La manifattura traina le filiere: il 47% del fatturato dalle Pmi
Imprese caparbie, dinamiche, decise, ultra-specializzate e capaci di adattarsi alla fluttuante economia globale: è questo il manifatturiero italiano così come descritto nel “Libro verde made in Italy 2030”, documento elaborato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit). Infatti, con quattro milioni di occupati e 350mila imprese, il manifatturiero è il secondo comparto in Europa per fatturato e, rispetto agli altri settori dell’economia nazionale, è quello a maggior valore aggiunto. A spostare gli equilibri dell’economia sono le specificità delle filiere produttive – sulle quali si concentra il Libro verde – e, in futuro, sarà sempre più una politica industriale che, secondo il Mimit, dovrà concentrarsi su quattro punti fondamentali:
Tutelare il Made in Italy, che per la nostra economia vale più di 660 miliardi di fatturato e quasi 450 miliardi di esportazioni. Possono essere qualificati come Made in Italy oltre il 70% delle esportazioni italiane e più del 60% del fatturato delle imprese del manifatturiero
Raggiungere gli obiettivi delle sfide legate alle transizioni green (abbandono delle fonti energetiche fossili), tech (digitalizzazione avanzata) e geopolitica (per evitare la destrutturazione della globalizzazione e l’insicurezza nelle interdipendenze economiche)
Ridefinire il binomio Stato-imprese: il primo deve orientare e sostenere l’attività d’impresa verso traguardi strategici, aumentare la competitività ed evitare investimenti predatori
Innalzare il ruolo dell’Italia nel sistema internazionale
IL RUOLO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE
Le Pmi generano il 47% del fatturato della manifattura e rappresentano il 52% degli occupati. Solo la Spagna si avvicina al dato italiano con il 47% degli occupati e il 34% del fatturato. Molti economisti concordano sul fatto che la manifattura resta fondamentale per la produzione della ricchezza, la creazione di posti di lavoro, la competitività internazionale e per il progresso tecnologico, estendendo poi ai servizi ad essa collegati molti di questi benefici.
LE FILIERE: LA MECCANICA AL TOP
La filiera delle costruzioni guida la testa della classifica con un valore della produzione di 362 miliardi di euro sui 2.595 miliardi totali. Seguono l’agribusiness e l’energia con 315 e 226,3 miliardi. Queste tre filiere rappresentano più di un terzo del valore totale delle 19 esaminate dal Libro verde. Sono però le imprese della meccanica a dare il contributo più alto (97,8%) seguite da metallurgia e siderurgia (94,4%) e packaging (91%). Si difendono bene le imprese della chimica (84,7%) e quelle del sistema casa e ufficio (68%), del sistema moda (65%) e della farmaceutica (56,2%).
CHE FINE HA FATTO L’AUTOMOTIVE?
Tra i settori trainanti non compare quello legato alla produzione automobilistica. Secondo il Libro verde, le
imprese impegnate in questo settore sono prevalentemente di piccole dimensioni - il 50% ha meno di 50 dipendenti – e si concentrano sulla componentistica. Da sempre attive nell’export sui mercati tedeschi e francese, negli ultimi tempi pagano lo scotto di una riduzione della produzione da parte dei colossi dell’auto.
A questo problema, se ne legano altri due: da un lato la piccola dimensione imprenditoriale ha impedito investimenti tecnologicamente avanzati causando un ritardo del settore in alcune aree di sviluppo, dall’altro il ritardo dell’elettrificazione si riscontra sia nella quantità delle vetture elettriche immatricolate che nella rete di colonnine di ricarica non adeguatamente sviluppata. La perfetta sintesi dei problemi si trova nella decisione dell’Unione Europea di abbandonare i motori endotermici, un fattore di rischio per un’intera filiera di eccellenza italiana.
DOVE E’ MAGGIORE L’OCCUPAZIONE E CHI PRIMEGGIA NELL’EXPORT
Il settore dei servizi conta il maggior numero di occupati: 2,76 milioni su un totale di 17 milioni. Al secondo posto si colloca l’agribusiness con 2,33 milioni e al terzo le costruzioni con 2,17. A segnare le migliori performance nell’export è invece il comparto dell’energia (75,7 miliardi sui 496 miliardi del 2022), che supera l’agribusiness (60,7 miliardi) e la metallurgia e siderurgia (52).
UNO SGUARDO D’INSIEME
Poche grandi aziende sottodimensionate su scala mondiale
Nel 2023, circa il 40% delle prime 30 grandi società italiane sono partecipate dallo Stato e sono concentrate nel settore delle utilities e dell’energia. Di queste, il 30% è sotto controllo estero.
