Crisi Imprese: perché Pmi crollano e altre corrono (dati e strategie)
La crisi colpisce moda, meccanica, plastica. Eppure, alcune imprese crescono. Scopri dati, testimonianze e strategie per affrontare il 2025
La crisi c’è. Se alcuni imprenditori leggono in modo critico i dati comunicati dall’Istat, che si riferiscono all’andamento del 2024 e mappano i bilanci aziendali ma non possono rilevare «gli ordini in pancia», per altri dubbi non ce ne sono. A maggior ragione quando si entra nel dettaglio di un’economia che rischia il blocco. Dunque, la crisi. Ma non per tutti. Il manifatturiero vive le sue difficoltà, ma è un settore troppo ampio per poter generalizzare malanni e cure: tra le imprese raggiunte da Confartigianato Imprese Territorio c’è chi vive un momentaccio e chi no. Perché all’interno della manifattura ci sono mille specializzazioni diverse e, in queste, esistono nicchie e super-nicchie che ora registrano andamenti altalenanti, o reggono agli scossoni. Qualche esempio: nel settore tessile, il lusso e il super-lusso hanno garantito per anni ossigeno a produzioni e ordini. Ora, non più. Chi produce macchine per la stampa dei manuali per le automobili è fermo: l’indotto indiretto è contagiato dal settore guida. Senza se e senza ma. Ci sono, poi, coloro che con le multinazionali hanno costruito nel tempo un rapporto di collaborazione proficuo. La crisi è arrivata anche qui. Per onestà di cronaca, però, bisogna raccogliere luci e ombre, pessime previsioni e riflessioni positive. L’ottimismo? E’ il sale dell’impresa, ma ad oggi sembra essere merce rara.
LA MODA: IL TRACOLLO DEL LUSSO E LE IMPRESE VENDUTE AI FONDI

Alla Sesa Srl, da cinquant’anni specializzata nella produzione di cinture prefabbricate interne per pantaloni, nastri in genere e taglio in sbieco, la titolare Monica Alberti non nasconde le amarezze: «Non capisco cosa stiano aspettando le istituzioni europee ad accorgersi di questa crisi: le quantità delle commesse sono sempre più piccole e non c’è più certezza del lavoro». La parola chiave, per questa realtà di Jerago con Orago, è abbigliamento: «Sono anni che la crisi morde le imprese: prima con i Paesi dell’Est, poi con il tessile cinese, ora con un nuovo modo di commercializzare il prodotto (si vendono kit “tutto compreso”) e i converter che si rapportano direttamente con i grossi brand. Tutto è troppo globalizzato e non ci sono più punti di riferimento. Siamo allo stremo». Per Monica Alberti, le ragioni della crisi sono queste: «Sul Made in Italy c’è ormai il vuoto legislativo e le aziende italiane sono sempre meno perché vengono fagocitate da gruppi multinazionali o si vendono ai fondi». Fidelizzare i clienti è impossibile.
Lo sa bene anche Alessio Travetti, a capo della Travetti Srl di Arcisate dove si producono componenti e accessori per la valigeria: «Lavorando per i grossi brand della Moda non posso che confermare: anche il lusso sta avendo un tracollo, e tutto è partito dalla Cina. E se lo scorso anno ho avuto un trend positivo grazie all’acquisizione di un cliente americano, ora le prospettive sono catastrofiche. Il sentiment non è affatto positivo, la paura frena, gli investimenti scemano. Diciamo pure che si naviga a vista. Ma la crisi non interessa solo l’Italia: sarà un crollo momentaneo?». A chiederselo sono in tanti.
LA MECCANICA: 2024 ANNO ORRIBILE. QUANDO LE IMPRESE CHIUDONO, NON CI SONO PIU’
Cristiano Peroni, Sales Manager della Peroni Ruggero di Varese, impresa leader nella progettazione e produzione di macchine customizzate per la cartotecnica, conferma il crollo: «Il 2024 è stato un anno orribile, di poco lontano dalla crisi del periodo Covid, e l’inflazione conta fino ad un certo punto. Nel nostro caso, lavoriamo molto per i settori Moda e automotive: nel primo, mancano da anni gli acquirenti russi e cinesi. Un’assenza che ha travolto molti nostri clienti. Nel secondo, la crisi è trasversale: le nostre macchine servono anche a stampare i manuali e i cataloghi per le automobili, ma se di automobili se ne vendono sempre meno…». Nonostante Cristiano Peroni dica che «se da un lato non abbiamo mai smesso di fare le mosche bianche, perché sui progetti speciali ci si impegna da sempre, dall’altro la progettazione legata alla macchina taylor made è lunga e costosa: dall’idea alla vendita passano i mesi e le perdite sono evidenti». Ordini? «Sono scesi a picco anche se le richieste di preventivi arrivano puntualmente. Però, dazi Usa permettendo, mi sto preparando alla ripartenza».
