Numeri alla mano: la manifattura in Italia è messa meglio della Germania

Nei primi sette mesi del 2021, rispetto ai livelli pre-Covid, il nostro Paese ha segnato un -2,2% contro il -6,6% della Germania e della Francia e il -4,2% della Spagna. Ma l’Ufficio Studi di Confartigianato ha fatto di più paragonando le performance del II trimestre 2021 con quelle del II trimestre del 2019:  il nostro manifatturiero è a -0,2% contro il -5,7% della Germania, il -5,5% della Francia e il -2.9% della Spagna

Ripresa manifattura

La Germania e il suo mito: lì guarda l’industria europea – e non solo quella - in fatto di tecnologia, ricerca, innovazione. Ma il mito è un po' meno solido perché la crisi economica portata dalla pandemia lo ha scosso più di quanto sia accaduto in altri Paesi europei. Per esempio, in Italia, dove l’impresa manifatturiera ha alzato la testa con una velocità sorprendente e con uno scatto che la colloca al primo posto, per quanto riguarda il recupero della produzione, nella Top4 degli Stati Ue: nei primi sette mesi del 2021, rispetto ai livelli pre-Covid, il nostro Paese ha segnato un -2,2% contro il -6,6% della Germania e della Francia e il -4,2% della Spagna. Ma l’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese ha fatto di più paragonando le performance del II trimestre 2021 con quelle del II trimestre del 2019: in questo caso, il nostro manifatturiero è a -0,2% contro il -5,7% della Germania, il -5,5% della Francia e il -2.9% della Spagna.

MANIFATTURA 1 CONFARTIGIANATO POST INSTAGRAM (Sito web) di Simona Caldirola
LA FORZA DELLE MICRO IMPRESE
La capacità di recupero delle nostre aziende è vivace grazie, anche, a quell’humus imprenditoriale dove ci sono 380mila aziende attive nei comparti manifatturieri. Il dato interessante, e che sposta gli equilibri dei paradigmi economici, è che il 92,3% di quel dato è fatto da microimprese. Ma c’è anche un altro particolare: il Belpaese, tra le grandi economie dei 27 Stati membri dell’Unione Europea, è dotato della struttura produttiva più diffusa.
Insomma, l’estero ci guarda e lo fa con una certa ammirazione.
E’ Chris Williamson, Chief Business Economist di IHS Markit, ad aver sottolineato come «nel mese di agosto i dati hanno mostrato una crescita più veloce nel settore manifatturiero italiano: l’indice Pmi del comparto è rimasto vicino al valore più alto di sempre, aumentando da luglio e segnalando un nuovo e forte miglioramento dello stato di salute del settore, causato maggiormente dall’espansione più rapida della produzione e dei nuovi ordini. Le aziende hanno continuato ad aggiungere personale a uno dei tassi più veloci di sempre, per far fronte al maggiore carico di lavoro» e a scommettere sull’innovazione tecnologica. L’Indice Pmi manifatturiero ha raggiunto 60,9 punti, in salita dal 60,3 di luglio, e ha segnalato in generale un forte miglioramento, il quattordicesimo consecutivo, dello stato di salute del manifatturiero.

MICROIMPRESE IN POLE POSITION

Piccole e medie imprese

Le microimprese, dunque, sono in pole position: il loro valore aggiunto vale più dell’intera manifattura della Repubblica Ceca, o il doppio di quella del Portogallo; in Italia occupano quasi 1 milione e trecentomila lavoratori mantenendo il primato – di successo – del micro capitalismo famigliare e di stabilità sociale; sono fondamentali nelle filiere che supportano le imprese più grosse, quindi mantengono e incrementano quella flessibilità che è tipica del piccolo strato imprenditoriale. E hanno dimostrato, anche in piena pandemia, di essere resilienti, pronte e adattabili. In grado di spingere sulla collaborazione (con i proprio dipendenti ma anche con fornitori e clienti), sulla fiducia e sulla responsabilità.

Ma la performance della manifattura italiana nel recuperare i livelli pre Covid si mantiene anche nei primo otto mesi del 2021: la dinamica della produzione delle nostre imprese segna -1,6% contro il -3,9% della Spagna, il -6,1% della Francia e il -6,9% della Germania. Nei tredici settori in crescita delle micro e piccole imprese ci sono 1.336.621 addetti. Nella Top5 si trovano il legno (+9,4%), le apparecchiature elettriche (+7,2%), il vetro-ceramica-cemento (+6,7%), le attività di computer ed elettronica (+6,6%) e, al quinto posto, i mobili (+6,4%). Con segno negativo, invece, i prodotti chimici, i macchinari, i farmaceutici, gli autoveicoli, il tessile (-11,1%), i prodotti di raffinazione del petrolio, la stampa, la pelle (-22,4%) e l’abbigliamento (-35,7%). (inchietsa/2).

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