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Mercato del lavoro in crescita, ma la vera sfida è sconfiggere l’inverno demografico

Mercato del lavoro in crescita, ma la vera sfida è sconfiggere l’inverno demografico

Da due anni, l’Italia non registrava un segno negativo. Invece, con l’arrivo dei dazi e le numerose incertezze sugli scambi internazionali è arrivato puntualmente anche un Pil stagnante (-0,1%): sorte che il nostro Paese condivide, nella stessa percentuale, con la Germania (ricordiamo che le due nazioni sono le maggiori economie manifatturiere dell’Europa) ma non con la media della Ue, che, sostenuta da Spagna e Francia, registra una crescita dello 0,1%.

Eppure, nonostante i cortocircuiti della geopolitica, il mercato del lavoro italiano manifesta una vitalità che fa ben sperare. E lo fa grazie a quelle piccole e medie imprese che, proprio di fronte alle numerose crisi che si sono incastrate fra loro in questi ultimi anni, hanno dimostrato di adattarsi rapidamente a ciò che chiedono i mercati. Ma, comunica Confartigianato, «competenze uniche e capitale umano devono essere supportati con azioni mirate. Per esempio, attraverso un alleggerimento del carico fiscale e burocratico e con investimenti in percorsi formativi sempre più adeguati alle nuove sfide economiche». Per consolidare ciò che le imprese stanno facendo, si deve partire da qui.

IL MERCATO DEL LAVORO A GIUGNO 2025
Nel frattempo, l’occupazione reagisce agli scossoni: nel mese di giugno 2025, il numero di occupati è cresciuto dello 0,1% rispetto al mese precedente. Una crescita che dura da ben otto mesi. Se si guarda ad un anno fa, l’aumento è dell’1,5%: media ottenuta dal 2,9% dei dipendenti permanenti (+472mila), dal 3,7% degli autonomi (+190mila) e dal calo del 10,7% nei dipendenti a termine (-299mila).

ACCAPARRAMENTO DEL LAVORO E TERRITORI
L’occupazione spinge e le previsioni della domanda di lavoro si fanno toniche. A dirlo sono i dati di Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: le entrate previste nelle Pmi nel trimestre luglio-settembre 2025 crescono addirittura del 6,4% su base annua. A trainare sono i servizi, con un incremento dell’8,6%. A suscitare particolare interesse è il fenomeno del “labour hoarding”, letteralmente “accaparramento del lavoro”, sul quale si stanno concentrando le aziende manifatturiere. Sempre più disposte a trattenere i collaboratori anche in presenza di cali di attività per timore di non riuscire a sostituirli in futuro. E’ questo a far aumentare le previsioni di assunzione, +2,2%, nella manifattura ma non nelle costruzioni (-1,5%).
Quali sono le regioni che assumono di più? Il Mezzogiorno si dimostra particolarmente dinamico: la Campania registra un +3,8%, mentre la Sicilia un +3%. Interessanti anche le performance di Emilia-Romagna e Lazio (entrambe con +1,7%), Lombardia (+1,6%) e Veneto (+1,5%).

A CACCIA DI MANODOPERA
Il problema resiste, ma le difficoltà sembrano attenuarsi leggermente: nel mese di luglio 2025, il reperimento del personale adatto ai bisogni delle imprese ha riguardato il 45,4% delle assunzioni programmate. Un anno fa, la percentuale superava il 48%.

INTERGENERATION ECONOMY
Il trend occupazionale è positivo, ma nel prossimo futuro riuscirà a mantenersi intatto o, addirittura, a migliorare? La risposta sta nella nuova alleanza generazionale che potrà realizzarsi tra vecchie e nuove generazioni all’interno delle imprese: un fenomeno accelerato dalla complessa transizione demografica in corso. E proprio le Pmi si presentano come palestra ideale per costruire questa transizione, integrando i valori della sostenibilità con l’identità, la prossimità, l’orientamento alla qualità e all’innovazione.