Una radicata presenza estera nel sistema produttivo
La presenza delle imprese a controllo estero in Italia è consolidata, e risulta essere maggiore rispetto a quella di Francia e Spagna. L’Italia è il primo Paese per presenza di imprese a controllo estero e il secondo, dopo la Germania, per livello di fatturato e per numero di occupati nel 2021. Il commercio e il manifatturiero sono i settori con maggiore penetrazione estera, in particolare nei settori dei prodotti metallurgici e nel settore dell’abbigliamento.
Bassa produttività
La dinamica della produttività in Italia rimane una delle più basse nel confronto con Germania, Francia, Spagna e Polonia. Nel periodo 1995-2022, la produttività è cresciuta soltanto del 31%, contro il 248% della Polonia, l’82% della Francia, il 76% della Germania e il 48% della Spagna145. La bassa produttività del manifatturiero è influenzata anche dalla bassa produttività dei servizi e della Pubblica Amministrazione, che presentano a loro volta valori inferiori a quelli delle grandi economie europee.
Un’industria vocata all’export
Le esportazioni sono un elemento vitale per l’economia italiana ed una componente significativa del nostro PIL. Nel primo semestre 2024 l’Italia ha esportato beni per un valore pari a 315,9 miliardi di euro, sorpassando il Giappone e diventando il quarto Paese esportatore al mondo.
I principali partner economici dell’Italia per export, IDE e turismo
Nella geografia economica dell’Italia nel mondo un gruppo particolarmente rilevante di Paesi è costituito da Germania, Stati Uniti, Francia, Svizzera, Regno Unito, Cina e Giappone. Questi sette Paesi valgono circa la metà dei principali flussi economici dell’Italia con l’estero (export, incoming turistico, investimenti in entrata). Essi assorbono esportazioni di prodotti italiani per 289,2 miliardi di euro (46,2%), detengono investimenti di capitali per 190,5 miliardi di euro (44,2%) e generano 26,1 miliardi euro (50,6%) dei proventi del turismo.
L’alta specializzazione
Il sistema produttivo italiano ha risposto alle sfide della globalizzazione, e alla sempre più intensa competizione internazionale, ricercando specializzazioni produttive. L’Italia è un Paese fortemente specializzato in molti segmenti di diversi settori, come quello dell’agroalimentare, dei mobili, della moda, della meccanica, dei mezzi di trasporto, dei prodotti in metallo, in gomma e ceramica, della farmaceutica e della chimica. Alla specializzazione produttiva si abbina un’ampia diversificazione dei prodotti esportati.
I PUNTI DI FORZA DELLE IMPRESE ITALIANE
Le imprese italiane, soprattutto quelle del comparto manifatturiero, dimostrano una grande capacità di adattare le caratteristiche dei prodotti alle necessità dei mercati in cui operano e alle richieste specifiche di ciascun cliente.
Il soft power dell’Italia è il Made in Italy. Questo brand non comprende solo il valore economico dei beni, ma punta soprattutto sulla forza e sulla qualità e varietà dei prodotti e sull’attenzione al cliente e alla personalizzazione.
La specializzazione è uno dei principali punti di forza delle imprese italiane e si manifesta nell’abilità di produrre uno solo, o pochi beni, in una determinata fase della filiera in maniera qualitativamente elevata, a buon mercato e affine alle richieste del cliente.
L’elevata propensione delle aziende italiane alle esportazioni consente all’Italia di mantenere la propria posizione nei mercati mondiali, risultando il quarto Paese esportatore del mondo nel primo semestre 2024.
La dinamicità delle piccole e medie imprese capofila in determinate nicchie produttive ha permesso loro di imporsi sui mercati globali e mantenere una favorevole bilancia dei pagamenti. Le medie imprese, definite “multinazionali tascabili” in quanto esportano in più Paesi, mostrano alcune caratteristiche ben superiori alle analoghe imprese europee, con un valore aggiunto superiore a Francia e Spagna e una produttività apparente del lavoro superiore alla Germania.
Il settore della meccanica ha ottenuto dei risultati brillanti a livello mondiale, per il quale siamo infatti uno dei maggiori produttori mondiali di beni strumentali.
L’economia circolare dell’Italia è un importante fattore di forza, riconducibile alla necessità di riutilizzo delle materie secondarie e dei rifiuti. L’Italia ha raggiunto l’eccellenza grazie all’ottimo risultato ottenuto nel tasso di riciclo dei rifiuti, pari al 72% (2020), molto superiore alla media Europea.
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