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Segno meno su assunzioni e occupazione. Male le donne e i giovani. “Cassa” per il 74% dei dipendenti

Segno meno su assunzioni e occupazione. Male le donne e i giovani. “Cassa” per il 74% dei dipendenti

Frenano le assunzioni, con un picco negativo dell’86,6% nel mese di aprile e una media del primo semestre pari al 45,33%. E i numeri confermano che il 2020 è l’anno del grande gelo calato sul mercato del lavoro. Un anno partito male (-24,51%) e sulla cui fine è difficile azzardare una previsione, soprattutto ottimistica. Anche perché, ad oggi, sull’andamento generale pesano le iniezioni straordinarie di cassa integrazione oltre che il congelamento dei licenziamenti, che spaventa i grandi e ancora di più i piccoli.

Ma, tant’è: ciò che emerge dal secondo Osservatorio per il mercato del lavoro di Confartigianato Artser è una sofferenza occupazionale rilevante, quantificabile in un arretramento di 2,29 punti percentuali nel periodo compreso tra luglio 2019 e giugno 2020. A portare il peso maggiore della contrazione è stato il comparto tessile, sceso dell’8,93%. In flessione anche la meccanica di produzione (-1,67%) mentre recuperano terreno i trasporti (+6,97%) e l’alimentare (+12,28%).

Tornando al termometro delle assunzioni, i valori più preoccupanti sono quelli relativi alle donne, cui il mondo del lavoro ha riservato una curvatura in entrata del 54,18% in territorio negativo. A seguire la sofferenza dell’era Covid ha colpito i giovani d’età inferiore a 29 anni (-46,66%) mentre gli stranieri hanno limitato il tracollo fermando la colonnina a -28,57%. L’inversione di tendenza, prevalente alla voce donne e giovani, trova una giustificazione nei settori colpiti dall’uragano pandemico: i servizi alla persona in testa (-64,28%), i servizi alla ristorazione a seguire (-57,33%) e, a ruota, le imprese tessili (-55,10%) e il commercio (50,87%).

L'IMPENNATA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI Viaggia in parallelo al congelamento delle assunzioni anche il ricorso agli ammortizzatori sociali, che nel mese di aprile ha interessato il 74% dei lavoratori delle aziende artigiane e delle Pmi della provincia di Varese contro una media ordinaria del 2%. A dare inizio alla scalata è stato il mese di marzo (62,11%) mentre, a parziale ritorno alla nuova normalità, è arrivato il mese di maggio, fermo al 41,81%. Ancora meglio – se paragonato alla valanga precedente – il mese di giugno, che non ha superato la soglia psicologica del 30%, frenando la corsa al 27,59%. A superare il picco della media provinciale, i settori interessati per un tempo più lungo dal lockdown come acconciatura ed estetica (87,56% ad aprile e 57,6% a maggio), edilizia (82,88% nel mese di aprile) e meccanica di produzione (79,28% sempre nel mese di aprile). Difficoltà prolungate, infine, per la ristorazione e per l’hotellerie, sempre sopra al 70% (70,99% marzo - 78,9% aprile - 77,78% maggio).

«Siamo di fronte a numeri mai visti che testimoniano la difficoltà delle imprese nell’affrontare le conseguenze della pandemia ma anche il complicato equilibrio dell’occupazione in provincia di Varese» spiega il direttore generale di Confartigianato Artser Mauro Colombo nel commentare l’Osservatorio – Focus Assunzioni e l’Osservatorio per il Mercato del Lavoro gennaio-giugno 2020, dal quale emerge che sono le aziende meno strutturate (fino a quattro dipendenti) quelle più esposte alle sferzate della competitività su mercati sempre più difficili a causa della difficoltà di razionalizzare i costi e, al contempo, di innovare i prodotti e di ricercare nuovi mercati.

A specchio rispetto all’Osservatorio assunzioni, nella composizione della forza lavoro, la riduzione dell’occupazione femminile (-2,5%) dovuta probabilmente alla sempre più difficile conciliazione vita-lavoro.

GRANDE PREOCCUPAZIONE Confermata la stabilità contrattuale – con il 94,33% degli occupati a tempo indeterminato – e una contrazione dei tempi determinati nel periodo luglio 2019-giugno 2020 (-41,3%): «Un valore – evidenzia Colombo – riconducibile al sostanziale stallo delle assunzioni». Tra le fasce d’età, si conferma d’acciaio quella over 45, che garantisce la maggiore stabilità in assoluto oltre che la crescita più rilevante (+6,89%). C’è il segno meno, invece, davanti ai giovani tra 18 e 25 anni (-11,79%) e ai senior tra 26 e 45 anni (-2,76%).

«Il tema del lavoro genera grande preoccupazione per la tenuta sociale ed economica del nostro territorio e del Paese – analizza Colombo – Per questo dobbiamo ripartire e non possiamo farlo attraverso il congelamento forzoso del blocco dei licenziamenti o sperando unicamente nell’azione salvifica degli ammortizzatori sociali. Abbiamo necessità di usare al meglio i fondi del Recovery Fund, attuando politiche mirate non solo alle grandi aziende ma anche (e soprattutto) per le Pmi».

Colombo guarda a una prospettiva di investimenti attivi affinché manifattura, commercio, edilizia e turismo prima o poi non presentino un conto insostenibile per il Paese. E pensa a infrastrutture, ambiente e innovazioni come ai perimetri entro i quali costruire la nuova normalità lavorativa e occupazionale. Concretezza, solidarietà sociale ma anche libertà di impresa da sostenere riducendo le gabelle che trascinano verso il basso il baricentro della competitività del Paese, a cominciare da quel cuneo fiscale che rischia di penalizzare più di altre la provincia di Varese.

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