Pacchetto economia circolare, il bicchiere è «mezzo vuoto, ma anche mezzo pieno», per Raffaele Cattaneo, assessore all’ambiente e clima di Regione Lombardia. «Ci sono questioni che restano indeterminate, in attesa di provvedimenti attuativi del ministero dell’ambiente, che non sempre brilla per tempestività – ammette l’esponente della giunta regionale - ma ci sono anche opportunità da cogliere, visto che finalmente c’è una legge che definisce concetti chiave, come quello di economia circolare, ma anche quello secondo cui un rifiuto è una risorsa».
Il “pacchetto economia circolare” è entrato in vigore a settembre. Ci sarà la svolta attesa?
In parte sì, e in parte no. Le direttive europee le condividiamo ed è positivo recepirle. Ma ci sono due limiti da segnalare. Innanzitutto, il recepimento è avvenuto senza un confronto adeguato con le regioni e con le differenze territoriali, che su questi temi non sono trascurabili per esperienze e tecnologie. E poi nel testo dei provvedimenti nazionali di recepimento, ci sono una serie di questioni importanti che restano ancora indeterminate. Giusto affermare la priorità nella direzione dell’economia circolare ma non è chiaro come si applica, si parla di strumenti economici per favorire il principio di prossimità nell’ambito della libera circolazione dei rifiuti, ma non sono specificati, né quali sono, né chi li può istituire e quale possa essere il ruolo delle regioni. E ancora, l’applicazione della nuova definizione di rifiuti urbani è molto dubbia, rispetto al timore degli impianti privati di perdere rifiuti per via di una privativa comunale per alcune tipologie.
Incertezze che gravano anche sulle imprese?
Faccio un paio di esempi concreti. È previsto che le utenze non domestiche, quindi le imprese, possono conferire rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, laddove pensano di pagare una Tari troppo alta, ma non è chiarito come e con quali modalità e per quali quantitativi può essere fatto. Oppure, sul tema del trasporto dei rifiuti da manutenzione di infrastrutture, come i piccoli interventi edili inglobati in quella modalità, non è chiaro come si definiscano i piccoli interventi edili. Perché se tutti quelli prodotti dagli artigiani edili dovessero passare alle modalità più complesse previste per i rifiuti da manutenzione delle infrastrutture, non si semplificherebbe. Lo stesso vale per chi si occupa di pulizie e disinfestazione. Sono tutti esempi concreti di criticità che non si capisce ancora come si risolveranno. Ci sono una serie di aspetti non secondari che non sono del tutto chiari, che poi demandano a circolari interpretative e norme attuative del ministero dell’ambiente, che però in questi anni non ha brillato per rapidità e chiarezza dei provvedimenti attuativi. Un confronto preventivo con le regioni avrebbe aiutato ad avere provvedimenti più solidi.
Almeno sul tema del riciclo e del recupero del rifiuto sono arrivati i chiarimenti che il mondo produttivo si aspettava?
Tutto il senso di questi provvedimenti, a partire da quelli a monte della direttiva UE, va nella direzione di spingere verso il riciclo e il recupero come materia, quindi per creare condizioni più favorevoli a superare il concetto stesso di rifiuto, che è una parola del XX secolo, per trattarlo finalmente come risorsa. Un approccio che noi condividiamo, dopodiché quando si scende nel dettaglio - e penso ai decreti legislativi sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio, sulle discariche, su pile e accumulatori, Raee e veicoli fuori uso - il principio condivisibile deve fare i conti con un’applicazione praticabile, altrimenti il rischio è che si faccia fatica ad andare davvero in quella direzione. Però già l’affermazione di alcuni concetti, come quello stesso di economia circolare, ma anche di simbiosi industriale e di definizione selettiva, definiti in una legge, ne rende più semplice la loro attuazione concreta. Oltre al bicchiere mezzo vuoto, vedo anche il bicchiere mezzo pieno.
