Il “grande spreco”: manodopera in fuga, nelle Pmi si tocca il 50%

Mancanza di manodopera: nelle Pmi si sfiora il 50%, con un incremento di 3 punti percentuali rispetto al 2023. La produttività rischia il tracollo

mismatch lavoro imprese

Da un lato l’ormai famoso “inverno demografico” che svuota le culle, ma anche le imprese. Dall’altro, il “grande spreco” – come lo definisce Confartigianato Imprese - rappresentato dagli inattivi, che interessa circa un quarto dei giovani tra i 25 e i 34 anni. Due fenomeni correlati fra loro per un mercato del lavoro che, se non particolarmente brillante, si dimostra comunque attivo con – a dicembre 2024 – 274mila occupati in più (1,2%). Dato che risulta dalla combinazione dell’aumento dei dipendenti permanenti (+687mila) e del calo dei dipendenti a termine (-402mila) e degli autonomi (-11mila).
Però, siamo nel 2025 e le previsioni non sono le stesse dello scorso anno: l’indebolimento interessa sia la domanda di lavoro che le assunzioni (-0,2%). Tonica, invece, la domanda delle micro e piccole imprese con un aumento previsto di assunzioni dell’1,7%.

NON SI TROVANO LAVORATORI: FENOMENO IN AUMENTO

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Le imprese dimostrano voglia di reazione e di agganciare le transizioni green e digitale, che resteranno incompiute se all’interno di capannoni, officine e laboratori non entreranno quelle figure professionali che potranno fare la differenza. Il problema, sotto osservazione da anni, è sempre quello: la crescita dell’occupazione si associa ad un rilevante e crescente mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, soprattutto se qualificato.

A mettere l’accento sul fenomeno sono i dati Excelsior pubblicati nei giorni scorsi da Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nel 2024:

  • Le imprese italiane hanno indicato una difficoltà di reperimento del personale nel 47,8% delle entrate previste, in aumento di 2,7 punti percentuali rispetto al 45,1% del 2023
  • Nelle micro e piccole imprese, la difficoltà sale al 51,3% (3,2 punti in più del 48,1% nel 2023)
  • Nelle realtà artigiane arriviamo al 59,2%: quota superiore di 11,4 punti percentuali alla media delle imprese del 47,8% e in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 55,2% del 2023

I FATTORI CHE INFLUISCONO SUL NUOVO MERCATO DEL LAVORO

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Ad incidere sull’entrata dei giovani nelle aziende non sono solo l’”inverno demografico” e il “grande spreco”. Ecco altri fattori determinanti:

  • Il profilo del candidato conseguente al percorso scolastico e formativo svolto e il set di competenze acquisite nel percorso professionale
  • Il livello e le prospettive di evoluzione della retribuzione e della carriera in azienda
  • La tipologia contrattuale offerta, oltre all’accesso a strumenti di welfare aziendale
  • Gli investimenti nella contrattazione collettiva di qualità, come nell’artigianato, con l’obiettivo di fidelizzare i lavoratori alle imprese anche con le importanti tutele di welfare fornite dagli enti bilaterali
  • Le aspettative dei giovani rispetto al lavoro, con un crescente orientamento ad un lavoro autonomo che dia maggiore indipendenza e tempo libero
  • La quantità e qualità dei flussi migratori in ingresso e uscita, di cui la fuga di giovani cervelli è una delle caratterizzazioni

IL RAPPORTO CON LE SCUOLE

Per reagire alla criticità relativa al personale, il 24,9% delle imprese ha attivato o intensificato la collaborazione con le scuole, in particolare quelle ad indirizzo tecnico e professionale. Per oltre due terzi (68,1%) delle entrate nelle micro e piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico o con qualifica o diploma professionale: per il 42% delle entrate è richiesta la qualifica o diploma professionale e per il 26,1% un titolo secondario tecnico. Se ai titoli di scuola secondaria tecnica e di qualifica, o diploma professionale, sommiamo gli ITS e le lauree materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (STEM), per quasi tre quarti (72,2%) delle entrate è richiesta un'istruzione in ambito tecnico.

COSA FANNO LE IMPRESE PER ATTRARRE O TENERSI I LAVORATORI

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L'analisi dei risultati dell’indagine effettuata dall’Istat (2023) per il Censimento permanente delle imprese consente di delineare le pratiche adottate per attrarre e/o trattenere il personale qualificato nelle piccole imprese tra 10 e 49 addetti. Due piccole imprese su tre (64,8%) hanno adottato almeno una pratica. Nel dettaglio:

  • Il 32,6% delle Pmi adotta incrementi salariali, come i superminimi
  • Il 28,5% si concentra sulla flessibilità negli orari di lavoro
  • Il 19,4% concede gradi crescenti di autonomia sul lavoro in relazione a specifiche competenze o mansioni
  • Il 13,4% coinvolge i collaboratori nelle decisioni aziendali
  • Il 12,9% adotta benefit come auto aziendale, agevolazioni nella fruizione di servizi, assicurazioni personali
  • L’11,4% dà incentivi per attività di auto-formazione e crescita professionale, anche esterne all'impresa
  • Il 4,9% definisce percorsi di carriera accelerati
  • Il 4,8% riconosce ai collaboratori il lavoro svolto e i risultati ottenuti
  • Lo 0,6% permette la cessione delle quote societarie

SI ALLUNGANO I TEMPI PER LA RICERCA DEL PERSONALE

In relazione ai tempi di ricerca del personale, nel 2023:

  • Le imprese hanno utilizzato, in media, 3,3 mesi prima di riuscire a ricoprire la posizione vacante
  • Per la ricerca di un operaio specializzato servono 4,8 mesi
  • Più di un anno per trovare più di 116mila operai specializzati, il 13,9% delle relative entrate a fronte di una quota media del 6,4%
  • Se prendiamo a riferimento le ricerche durate oltre i sei mesi, il costo del mismatch per le Pmi ammonta a 13,2 miliardi di euro di minore valore aggiunto causato dall'eccessivo ritardo nell'inserimento in azienda del nuovo personale