I fondi di investimento spingono la crescita delle aziende familiari
I fondi di private equity aiutano le aziende familiari a crescere, affrontando sfide e migliorando competitività e governance
I fondi di investimento rivestono un ruolo sempre più importante nel processo di crescita delle aziende familiari. Anzi spesso ne diventano il principale motore, restituendo risultati concreti sia nel breve che nel lungo periodo. Risultati che riguardano non soltanto il fatturato, ma il futuro a 360 gradi. Tante le opportunità, tante anche le sfide. Ne abbiamo parlato con Carmen Gallucci, professore di Finanza aziendale presso l’Università degli Studi di Salerno nonché direttore scientifico dell’Osservatorio delle imprese e laboratorio virtuale sul Family Business, attivo presso lo stesso ateneo.
L’esperta ci fornisce subito alcuni dati significativi: «Secondo una ricerca condotta da Pictet Wealth Management e dal Politecnico di Milano, oltre il 50 per cento degli investimenti dei fondi di private equity in Italia ha riguardato proprio le imprese familiari. Dal 2013 al 2022, si stima che siano stati realizzati più di 500 buyout su aziende familiari italiane. In termini di valore, sono stati registrati oltre 2.360 liquidity events, con un flusso complessivo stimato di circa 300 miliardi di euro». Innegabile: i fondi di private equity stanno diventando imprescindibili nel rilancio dell’economia reale italiana.
Quali sono i vantaggi finanziari del connubio Pmi familiari-fondi di investimento nel breve periodo?
Premetto che molte delle aziende a carattere familiare, soprattutto nel Sud Italia, sono riluttanti ad aprirsi agli investitori esterni, rendendo necessario superare barriere culturali e organizzative. Nonostante questa riluttanza, l’ingresso dei fondi di private equity offre vantaggi significativi che potrebbero incentivare una maggiore apertura. Nel breve periodo, i fondi forniscono risorse che migliorano la liquidità, riducono la pressione delle obbligazioni a breve termine e facilitano la gestione delle spese correnti e dei pagamenti ai fornitori. Inoltre, spesso possono rappresentare lo stimolo verso riorganizzazioni aziendali e razionalizzazioni dei processi, eliminando inefficienze e introducendo nuovi sistemi gestionali.
E nel lungo termine, invece?
Nel lungo periodo i fondi di private equity sostengono la crescita e facilitano gli investimenti nell’innovazione. Il capitale di rischio consente l’acquisizione di asset che richiedono risorse di medio-lungo termine preservando l’equilibrio finanziario dell’azienda. Questo approccio è particolarmente vantaggioso, perché le imprese tendono, in tal modo, a evitare un indebitamento eccessivo per investimenti di grande portata o più rischiosi, come quelli in ricerca e sviluppo. A differenza del debito bancario, il capitale di rischio può garantire maggiore flessibilità operativa e strategica. In più, i fondi di private equity apportano capitale fresco e ricorrono a operazioni di add-on, che prevedono l’acquisizione di aziende complementari da integrare nell’impresa acquisita, che funge da piattaforma.
Inoltre, i fondi adottano un approccio personalizzato nel processo di build-up delle aziende target, adattando le strategie aziendali alle esigenze del settore. Questo intervento coordinato include l’ottimizzazione dei processi produttivi, l’implementazione di economie di scala e la creazione di gruppi societari, rendendo l’impresa più resiliente di fronte alle difficoltà del mercato. Tali operazioni, che richiedono capitale paziente, sono essenziali per sostenere progetti di crescita sostenibile e acquisire asset strategici. L’ingresso dei fondi consente inoltre di aumentare il valore aziendale, in vista di una potenziale quotazione in borsa o future acquisizioni strategiche.
Da non trascurare è l’ampliamento della rete di contatti.
Esatto. I fondi di private equity offrono l’accesso a un ampio network di contatti che facilita nuove opportunità di partnership strategiche, l’ingresso in mercati internazionali e la selezione di figure manageriali chiave.
Parliamo degli impatti culturali.
