Cina dell’1,8%. In questo Paese, l’unico settore a registrare una crescita stratosferica è il farmaceutico con un +501%.