Eleonora Mazzalovo, titolare della Mem Srl di Castelseprio, specializzata in lavorazioni meccaniche di precisione conto terzi, dice: «Si sta lavoricchiando: i tanti preventivi che non si tramutano in ordini, la guerra dei prezzi tra le imprese, quelli delle materie prime che si alzano nuovamente e i costi di energia e gas sono un mix critico». Dopo un 2024 tragico, e un inizio 2025 che ha fatto pensare alla cassa integrazione, ora sembra si stia muovendo qualcosa: «I nuovi ordini arrivano da nuovi clienti, ma questo vuol dire munirsi di nuove attrezzature, forzare sui tempi della produzione, soddisfare esigenze diversissime fra loro. Accontentare qualcuno e deludere altri, perché quando il lavoro si sblocca - ma non sono numeri sui quali poter fare affidamento – si crea un imbuto. E manca la certezza dei pagamenti».
Alla Pietro Zuretti Srl di Mesenzana, impresa meccanica che lavora materiali speciali, i toni non sono diversi. Il titolare Luigi Zuretti parla di crisi, eppure dice di «non aver mai avuto così tanto lavoro». Sembra una contraddizione, ma l’imprenditore la spiega così: «Sono lavori quasi regalati perché assottiglio sempre più il margine: se qualcosa dovesse andare storto, salto. E chi non rinuncia al margine, o non accetta lavori troppo complessi, rischia di capitolare». Zuretti lavora a due passi dal confine svizzero, e questo genera una crisi nella crisi: «Per tenermi tre collaboratori gli ho aumentato lo stipendio, poi i prezzi dell’energia elettrica sono quasi triplicati: la spesa in più, in un anno, corrisponde a due stipendi e mezzo. Infine, soffro la concorrenza interna di imprese che beneficiano di agevolazioni da provincia, regione e Unione europea e la
complessità delle leggi regionali». In sintesi, «per sostenere le imprese servirebbe un sistema Italia che usi le risorse economiche in modo utile. Perché quando le imprese chiudono, non ci sono più».
Imprese come la Elettrotec Automazione Srl, leader nella consulenza, progettazione e automazione industriale, dove il titolare Marco Capitani sottolinea quanto «la ricerca di alternative alle multinazionali – alcune vivono una profonda crisi anche in provincia di Varese - è una sfida quotidiana: qui non si fanno più straordinari, ma si lavora. Anche se le commesse sono diminuite». Ottimista? «Cerco di esserlo, ma il futuro è incerto, non ci sono prospettive nel fare, l’entusiasmo va calando. Da parte nostra cerchiamo sempre nuovi clienti, ma il numero dei preventivi non corrisponde agli ordini. Parola d’ordine: alti e bassi».
LA PLASTICA: MERCATO STANCO E DIRETTIVE UE CHE NON AIUTANO
Anche sul lato del tempo libero, leggasi borracce in plastica, si avverte una certa tensione. Anna Andriolo, cotitolare della Andriolo Borracce di Venegono Inferiore, afferma che «la situazione non è forse tragica, ma dura da tempo ed è costante: il nostro fatturato diminuisce da anni, il lavoro è a singhiozzo (periodi molto intensi si alternano a momenti di calma), il mercato è stanco e i consumi sono contratti. La stessa gestione imprenditoriale è a fisarmonica perché, forse, da parte dell’imprenditore non c’è più la capacità di scommettere sul futuro». Insomma, gli entusiasmi si stanno spegnendo perché «all’appello mancano le commesse importanti, quelle che generano le economie di scala. L’Italia rischia di non essere più competitiva».