L’ingresso di un fondo promuove lo sviluppo di una mentalità più orientata alla crescita e all’innovazione. Spesso le famiglie imprenditoriali tendono a mantenere un modello di gestione conservativo. L’intervento dei fondi può contribuire a cambiare il modo in cui l’azienda viene gestita, incentivando una maggiore apertura verso l’innovazione e la managerializzazione. Inoltre, la presenza dei fondi aiuta a rompere il ciclo di parsimonia e avversione al rischio. Un cambiamento culturale che può essere impegnativo per la famiglia, ma è necessario per competere su scala più ampia.
Possono i fondi di investimento contribuire a risolvere eventuali conflitti e divergenze familiari?
Certamente. Due i possibili scenari. Nel primo, il fondo acquisisce una quota significativa o la totalità del capitale, permettendo ai familiari non interessati di proseguire l’iniziativa imprenditoriale e monetizzare le quote. Coloro che invece desiderano rimanere attivamente coinvolti nell’impresa possono reinvestire e divenire soci. Se interessati alla gestione aziendale, oltre che alla proprietà, possono mantenere ruoli attivi. In un secondo scenario, il fondo di private equity rileva solo le quote dei familiari non interessati alla carriera imprenditoriale, consentendo loro di uscire dall’azienda senza destabilizzarla. Così si evitano tensioni legate al futuro, facilitando il perseguimento di ambizioni personali diverse. Il private equity diventa uno strumento di coesione, soprattutto quando la transizione generazionale rischia di compromettere la longevità dell’impresa.
La liquidità ottenuta dalla vendita dell'azienda può essere reinvestita?
Sì: soprattutto nel caso di liquidity events di maggiore entità, può essere reinvestita in una holding familiare, che nel tempo potrebbe evolversi in un vero e proprio family office. Questo consente di mantenere unito il patrimonio familiare, diversificandolo in settori come il real estate, investimenti quotati, attività filantropiche. Ogni membro familiare può trovare il proprio ruolo.
Quando entra in gioco il fondo di investimento, diventa immediatamente necessario un cambiamento della governance.
I fondi favoriscono una riorganizzazione della struttura di governo, rafforzandola con l’introduzione di figure manageriali esperte e indipendenti. Questo cambiamento è essenziale per superare le dinamiche centralizzate tipiche delle imprese familiari e implementare processi decisionali più strutturati. I fondi, inoltre, incoraggiano la separazione tra proprietà e gestione operativa, portando spesso a una ridefinizione delle divisioni aziendali. Tale riorganizzazione non solo migliora l’efficienza, ma consente all’azienda di crescere in modo coerente con gli obiettivi strategici condivisi.
Un passo cruciale è la due diligence review.
Assolutamente. Permette al fondo di analizzare in modo approfondito i profili legali, fiscali, finanziari e operativi dell’azienda. Vengono così individuate eventuali criticità e opportunità di miglioramento. La managerializzazione facilita la gestione dei rischi, rafforza la trasparenza e implementa un sistema di controllo interno più efficace. Inoltre, questo processo prepara l’impresa a espandersi su mercati più competitivi, garantendo una crescita sostenibile e maggiore resilienza.
Invece quali possono essere le difficoltà più grandi per le Pmi in relazione al private equity?
Innanzi tutto, il potenziale conflitto tra le esigenze a breve termine del fondo e la visione di lungo periodo della famiglia. I fondi di private equity, in quanto fondi di investimento, mirano tendenzialmente a ottenere ritorni significativi entro un periodo non ampio, mentre le famiglie preferiscono una crescita prudenziale. È fondamentale, dunque, che le imprese affrontino le negoziazioni condividendo con gli investitori un approccio più industriale, di lungo termine. Un’altra sfida si manifesta, in realtà, all’interno dell’azienda stessa: è l’accettazione del cambiamento. Il processo di riorganizzazione societaria e managerializzazione richiesto dai fondi può essere percepito come una minaccia all’identità e alla coesione. Tuttavia, con un dialogo costante e una pianificazione accurata molte di queste difficoltà possono essere superate. Nadine Solano
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