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Lavoratori stranieri: quelli che ci sono non bastano. Lo dicono le imprese

Lavoratori stranieri: quelli che ci sono non bastano. Lo dicono le imprese

Lavoratori stranieri in azienda? Una realtà da tenere in considerazione e sulla quale rivolgere particolare attenzione. Perché di fronte al repentino cambiamento del mercato del lavoro e dei territori, e ad una sempre maggiore richiesta di flessibilità da parte delle imprese, questo serbatoio di manodopera è più che mai necessario. Per due motivi: primo, gli stranieri fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare (un luogo comune confermato però dai fatti). E, secondo, rappresentano una certezza anche per le imprese a due passi dalla Svizzera: considerato il loro forte senso di appartenenza all’azienda, non cercano altre occasioni di lavoro oltre confine (cosa che accade invece sempre più spesso con i giovani italiani).

IL DOCUFILM DI IMPRESE E TERRITORIO RACCONTA L’ECONOMIA DEGLI STRANIERI
A dirlo sono i tanti imprenditori coinvolti nel docufilm realizzato da Imprese e Territorio e dedicato proprio alla presenza degli stranieri nelle aziende della nostra provincia. Lavoratori in grado di dare continuità occupazionale alle aziende, che si mettono in gioco con umiltà, che non temono i sacrifici, che si integrano facilmente con i colleghi italiani, che portano valori culturali nuovi. Ma che fanno anche suonare un campanello d’allarme: se da un lato le aziende sono disposte ad assumere e ad investire risorse per formare e trasferire ai lavoratori stranieri le competenze necessarie, dall’altro i territori devono supportare gli imprenditori con strumenti che agevolino il passaggio di know how e che rafforzino servizi e welfare indispensabili proprio per quei lavoratori che in Italia non possono contare sulle proprie famiglie di origine.
Ma c’è anche un altro punto: nei prossimi anni le aziende saranno coinvolte in un cambiamento repentino dettato dalle transizioni green e digitale. Proprio per questo si dovrà forzare sulle nuove competenze e investire anche molto sui lavoratori stranieri, per superare quel gap della comprensione linguistica che – se non viene affrontata per tempo e con determinazione - rischia di restare una barriera invalicabile.


240MILA DOMANDE E 82MILA POSTI: NE SERVONO IL TRIPLO
Manifattura, costruzioni e servizi sono i settori che si dimostrano più aperti all’ingresso delle professionalità straniere, ma secondo i dati – confermati nuovamente dai titolari d’impresa – questi lavoratori non bastano mai. Così, il click day per l’arrivo in Italia dei lavoratori extra Ue previsti dal decreto flussi è andato in overbooking ad appena un’ora dalla sua apertura: 240mila domande per 82.700 posti. Di lavoratori ne servirebbero il triplo. E non solo per il settore dell’agricoltura. Il punto critico del decreto flussi sta tutto qui, perché i 30.105 lavoratori subordinati non stagionali sono sottoposti a due limitazioni: il Paese di provenienza (quelli cioè che hanno stipulato o stipuleranno accordi di cooperazione sulla migrazione) e i settori di attività, che sono turistico-alberghiero ma anche autotrasporto, edilizia, meccanica, telecomunicazioni, cantieristica navale. Non tutti dovranno essere extracomunitari, ma una parte sì per poter coprire le quote che il sistema Excelsior di Unioncamere definisce “di difficile reperimento”.

IL PRESSING DELLE IMPRESE: BISOGNA SEMPLIFICARE
Le imprese fanno pressing sul governo che, di fronte al fabbisogno urgente, potrebbe arrivare ad una semplificazione delle procedure per l’assunzione di questi lavoratori. In concreto, scrive Repubblica, «potrebbe saltare la norma che obbliga i datori di lavoro a chiedere al Centro per l’impiego, competente per territorio, un nulla osta che attesti che non vi siano altri lavoratori già presenti in Italia disponibili a coprire quel posto. Il Ministero dell’interno ha precisato, però, che quest’anno la procedura sarà particolarmente rapida, le domande verranno immediatamente distribuite in via telematica agli Sportelli unici provinciali per l’immigrazione. E con rapidità dovrebbero arrivare anche i permessi di soggiorno: commisurati alla durata del contratto (compresa tra i 20 giorni e i 9 mesi) e non rinnovabili per gli stagionali; rinnovabili, a fronte di un contratto di lavoro, per gli ingressi con contratto a tempo determinato e indeterminato».