Si apriranno opportunità per creare nuove filiere produttive basate sul riutilizzo dei rifiuti? La prospettiva dell’economia circolare è certamente piena di opportunità, che riguardano tutti i settori economici ma anche business e attività che fino a ieri abbiamo svolto in modalità tradizionale. Sono stato al convegno di Anepla, l’associazione dei cavatori, e ho sentito un vero inno ai materiali riciclati: significa che anche parlando di sabbia e di ghiaia si inizia a capire che i materiali di riciclo sono la prospettiva a cui guardare invece di continuare a cavare dai giacimenti naturali.
Che ruolo intende ritagliarsi Regione Lombardia nell’ottica dell’economia circolare? Abbiamo in corso la redazione del nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti, intitolato non a caso “Piano verso l’economia circolare”, il cui atto d’indirizzo, con le linee strategiche, è già stato approvato in consiglio regionale. Tra gli obiettivi, c’è quello di passare dall’accento posto sulla percentuale di raccolta differenziata, che è importantissima, all’accento sulla percentuale di effettivo recupero, perché posso fare il 100% di differenziata ma senza impianti che recuperano realmente le frazioni (come carta, vetro, alluminio, organico), la raccolta rischia di venire vanificata. Così sarà importante specificare quanto recuperiamo effettivamente come materia, nella prospettiva dell’economia circolare. E poi ci sono provvedimenti più specifici che, anche grazie ai tavoli di lavoro con cui abbiamo articolato l’osservatorio sull’economia circolare, stanno venendo fuori. Ad esempio, in materia di rifiuti da costruzione e demolizione, si è condivisa la creazione di un portale informatico per far incontrare domanda e offerta, oppure sulle scorie di acciaieria si sono condivise le modalità normative per il riutilizzo delle stesse, anziché mandarle in discarica. Lo stesso sui fanghi da depurazione, contro lo spreco alimentare, e altri temi.
Con un maggior recupero, sarà possibile una riduzione dei costi di smaltimento che ricadono sulle imprese, visto che le difficoltà attuali rischiano di portare in prospettiva ad un aumento delle “bollette” dei rifiuti?
È un obiettivo che auspichiamo e per cui stiamo lavorando, ma l’aumento dipende da fattori che non governiamo solo sulla scala locale. Ad esempio il blocco della Cina e di altri Paesi dell’Est sull’importazione di rifiuti plastici, ha generato un aumento dei costi su questo fronte, così come alcuni provvedimenti nazionali da noi contestati, come l’articolo 23 dello “Sblocca Italia” che consente la libera circolazione dei rifiuti che vanno a recupero. Ma complessivamente l’aumento della capacità di recupero porta strutturalmente alla riduzione dei costi, è in sé virtuoso perché riduce i costi di smaltimento.
Anche il Recovery Fund è un’opportunità per dare fiato all’economia circolare?
La presidente Von der Leyen ha detto che il 37% dei fondi andrà a iniziative che hanno a che fare con il Green Deal, quindi sono risorse che vedranno una priorità di destinazione nel percorso dell’economia circolare. Vediamo le opportunità, ma sarà importante mettere in campo progetti di livello. Ad esempio, in uno dei tavoli stiamo lavorando ad un progetto sul Plasmix, per il recupero delle plastiche non riciclabili, come tipologie di plastiche accoppiate e opache. Bisogna inventare tecnologie nuove, come la depolimerizzazione, una forma di recupero chimico tramite un procedimento inverso a quello di realizzazione della plastica, per ritornare agli elementi di base con cui viene realizzati. Un progetto innovativo, a cui partecipano università, soggetti che operano in questo campo e imprese all’avanguardia, che è un esempio di un progetto che può competere per intercettare i fondi del Recovery Plan, mentre se ci limitiamo al progettino per passare alla tariffa puntuale in un comune, difficilmente questo potrà intercettare i fondi. Molto dipenderà dalla qualità dei progetti. Le nostre imprese, anche quelle artigiane e non solo le grandi, hanno grande sensibilità, mi aspetto che arrivino idee e progetti in questo senso.