Felicità e digitale: la lezione del virus è un insieme di cambiamenti in azienda

Con l’aiuto di due esperti proviamo a capire quali rivoluzioni non finiranno con il finire dell’emergenza Covid. Fondamentali le relazioni, la valorizzazione dell’essenziale e la transizione ecologica

Felicità

Febbraio 2020. Il Covid entra nella nostra vita in modo inaspettato e dirompente. E, a un anno e mezzo di distanza, possiamo affermare che ha rivoluzionato non solo la quotidianità, ma anche le aziende, introducendo delle novità sostanziali, che verranno mantenute anche oltre l’emergenza sanitaria. Con l’aiuto di due professori - Vincenzo Russo, che insegna psicologia dei consumi alla Iulm di Milano, e Sandro Formica, docente di leadership e personal Empowerment alla Florida International University - abbiamo provato a creare un quadro in cui raccogliere tutti gli aspetti destinati a restare anche un domani. Quindi, cosa tenere nel virtuale insieme dell’azienda e cosa no.

Gli esperti concordano che al centro di questo insieme ci sono due parole date fino a ieri per scontate, poi di colpo diventate importantissime e irrinunciabili: felicità e digitalizzazione.

LA FELICITA' E' UNA COMPETENZA
«La pandemia ci ha spinto a valorizzare l’essenziale, a dare più valore alle relazioni» afferma Russo. A livello di organizzazione, anche in Italia sta prendendo piede un concetto, già diffuso negli Usa, che la felicità non è uno stato d’animo transitorio, ma – come precisa Formica - «una competenza». Di conseguenza, la felicità può essere portata in azienda, «in primo luogo dando attenzione ai lavoratori». 

L’ altro aspetto destinato a restare è la digitalizzazione: tanti processi aziendali e abitudini di acquisto sono passati online, stravolgendo le abitudini, ma nello stesso tempo riducendo i tempi, gli spostamenti delle persone e gli sprechi e aumentando la necessità di fare rete per organizzare i rapporti di collaborazione in modo efficiente. La digitalizzazione si collega a un termine che fino a un paio di anni fa veniva guardato con sospetto, ma a cui adesso è difficile rinunciare almeno per alcuni settori o processi: smart working. Per renderlo possibile sono state introdotte tecnologie nuove che hanno catapultato nel futuro molte realtà.

IL VIRUS CI HA RIAVVICINATO ALLA NATURA

Sostenibilità ambientale

Il Covid ha richiesto una riprogettazione degli spazi di lavoro. Le aziende hanno dovuto ridefinire i propri ambienti per distanziare maggiormente i lavoratori. Tutto tenendo presente la sicurezza, che era già importante prima, ma che adesso è diventata una priorità assoluta. Il corretto utilizzo dei dispositivi, l’idoneità delle postazioni di lavoro, l’organizzazione dei turni adesso è davvero fondamentale.

Passiamo poi a un altro aspetto: quello della sostenibilità. Come dice Russo, «il virus ci ha allontanato da tutto quello che è artificiale e ci ha riavvicinato alla natura. La tensione verso la sostenibilità si delinea nelle scelte dei consumatori che, quasi a voler fuggire dal virus, si rivolgono ad aziende che producono beni e servizi con attenzione verso l’ambiente».

IL LAVORATORE AL CENTRO DEL PROCESSO PRODUTTIVO
Riprogettare la realtà aziendale richiede una buona dose di proattività: ovvero la capacità di “leggere il futuro”, cercando di prevedere cosa accadrà e dare le giuste risposte. Per far questo occorre allargare la propria visione. Come già avviene nella lean production – metodologia di produzione tesa a valorizzare il prodotto e ad annullare gli sprechi - il lavoratore viene messo sempre di più al centro del processo produttivo. Arrivando a poter fermare, in caso di problemi, la linea produttiva. Questo comporta più responsabilità, ma fa sì che ogni persona goda di una maggiore considerazione all’interno dell’organizzazione.

Il lavoratore viene messo sempre di più al centro del processo produttivo

«Prima ancora della retribuzione, il lavoratore ha bisogno di approvazione e riconoscimento» conclude Formica. Se un lavoratore è valorizzato, è più felice (e anche più produttivo). Quindi tutto torna. E chissà che davvero il virus non ci abbia reso migliori.