Luca Ballarin, titolare della L.A.I.T. – Lavorazione Artigiana Imballaggi Trasparenti di Castellanza, racconta di «una diminuzione di fatturato 2024, sugli anni precedenti, del 20%. Siamo passati da uno storico fatto di grandi commesse a grandi quantità fatte di piccoli pezzi. Ma se uso due soli macchinari, i miei collaboratori sono sempre tredici. La lotta europea sulla plastica monouso, a favore di materiali riciclati, ha bloccato il comparto e gli stessi fornitori vivono la nostra stessa situazione: capita che in una settimana servano un solo cliente».
MA C’È CHI LA CRISI NON LA SENTE

Però, c’è chi non conosce rallentamenti. Alberto Affetti, titolare della Affetti Pumps, specializzata nella progettazione e produzione di pompe per liquidi corrosivi, ogni anno «cresce del 16% e sto crescendo ancora – dice l’imprenditore -. La conferma della frenata mi arriva da tanti colleghi, ma non si tratta di una contrazione apocalittica. Inoltre, la lettura dei dati Istat è ormai superata: nel bene o nel male. Perché se è vero che l’andamento degli ordinativi incide sul fatturato, è anche vero che l’Istat può mappare il secondo ma non i primi». Stesso discorso per la JMec di Arcisate (soluzioni innovative per la meccanica di precisione), la Cermesoni Srl di Besnate (sfere e componenti per valvole petrolchimiche) e La Minuteria di Grantola (lavorazioni meccaniche e fabbricazione di componenti torniti e fresati): la prima ha chiuso bene il 2024 e ha iniziato il nuovo anno altrettanto bene; gli ordini ci sono e ne stanno acquisendo altri. Unico neo «qualche ritardo nei pagamenti da parte anche di grosse aziende». La seconda lamenta la «crisi della liquidità», mentre La Minuteria ha registrato «un rallentamento negli ultimi mesi del 2024», dice il titolare Stefano Locatelli, «ma ora sono arrivati ordini importanti sia a Grantola che alla Ratti Luino Srl di Cassano Valcuvia, che produce torcitoi. Locatelli sottolinea che «la ripartenza arriverà con una certa calma, ma bisogna capire se ciò che sta accadendo è una fotografia reale del mercato».
LA FORMULA VINCENTE: FARE QUELLO CHE GLI ALTRI NON FANNO
Matteo Crema, titolare della Crema & Barca Srl di Gemonio, dove si costruiscono stampi e si producono particolari meccanici, «ha commesse che sono in linea con gli anni precedenti e, a dire il vero, nel 2024 e nei primi mesi di quest’anno stiamo recuperando rispetto al 2023. Lavoriamo per il settore alimentare, sportivo, delle costruzioni meccaniche in genere e del bianco: quello che sta facendo le performance migliori, in questo momento, è il settore alimentare – siamo fornitori di alcune imprese che, a loro volta, servono la Ferrero - per il quale progettiamo internamente alcuni stampi. Certo, sull’automotive anche noi siamo fermi e so di tanti miei clienti del settore che sono in cassa integrazione, adottano l’orario ridotto e hanno rallentato le produzioni. Sono sempre più i rappresentanti di macchine utensili che bussano alla mia porta». Aggiunge, Matteo Crema, che quattro sono i punti a favore della Crema & Barca: «Diversificare sempre più i settori, accettare lavorazioni complesse che altri respingono, prendersi grandi responsabilità e dimostrarsi sempre molto, molto flessibili».
In questa ampia panoramica non poteva mancare la voce di chi nell’alimentare ci lavora da sempre. Marcello Chini, titolare della Dolcisapori Srl di Gemonio, forno e laboratorio di pasticceria che serve la Grande distribuzione, sottolinea che «il 2024 è stato un buon anno e così lo sono i presupposti per il 2025. Gli ordini non mancano, il numero aumenta e mi sto concentrando su progetti mirati che possano soddisfare le esigenze di clienti sempre diversi. Ordini che per i loro fatturati possono rappresentare poca cosa, ma per me sono importanti». I margini reggono? «No, ma si stanno riducendo a causa dei prezzi dell’energia e del gas: l’ultima bolletta è di 7.800 euro. Quella precedente era di 5.200». Davide Ielmini