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Come evitare la nuova crisi: prezzi alla produzione e al consumo preoccupano i mercati

Come evitare la nuova crisi: prezzi alla produzione e al consumo preoccupano i mercati

L’economista Innocenzo Cipolletta, sul quotidiano Domani, si pone una domanda: «Ce la farà la Bce a impedire la frammentazione del mercato finanziario in Europa?». Il quesito, declinato al futuro, fa tremare i polsi ma tant’è: l’annuncio da parte della Banca centrale europea di uno scudo anti-spread ha fatto volare le Borse (Milano ha segnato, mercoledì 15 giugno, +2,87%), ma è possibile che nulla si muova prima della data del 21 luglio. Tanto, troppo tempo, regalato a chi specula sullo spread e rischia di trasformare l’euro in una moneta poco stabile.

COSA E’ LO SPREAD
E’ un termine che può essere tradotto con “divario” o “differenziale” e indica, semplicemente, la differenza esistente fra due valori. In ambito finanziario può rappresentare la differenza tra due prezzi, due quotazioni, due tassi di interesse o due rendimenti. Oggi, quando si parla di spread si intende la differenza tra i rendimenti dei titoli di Stato di due diversi Paesi; per esempio, tra il BTP italiano a 10 anni e il Bund tedesco di pari durata. Il decennale tedesco, in particolare, rappresenta il parametro di riferimento per tutte le emissioni degli altri Paesi europei, dal momento che a livello continentale la Germania è ritenuta la nazione economicamente più solida e finanziariamente più affidabile. Non a caso, il Bund è anche tipicamente considerato un bene rifugio.

LO SCUDO CONTRO LA FRAMMENTAZIONE
Quindi lo spread, che piaccia oppure no, è un indicatore che segna il passo della buona salute dell’economia europea. E proprio sulla differenza di rendimenti tra i titoli di Stato dei Paesi più indebitati (Italia, Grecia e Portogallo su tutti), e il Bund tedesco, si è concentrata la Banca centrale europea con l’annuncio di uno «scudo in grado di evitare i rischi di frammentazione». Ed è importante che d’ora in avanti la Bce comunichi ai mercati che «non tollererà aumenti degli spread che non siano giustificati da fatti reali».

RITORNA IL PEPP E SI PUNTA SULLA FLESSIBILITA’
Il “quantitative easing” (l’acquisto da parte delle Banche centrali di titoli di Stato per aumentare la liquidità a disposizione di imprese e famiglie) e i tassi a livello zero non sono fuori moda. Purtroppo. E la Bce si è accorta che la finanza pubblica di molti Paesi europei ha ancora bisogno di sostegno. Un aiuto che arriverà da una politica di «reinvestimento dei fondi del Pepp, il piano che era stato lanciato il 18 marzo 2020, in piena pandemia, per l’acquisto di titoli di Stato che potesse scongiurare una crisi finanziaria come quella del 2010-2011», scrivono il Corriere della Sera e Repubblica. E se questo reinvestimento non dovesse bastare - il Pepp ha una dotazione di 1.800 miliardi di euro e cadrà a fine giugno - allora si farà ricorso ad un nuovo strumento: temporaneo, con una data di scadenza precisa e, soprattutto, con un obiettivo comune all’eurozona. Cioè la lotta alla frammentazione dei mercati. Perché l’Italia si è ritrovata nel bel mezzo della speculazione finanziaria e ha urgente bisogno che i suoi Buoni del tesoro siano sostenuti. Anche se non si sa ancora come e quando.

GLI STATI UNITI CON INFLAZIONE ALL’8,6%: LA MOSSA DELLA FEDERAL RESERVE
Se l’Europa è sotto attacco, non lo sono da meno gli Stati Uniti dove, nel mese di maggio, l’inflazione ha raggiunto l’8,6%. L’asticella dell’economia fa un balzo, indietro nel tempo, di oltre quarant’anni e la Federal Reserve ha deciso di aumentare il tasso di interesse dello 0,75%: un «colpo di frusta» che non si vedeva dal 1994. Unione europea e Stati Uniti, a questo punto, condividono lo stesso obiettivo: riportare il tasso di inflazione sotto la soglia virtuosa del 2%.

MA C’E’ UN ALTRO SPREAD: QUELLO DEI PREZZI
In tutto questo, però, c’è uno spread di cui si parla poco ma che potrebbe causare qualche mal di pancia di troppo: quello che si calcola sul differenziale tra i prezzi alla produzione (che devono pagare le impese quando importano i prodotti) e i prezzi al consumo (il costo dei beni e servizi al dettaglio). Ne scrive il Sole 24 Ore: «L’attuale scenario economico sta facendo lievitare tanto i prezzi al consumo (8,1% nell’Eurozona a maggio) quanto, e molto di più, i prezzi alla produzione, balzati in aprile al record del 37,2%. Lo spread tra i due valori è d 2.900 punti base: una voragine».
Perché questo parametro rischia di diventare una minaccia ben più seria dello spread dei titoli di Stato? Perché i prezzi alla produzione sono un indicatore che, di solito, anticipa quello dell’inflazione al consumo. La sintesi: una parte dei prezzi alla produzione così elevati si trasferisce, solitamente, nei prezzi a carico dei consumatori. Se le imprese non lo fanno, si rischiano fallimenti o licenziamenti.