CRISI DEMOGRAFICA E RICAMBIO GENERAZIONALE
D’altronde, con l’”inverno demografico” si dovrà fare i conti perché tra il 2025 e il 2050 l’Italia perderà 6,7 milioni di persone in età lavorativa (20-64 anni), pari ad un calo del 19,6%. Il declino colpirà più duramente le regioni del Mezzogiorno. I lavoratori over 55 superano quelli under 30 (+1,9 punti percentuali nel 2023), mentre sono 303 mila le imprese a rischio per carenza di ricambio generazionale, quasi un terzo delle imprese attive. Ed è proprio sul ricambio generazionale che gli imprenditori si dovranno concentrare con sempre maggiore attenzione: superando le criticità e dando sempre più valore alle opportunità. Tra le criticità, le imprese segnalano la perdita di competenze professionali e di elementi della cultura e storia dell’azienda e la difficoltà di reperire il personale in ingresso. Queste risultano più diffuse rispetto al vantaggio di assumere personale con competenze innovative e avere un ricambio generazionale.

INTERVENIRE SUI FATTORI CRITICI
Transizione demografica e crescita dell’economia italiana sono fortemente legate fra loro. Infatti, l’Italia è l’ultimo Paese nell’Unione Europea per tasso di occupazione under 35, mentre si contano 1,5 milioni di giovani tra 25 e 34 anni inattivi, di cui il 24,2% sono laureati. Scoraggiamento e scarsa offerta di servizi, che favoriscono la conciliazione, sono tra le cause della bassa partecipazione, in particolare per le donne. Eppure, in un mercato del lavoro che, come si è scritto in precedenza, si dimostra ricettivo l’emigrazione di giovani qualificati italiani è troppo alta: in dieci anni, il nostro Paese ha perso 97mila laureati tra i 25 e i 34 anni. E 357mila sono i giovani laureati inattivi, soprattutto donne. Insomma, la vera sfida sta nel trovare una soluzione a questo paradosso.

INTERGENERATION ECONOMY PER POTENZIARE I PUNTI DI FORZA
Una soluzione che rafforzi quel sistema di relazioni tra lavoratori di diverse generazioni, capace di tutelare e rafforzare le leadership che le imprese italiane detengono nel panorama europeo. L’Italia si distingue per avere cinque regioni tra le prime venti in Ue per occupazione manifatturiera. Inoltre, per export e apporto dei territori e dei distretti, il nostro Paese rappresenta l’eccellenza europea nella moda e oreficeria, nei mobili, nei macchinari, nella robotica, nell’arredo e nell’offerta di prodotti agroalimentari di qualità.
La qualità della produzione è sottolineata da una propensione all’innovazione delle piccole e medie imprese superiore alla media europea e a quella rilevata in Germania e Francia. Tra il 2021 e il 2026 è stimata in Italia una crescita cumulata dell’occupazione del 7%, superiore al +5,2% della media Ue, al +4,4% della Francia e al +2,3% della Germania. In cinque anni, gli occupati in Italia sono cresciuti di un milione 735mila unità. La migliore performance è quella della Spagna che, nel quinquennio, ha registrato una crescita a doppia cifra: +13,1%.

PASSAGGIO GENERAZIONALE E RELAZIONI TRA IMPRESE
Le imprese, però, non possono mancare l’appuntamento con uno fra gli strumenti più strategici per il loro futuro: il passaggio generazionale. Infatti, l’80,9% delle imprese con almeno 3 addetti è familiare, ma tra il 2016 e il 2022 solo il 9,1% (nel manifatturiero si arriva al 13%) ha affrontato un passaggio generazionale. Da segnalare, che nelle imprese guidate da under 50, il numero dei collaboratori under 35 è superiori rispetto a quelli over 55.
Cresce l’uso dei contratti di rete, che a giugno 2025 coinvolgono oltre 51mila imprese, con una maggiore partecipazione di imprese con imprenditori senior (55 anni e oltre). Le relazioni tra imprese interessano il 42,3% delle imprese, con una propensione maggiore nei settori con un maggiore addensamento delle piccole imprese come costruzioni (71,1%) e manifattura (58,6%).