Ricapitalizzare per crescere. Chi è debole rischia l’effetto tsunami
La crescita e gli investimenti necessitano di essere finanziati con fondi a medio-lungo termine e con capitale proprio
La salute dello stato patrimoniale delle imprese migliora, ma non sembra sufficiente a superare la “nottata” della crisi. Un articolo del quotidiano “Il sole 24 Ore” di qualche settimana fa a firma Davide Colombo spiega come «negli ultimi mesi sia proseguito l’aumento della domanda di prestiti da parte delle imprese, seppure a ritmi più contenuti rispetto ai due trimestri precedenti, riflettendo una perdurante scarsità di scorte e capitale circolante, maggiori esigenze di rifinanziamento nonché un calo dell'autofinanziamento».
Parla Rossella Locatelli, professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università degli Studi dell’Insubria, nella quale è stata anche preside della facoltà di Economia.
«Quello che è importante – sottolinea – è trovare spazi per la ripresa dei volumi di produzione e di fatturato, anche attraverso ripensamenti dell’organizzazione della propria attività e dei mercati di riferimento. Probabilmente si presenteranno nuovi modelli di consumo e nuovi modelli di lavoro dei quali andrà tenuto conto il più velocemente possibile».
La fine delle moratorie determinerà il riattivarsi del piano di rimborso del debito. È possibile che, se nel frattempo le aziende (e i privati) che hanno beneficiato delle moratorie avranno ripreso la propria attività e avranno dunque una generazione di flussi di cassa sufficiente al servizio del debito, tutto potrà tornare alla normalità.
È importante che le imprese più vulnerabili siano individuate subito
«La preoccupazione – prosegue Locatelli – risiede nella effettiva possibilità che tutte le imprese siano in grado di riprendere la propria attività ai livelli precedenti o anche superiori rispetto alla crisi. Il calo di fatturato e le previsioni di recupero sono differenziati tra settori, e tra imprese entro i settori. Le imprese finanziariamente più fragili risultano esposte al rischio di non riuscire a riprendere il servizio del debito, a maggior ragione se operano in settori più impattati dalla crisi e interessati da difficoltà di ripresa. È pertanto importante che le imprese più vulnerabili siano individuate tempestivamente, e che si possano trovare soluzioni per evitare il deterioramento della loro posizione finanziaria e dunque il deterioramento della qualità del credito bancario».
Ricapitalizzare, un elemento fondamentale per mettere in sicurezza le aziende. Un tema che interessa la generalità delle imprese: è necessario mantenere una struttura finanziaria equilibrata ed evitare una dipendenza eccessiva dal credito, soprattutto bancario.
«In modo particolare per le piccole e medie imprese – prosegue la docente – questa dipendenza dal credito bancario è in un certo senso strutturale. La crescita e gli investimenti necessitano di essere finanziati con fondi a medio-lungo termine e con capitale proprio. Da tempo sono stati avviati progetti di incentivazione della capitalizzazione, soprattutto delle Pmi, e nel tempo si è arricchita la gamma delle soluzioni disponibili, anche soluzioni e strutture di mercato, e si è ampliata la presenza di intermediari finanziari e investitori disponibili al supporto e anche all’investimento in capitale di imprese piccole e medie».
Viceversa la diversificazione delle imprese, anche per affrontare il giudizio delle banche (a volte scettiche sui “monoprodotti”) non è vista come indispensabile nell’analisi di Rossella Locatelli. «Dipendere da un solo mercato – conclude – crea dipendenza dallo stesso e rende più difficile superare momenti di crisi generalizzata di quel mercato. Penso però, più in generale, che ciò che è importante per il successo di un’impresa sia la visione e la capacità strategica, la tensione verso una flessibilità organizzativa che consenta di adattarsi rapidamente a cambiamenti del mercato e a reagire prontamente a modifiche di contesto. Il giudizio delle banche, infine, non credo vada affrontato con l’allargamento della base azionaria in sé, ma con la disponibilità a pensare alla struttura delle fonti finanziarie più adeguata di volta in volta. Non c’è una soluzione buona per sempre e per tutti, ma è sempre vero che ogni progetto di crescita o di ristrutturazione deve essere sostenibile, almeno dal punto di vista finanziario. Le banche apprezzano l’imprenditorialità e la capacità strategica o, per dirla in un altro modo, una governance robusta, sia essa espressa da un consiglio di amministrazione o da un imprenditore individuale. Altrettanto importante è il livello di trasparenza, che consenta di porre le basi per una partnership che sia proficua per entrambe le parti della relazione».